Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Iscrizione anagrafica: il Comune di Padova dice sì

1. Il richiedente aveva inviato, previo consulto con il proprio legale e con il supporto della Coop ospitante, la richiesta di iscrizione anagrafica, sussistendone i requisiti di legge.

2. Il Comune – Settore Servizi Demografici – comunicava il preavviso di rigetto della domanda de qua, in quanto, secondo l’Autorità, “il permesso di soggiorno per richiesta asilo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica, come ribadito dalla Circolare Ministero dell’Interno 18 ottobre 2018 n.15 (disposizioni in materia di iscrizione anagrafica)”.

3. Veniva così inviata la dovuta memoria ex art. 10 bis della legge 241/1990 in cui si rappresentava, in maniera molto semplice, che “la Circolare Ministeriale fornisce delle indicazioni che, se non correttamente interpretate, potrebbero, inconsapevolmente, indurre la Pubblica Amministrazione ad adottare un provvedimento di diniego dell’iscrizione anagrafica palesemente illegittimo, come sottolineato sia dal Tribunale di Firenze sia da quello di Bologna”.

4. Si palesava che “diversamente da quanto sembra suggerire il Ministero dell’Interno, nella sua circolare, il diritto all’iscrizione anagrafica non richiede la produzione di alcun titolo; trattasi, infatti, di un diritto soggettivo consistente in un atto meramente ricognitivo, in relazione al quale l’Autorità Amministrativa non dispone di alcuna discrezionalità, se non quella di appurare che la persona effettivamente abbia fissato la propria dimora abituale presso un determinato luogo, conditio sine qua non della residenza ai sensi e per effetti dell’art. 43, secondo comma, del c.c.”.

5. In relazione al caso in esame, si precisava come l’ordinamento giuridico italiano stabilisce, a chiare lettere, che lo straniero regolarmente soggiornante ha diritto all’iscrizione anagrafica alle medesime condizioni del cittadino italiano; più precisamente, la dimora dello straniero si considera abituale “anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 6, comma 7, del d.lgs.286/98, requisito perfettamente realizzatosi nel caso in esame, in quanto il Richiedente aveva fissato, da più di 3 mesi, la propria dimora abituale presso uno degli alloggi della Cooperativa ospitante, ove, peraltro, ha intenzione di continuare a vivere.

6. Si precisava, inoltre, che le regole previste per i cittadini italiani, ossia quelle contenute nel D.P.R. 223/1989, come modificato dal D.P.R. 126/2015, dovevano applicarsi parimenti ai cittadini stranieri, fossero essi o meno richiedenti protezione internazionale. Anzi, l’Autorità amministrativa avrebbe dovuto avere una particolare attenzione nei confronti dei richiedenti asilo in virtù dell’art. 26 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 28 luglio 1951 (ratificata con legge 722/1954), che stabilisce il diritto a scegliere liberamente il luogo di residenza.

7. Si precisava come l’interpretazione errata del Ministero dell’Interno era, probabilmente, “stata dettata dalla circostanza che, previamente all’entrata in vigore della l.132/2018, vigeva la procedura semplificata per l’iscrizione anagrafica dei richiedenti protezione internazionale che si trovavano presso le strutture di accoglienza ex art. 5 bis del d.lgs.142/2015, la quale veniva abrogata dall’art. 13 del d.l.113/2018 convertito, con modificazioni, nella legge 132/2018“; pertanto, venendo meno la procedura semplificata di registrazione d’ufficio – che non richiedeva alcun controllo, se non l’esibizione del titolo de quo – si doveva e si deve fare riferimento all’art. 6, comma 7, del d.lgs.286/98, il quale stabilisce che l’ospitalità per un periodo superiore ai 3 mesi determina la dimora abituale per lo straniero, ergo, la residenza. Quindi, l’abrogazione dell’iscrizione d’ufficio – che di fatto svincolava l’ufficiale dell’anagrafe ad effettuare qualsivoglia controllo – lascia il posto all’applicazione della norma ordinaria di cui all’art. 6, comma 7, del d.lgs. 286/1998.

8. In conclusione, si ricordava all’Autorità come l’art. 3 della l. 1228/1954 (ordinamento dell’anagrafe della popolazione residente) stabilisce che il Sindaco, in qualità di Ufficiale del Governo, rivestendo la qualifica di Ufficiale dell’anagrafe, ha l’obbligo giuridico di procedere all’iscrizione anagrafica.

9. Si chiedeva, in conclusione che, fosse o il Comune di Padova, nella persona del pubblico Ufficiale addetto ai Servizi Demografici, a procedere all’iscrizione anagrafica oppure lo stesso Sindaco.

10. La città di Padova ha deciso, supportata da un team di Legali, di condividere e portare ad attuazione le ragioni squisitamente tecniche della memoria.