Qui potete consultare il report di aprile (in inglese) riguardante le violenze e le espulsioni illegali che avvengono nella regione dei Balcani, stilato dai volontari di No Name Kitchen, Border Violence Monitoring e altri volontari del settore.
Tra le altre cose, nel report è descritto nel dettaglio un campo di detenzione all’interno di un garage nella stazione di polizia di Korenica, in Croazia.
Dallo scorso dicembre, è stato segnalato che profughi e migranti sono detenuti nel garage dietro alla stazione di polizia di Korenica, utilizzato come una cella sovraffollata per persone in transito prima della loro espulsione.
Ecco delle dichiarazioni di alcune persone che hanno descritto la loro detenzione in questo luogo:
“Dobbiamo dormire sul pavimento, che è di cemento, freddo. C’è un solo rubinetto e un piccolo termosifone sul muro. La porta è blu e ci sono molte scritte in diverse lingue, come nomi, date, e origini, ad esempio Pakistan, Algeria, Marocco, Iran, Syria, arabi, da tutte le parti del mondo.”
“Un garage, una specie di vecchia baracca. Accanto c’è un’entrata e una stazione di polizia di fronte all’edificio, che è largo 25, 30 metri, con una grande porta blu. C’è un cortile tra la stazione di polizia e il garage. Si accede tramite una stradina.
“Puzzava come una latrina sporca. Mi scuso per il linguaggio, ma il pavimento era ricoperto di piscio, merda e spazzatura. La puzza era tremenda. Il garage non era molto grande, ma c’erano tante persone dentro.”
“Ci hanno messo in una cella, ma più che una cella sembra un garage. C’è una porta azzurra e una piastrella. Al centro della stanza, c’è un rubinetto. Nel parcheggio, una Ford della polizia, una Ford Fiesta e due camioncini.”
Queste testimonianze ci danno la rara possibilità di gettare luce su un procedimento taciuto in modo sistematico. Il sistema delle espulsioni collettive, un elemento centrale dell’attuale regime di frontiera croato, si fonda sulla negazione di queste azioni illegali. In genere, i rimpatri sono condotti di nascosto, in aree isolate, abbassando così il rischio che ci siano testimoni.
L’utilizzo del garage per detenere con discrezione grandi quantità di persone in transito, nascoste all’opinione pubblica, è un ulteriore meccanismo di cui si servono per proteggere, per mezzo della violenza, i confini della UE.