
Si è concluso domenica 19 maggio l’ennesimo atto di prevaricazione del ministro dell’interno nei confronti della nave umanitaria “Sea Watch 3” e dei naufraghi salvati nel Mediterraneo. Tutte le persone soccorse sono state fatte scendere nel porto di Lampedusa, dopo che per giorni in tanti avevano richiesto il loro approdo. Anche questa volta la campagna di pressione ha portato allo sblocco della situazione, irritando Salvini per l’intervento del procuratore Luigi Patronaggio, che ieri pomeriggio ha coordinato l’operazione. In questo momento, secondo le agenzie di stampa, la procura della Repubblica di Agrigento ha anche iscritto nel registro degli indagati, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il comandante della Sea Watch 3, Arturo Centore.
Siamo certi che le accuse, come è avvenuto con la ong Proactiva Open Arms solo qualche giorno fa, verranno archiviate.
Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch
“I porti non sono chiusi, non possono essere chiusi.
Abbiamo affermato un dovere di legge, un dovere morale, un atto di solidarietà: il soccorso in mare va protetto e difeso”.@giorgialinardi #SeaWatch pic.twitter.com/grEzCiMwfq— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) 19 maggio 2019
Il salvataggio
Mercoledì 15 maggio la nave della Ong tedesca Sea Watch ha soccorso 65 persone da un gommone a 30 miglia (60 km ca.) dalle coste libiche, avvistato da aereo civile di ricognizione.
Tra loro 11 donne, 15 minori di cui 8 non accompagnati, 5 bambini, 2 neonati e una persona disabile. Molti esausti e disidratati.
“Il nostro equipaggio“, scrive Sea Watch, “si sta prendendo cura di loro, ma lo spazio ridotto costringe donne e bambini in un’unica stanza e gli uomini a dormire sul ponte“. “Il nostro team medico a bordo riporta casi di ustioni gravi dovuti alla miscela di carburante e acqua del mare“.
Aggiornamento 18 maggio
Il Capitano di #SeaWatch ha annunciato l'intenzione di entrare in acque territoriali dirigendosi verso il porto di #Lampedusa.
Ha chiesto la revoca del diniego di ingresso per ragioni umanitarie che supererebbero le motivazioni addotte nella direttiva del Viminale. pic.twitter.com/wNLOeBexQg
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) 18 maggio 2019
Aggiornamento 17 maggio
Oggi, Italia e UE hanno concesso solo lo sbarco delle famiglie e di una donna ferita.
Siamo felici per loro ma a bordo rimangono persone, tra cui una donna incinta e un uomo disabile, i cui diritti sono negati.18 persone sono a terra. 47 restano ancora senza un porto sicuro. pic.twitter.com/748ksaT4DG
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) 17 maggio 2019
Aggiornamento 16 maggio
“All’alba del 16 maggio una motovedetta libica ci ha avvicinato intimandoci di lasciare l’area. Nelle ore precedenti Sea Watch ha ricevuto risposte da Olanda, Malta e Italia: nessuna di queste autorità ha fornito supporto né indicazioni per un porto sicuro.
UPDATE: The so called Libyan Coast Guard declared themselves not responsible for the 65 people rescued aboard the Sea-Watch 3 and told the crew to sail north, now we are awaiting Europe to assign a port of Safety.#DefendSolidarity pic.twitter.com/GjS2qgepDw
— Sea-Watch International (@seawatch_intl) 16 maggio 2019
Questa la situazione a bordo: dopo oltre 36 ore dal soccorso i naufraghi passano la notte al freddo.
Nel nostro mare, a poche miglia dalle nostre coste. Dopo mesi di prigionia in #Libia.
Torniamo a farci garanti della protezione delle persone e non del potere e dei confini. pic.twitter.com/MPTk6DmrAk
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) 16 maggio 2019