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E’ il ministro dell’Interno che dovrebbe finire sotto processo per aver violato la legge, non Carola Rackete di Sea Watch

Foto di repertorio | TW Sea Watch

Succede che il 12 giugno l’imbarcazione umanitaria Sea Watch salva 52 persone su un gommone al largo della Libia, a 47 miglia da Zawiya: stavano affogando 1.
Il 15 giugno dieci migranti vengono fatti scendere per le cure mediche, nel frattempo il Ministro dell’Interno intima lo sbarco degli stessi a Tripoli dove è in corso una guerra civile (quindi non è un “porto sicuro”) ed emana una direttiva nuovamente illegittima 2.

La nave fa “rotta nord, verso il porto sicuro più vicino alla posizione del soccorso: Lampedusa3.Passano due settimane, l’imbarcazione resta al largo delle coste italiane con i migranti a bordo, a 16 miglia dell’isola. Al 14° giorno la Sea Watch forza il blocco intimatole perché le persone salvate necessitano di cure mediche e sono stremate: vengono fatti scendere in due, di cui uno minorenne.
Il 29 giugno finalmente la Sea Watch entra a Lampedusa ed i migranti vengono fatti scendere, mentre la comandante Carola Rackete viene arrestata.

Il Ministro dell’Interno ha emanato una direttiva ad hoc per minacciare l’imbarcazione umanitaria:
Atto persecutorio” (art. 612 bis Codice Penale), “è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto”. Sempre secondo il 612, se è presente una persona di anni inferiori a 18 (ed era presente), “la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata”.

Il Ministro dell’Interno ha esortato la Capitana, con termini minacciosi, di riportare i profughi (potenziali beneficiari della protezione internazionale) in un certificato posto non sicuro, il paese libico: esortazione ad infrangere la normativa comunitaria ed internazionale, in quanto la legge prevede il non-refoulement e conseguente Place of Safety.

Il Ministro dell’Interno ha spinto la comandante Carola Rackete a violare la legge (in nota dell’articolo la spiegazione in dettaglio):

– Art. 69 Codice della navigazione – Soccorso a navi in pericolo e a naufraghi 4
– Art. 490 Codice navigazione – Obbligo di salvataggio 5
– Art. 1155 – Sbarco e abbandono arbitrario di persone 6
– Art. 1158 Codice di navigazione – Omissioni di assistenza a navi o persone in pericolo 7
– S.A.R. Marittimo – paragrafo 110 8
– S.A.R. Marittimo – paragrafo 140 9
– SOLAS – CAPITOLO V – Regola 10 – a) Segnali di pericolo. Obblighi e norme 10
– UNCLOS – art. 98 – Obbligo di prestare soccorso
– UNCLOS – art. 98.1. lettera a); b); c); 11
Non refoulement e conseguente Place of safety (Convenzione di Amburgo)
– Convenzione di Ginevra – art. 33 12
– TU 286/98, art.19, comma 2 13
– Legge 7 aprile 2017 n.47 – art.19 comma 1 14
– Legge 7 aprile 2017 n.47 – art.19 comma 1-bis 15
– TFUE (art.78) 16
– Carta dei diritti fondamentali (art.2) – Diritto alla vita
– Convenzione SOLAS, capitolo V, regolamento 33 17
– Convenzione di Amburgo – SAR – cap. 1.3.2. (attuato in Italia dal D.P.R. N.662/1994) 18
– SAR Cap. 2.1.10 19
– Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria “Non è possibile valutare lo status di un potenziale rifugiato politico, in mare“.
– Regolamento UE N.656/2014 20
– Tribunale di Catania (art.7 L. Cost.. 1/89) 21

Il Ministro dell’Interno ha spinto la Sea Watch ad infrangere una serie di normative comunitarie ed internazionali.

Istigazione a delinquere (art. 414 Codice Penale): “Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione”. La reclusione va da uno a cinque anni se è presente l’apologia. Istigare un’imbarcazione a non seguire il protocollo marittimo ed a non rispettare i più elementari diritti umani è chiaramente un’istigazione a non rispettare la normativa e quindi a delinquere. Tale articolo si ricollega al 415 del Codice Penale (Istigazione a disobbedire alle leggi).

Istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 C.P.): “Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all’odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”.

Propaganda ed istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa (art. 604 bis Codice Penale): reclusione da sei mesi a quattro anni più multa di 6000 euro chi “istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. La situazione si è esacerbata in quanto la nave trasporta persone non italiane e non extraeuropee: ma extracomunitarie. E’ evidente che spingere alla violazione del diritto marittimo in quanto vengono trasportate persone non comunitarie assume i contorni di discriminazione razziale.

Omicidio (art. 575 Codice Penale): “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”. Viene intimato alla Sea Watch di lasciare i migranti a Tripoli, dove è in atto una guerra e dove la crisi umanitaria è testimoniata da anni. Di fatto, lasciarli in Libia equivale a mettere a repentaglio le loro vite: vuol dire rischio concreto di cagionare la morte di un altro uomo.

La forzatura del Ministro dell’Interno, con il chiaro obiettivo di portare la Sea Watch al non-rispetto della normativa, è un abuso dei propri poteri.

Abuso d’Ufficio (art. 323 Codice Penale): “il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità”.

In questo contesto di abuso dei propri poteri s’inserisce il conseguente sequestro di persona (tra cui minori) che hanno portato allo stremo le persone coinvolte.

Sequestro di persona (art. 605 Codice Penale), ovvero chi “chiunque priva taluno della libertà personale“: pena che va da uno a dieci anni se il fatto è commesso “da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni”. Se il fatto è commesso ai danni di un minore la reclusione va dai tre ai quattordici anni.

Infine, la costrizione ad attuare azioni illegali che mettono a repentaglio la vita di terze persone è Violenza privata (art. 610 Codice Penale): “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”.

Il quadro che emerge è chiaro: Carola Rackete ha rispettato la legge nonostante le fortissime pressioni a violare le leggi nazionali, comunitarie ed internazionali.
E’ chi ha intimato la violazione della normativa, chi ha intimato l’illegalità che è perseguibile penalmente. Non chi la legge la rispetta e salva uomini, donne e bambini, vite umane.

  1. “La cosiddetta guardia costiera libica successivamente comunicava di aver assunto il coordinamento del caso. Giunti sulla scena, priva di alcun assetto di soccorso, abbiamo proceduto al salvataggio come il diritto internazionale impone. I naufraghi sono ora a bordo della #SeaWatch.” https://twitter.com/SeaWatchItaly/status/1138792277189517313
  2. https://www.meltingpot.org/Operazioni-SAR-la-direttiva-del-Ministro-dell-Interno-e.html
  3. https://twitter.com/SeaWatchItaly/status/1139536430374490112
  4. L’autorità marittima, che abbia notizia di una nave in pericolo ovvero di un naufragio o di altro sinistro, deve immediatamente provvedere al soccorso, e, quando non abbia a disposizione né possa procurarsi i mezzi necessari, deve darne avviso alle altre autorità che possano utilmente intervenire. Quando l’autorità marittima non può tempestivamente intervenire, i primi provvedimenti necessari sono presi dall’autorità comunale
  5. Quando la nave o l’aeromobile in pericolo sono del tutto incapaci, rispettivamente, di manovrare e di riprendere il volo, il comandante della nave soccorritrice è tenuto, nelle circostanze e nei limiti indicati dall’articolo precedente, a tentarne il salvataggio, ovvero, se ciò non sia possibile, a tentare il salvataggio delle persone che si trovano a bordo. È del pari obbligatorio, negli stessi limiti, il tentativo di salvare persone che siano in mare o in acque interne in pericolo di perdersi
  6. Il comandante della nave o dell’aeromobile, che, fuori del territorio nazionale, arbitrariamente sbarca un componente dell’equipaggio o un passeggero, ovvero li abbandona impedendone il ritorno a bordo o anticipando la partenza della nave o dell’aeromobile, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 103,00 a 309,00.”
  7. “Quando la nave o l’aeromobile in pericolo sono del tutto incapaci, rispettivamente, di manovrare e di riprendere il volo, il comandante della nave soccorritrice è tenuto, nelle circostanze e nei limiti indicati dall’articolo precedente, a tentarne il salvataggio, ovvero, se ciò non sia possibile, a tentare il salvataggio delle persone che si trovano a bordo. È del pari obbligatorio, negli stessi limiti, il tentativo di salvare persone che siano in mare o in acque interne in pericolo di perdersi”
  8. Obiettivo: attuazione della regola 4.2. della Convenzione di Amburgo (accettazione ed approvazione della stessa): tale onere comporta una serie di obblighi riguardanti l’obbligo di salvataggio, di prima assistenza e di dirottare in un posto sicuro.
  9. L'”ingiustificata omissione costituisce reato”. Non è opzionale ma doveroso “per chiunque sia in grado di farlo, di prestare assistenza ad una persona in pericolo”. Infatti, “il soccorso obbligatorio è rivolto innanzitutto alla salvezza della vita umana in mare ed anche al mezzo su cui si trova la persona in pericolo”.
  10. Il comandante di una nave in navigazione che riceve un segnale da qualsiasi provenienza indicante che una nave o un aereo o loro natanti superstiti si trovano in pericolo, è obbligato a recarsi a tutta velocità all’assistenza delle persone in pericolo informandole, se possibile, di quanto sta facendo”.
  11. Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri:
    a) presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo; 
    b) proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di aiuto, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa; 
    c) presti soccorso, in caso di abbordo, all’altra nave, al suo equipaggio e ai suoi passeggeri e, quando è possibile, comunichi all’altra nave il nome della propria e il porto presso cui essa è immatricolata, e qual’è il porto più vicino presso cui farà scalo
    “.
  12. Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche
  13. Non è consentita l’espulsione” degli “stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulso
  14. “In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione
  15. In nessun caso può disporsi il respingimento alla frontiera di minori stranieri non accompagnati“: rafforzamento del principio di non-refoulement
  16. Politica di asilo, protezione e NON-REFOULEMENT
  17. Il comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione
  18. Fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro
  19. Garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona viene trovata
  20. Nessuno dovrebbe essere sbarcato, costretto a entrare, condotto o altrimenti consegnato alle autorità di un paese in cui esista, tra l’altro, un rischio grave di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura, alla persecuzione o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti, o in cui la vita o la libertà dell’interessato sarebbero minacciate a causa della razza, della religione, della cittadinanza, dell’orientamento sessuale, dell’appartenenza a un particolare gruppo sociale o delle opinioni politiche dell’interessato stesso, o nel quale sussista un rischio di espulsione, rimpatrio o estradizione verso un altro paese in violazione del principio di non respingimento
  21. Obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”.

Pietro Giovanni Panico

Consulente legale specializzato in protezione internazionale ed expert prevenzione sfruttamento lavorativo. Freelance con inchieste sui MSNA, rotte migratorie, accordi illegittimi tra Paesi europei ed extra UE e traffici di armi.
Nel 2022 ho vinto il "Premio giornalistico nazionale Marco Toresini" con l'inchiesta "La guerra dei portuali genovesi contro le armi saudite".