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Bangladesh – Il diritto a un’esistenza dignitosa che il richiedente risulta aver raggiunto nel Paese di rifugio comparata alle condizioni di estrema povertà del Paese di origine giustificano la protezione umanitaria

Tribunale di L'Aquila, decreto del 12 giugno 2019

Fornita la prova di integrazione nel tessuto sociale ed economico del Territorio italiano a seguito di produzione documentale di più contratti di lavoro, viene riconosciuta da parte del Tribunale di L’Aquila la protezione umanitaria al cittadino bengalese perché in caso di rientro da parte di questi nel proprio Paese di origine, vista la condizione di estrema povertà in cui versa detto Territorio, lo stesso verrebbe riesposto presumibilmente ad una condizione di vulnerabilità.

A seguito del provvedimento di diniego per manifesta infondatezza del riconoscimento della protezione internazionale da parte della Commissione territoriale, il Tribunale di L’Aquila, dopo aver sancito l’irretroattività delle disposizioni normative contenute nel D.L. n. 113/2018 nei casi in cui la domanda (di protezione) sia stata presentata prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto, accoglie la richiesta di protezione umanitaria del cittadino Bangladesh, sotto il profilo dell’avvenuta integrazione del richiedente nel Territorio ospitante, il quale ha dato prova di un positivo inserimento e radicamento nel tessuto economico e sociale raggiunto attraverso la stipula di più contratti di lavoro. L’eventuale rimpatrio del ricorrente determinerebbe l’effetto di privarlo nuovamente dei mezzi di sussistenza conseguiti grazie all’attività lavorativa e lo precipiterebbero nuovamente in una condizione d’indigenza, considerando le condizioni di estrema povertà del Paese di provenienza e la certa difficoltà, dopo tanti anni, nel reperire un lavoro dignitoso. Ben può dirsi che il ricorrente si trovi in una condizione di vulnerabilità dal momento che proprio sulla base di una concreta comparazione tra le condizioni attuali e quelle in cui verrebbe a trovarsi nel Paese di origine, può ragionevolmente presumersi che egli, in caso di rientro, vedrebbe compromesse in modo apprezzabile la sua dignità e il suo diritto a quell’esistenza libera e dignitosa che risulta aver raggiunto nel Paese di rifugio.

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Tribunale di L’Aquila, decreto del 12 giugno 2019