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In Gambia le relazioni omosessuali sono rimaste un reato

Corte di Appello di Catanzaro, sentenza del 21 maggio 2019

La Corte d’Appello riconosce lo Status di Rifugiato ad un richiedente
proveniente dal Gambia.
Il richiedente, nel corso del giudizio di primo grado, aveva fornito la prova della propria omosessualità attraverso la produzione della tessera dell’Arcigay, di alcune foto di iniziative dell’Arcigay e di relazioni psicologiche attestanti il timore di dover rientrare nel proprio paese, dove sarebbe stato perseguitato per il proprio orientamento sessuale.
Tali produzioni non erano state ritenute esaustive dal giudice di primo grado che rigettava sia richiesta di protezione internazionale, anche sussidiaria, sia la richiesta di concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitaria e, pur riconoscendo che in nel paese esiste ancora una legge che impone condanne fino alla vita in carcere per reati di omosessualità aggravata, affermava che “il rapporto Human Rights Watch 2018 con riferimento all’orientamento sessuale e all’identità di genere in Gambia evidenzia una apertura a tali esigenze rispetto all’orientamento sessista del presidente Jammah”.
Contro questa decisione è stato proposto appello e la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma dell’ordinanza impugnata, ha riconosciuto al richiedente lo status di rifugiato.
Secondo la Corte di Appello “sussistano nel caso di specie i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, potendosi ritenere accertato sulla scorta delle relazioni psicologiche allegate che il richiedente sia omosessuale, avendo lo stesso allegato anche “una tessera arcigay”, ed essendo emerso con chiarezza dalle relazioni psicologiche, provenienti da struttura pubblica, come l’ASP di Catanzaro … il suo orientamento sessuale.
Dal rapporto redatto da Amnesty International 2017/2018 si evince, infatti, che le relazioni omosessuali in Gambia sono rimaste un reato.
Nel predetto rapporto si legge, infatti, che una legge approvata ad ottobre 2014 puniva il reato di “omosessualità aggravata” con pene carcerarie fino all’ergastolo. Le persone LGBT hanno continuato a subire discriminazioni e minacce da parte di attori non statali, dovendo ragionevolmente presumersi che il rientro dell’istante nel suo Paese lo esporrebbe a pesanti discriminazioni in ragione del suo orientamento sessuale.
Alla luce delle esposte considerazioni va accolto l’appello e riconosciuto all’istante lo status di rifugiato
”.

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Corte di Appello di Catanzaro, sentenza del 21 maggio 2019