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Cittadinanza iure sanguinis – Riconoscimento del diritto allo “status” di cittadino italiano ai figli di madre cittadina nati anteriormente al 1° gennaio 1948 ed ai loro discendenti

Tribunale di Roma, ordinanza del 25 luglio 2019

Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Roma ha riconosciuto la cittadinanza italiana in favore dei figli di madre cittadina che non l’avevano acquistata perché nati anteriormente al 1° gennaio 1948, e conseguentemente ai loro discendenti.

Nella fattispecie, i ricorrenti hanno agito in giudizio per il riconoscimento dello status di cittadini italiani in virtù della comune discendenza da cittadino italiano, emigrato in Brasile e sposato con cittadina italiana. Dai documenti prodotti, risulta che l’avo italiano non era mai stato naturalizzato cittadino brasiliano e pertanto non abbia perso la cittadinanza italiana, trasmettendola “iure sanguinis” ai propri discendenti.

Da tale linea di discendenza è emerso un passaggio per linea femminile intervenuto prima dell’entrata in vigore della Costituzione Italiana in data 1° gennaio 1948 (precisamente da una delle figlie dell’avo italiano, nata in Brasile nel 1917 e sposata con cittadino brasiliano nel 1937, alla di lei figlia, nata in Brasile nel 1938).

Tale sequenza, sulla base della legge al tempo vigente, “ha determinato l’interruzione della trasmissione della cittadinanza iure sanguinis, sia perché al tempo prevista – salvi casi marginali – unicamente per via paterna, sia perché l’art. 10 della l. n. 555/1912 stabiliva la perdita della cittadinanza italiana per la donna che si univa in matrimonio con un cittadino straniero”.

Orbene, il Tribunale capitolino ha richiamato in premessa la nota sentenza della Corte costituzionale n. 30 del 1983 la quale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art 1 n.1 L. 555/1912 per violazione degli artt. 3 e 29 della Costituzione “nella parte in cui non prevede che sia cittadino per nascita anche il figlio di madre cittadina”. Tale pronuncia “ha così ricondotto ai valori costituzionali della previgente disciplina legislativa sullo status civitatis, e consentito quindi la possibilità di acquisto della cittadinanza italiana per linea materna”. In precedenza la medesima Corte con la Sentenza n.87 del 09-16 aprile 1975, aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 29 Cost., il sopra citato art.10 della Legge n. 555 del 1912, “nella parte in cui prevede la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna”.

Ciò posto, il giudice di prime cure ha evidenziato che, secondo un primo orientamento, gli effetti favorevoli di tali pronunce potevano prodursi solo a partire dalla data di entrata in vigore della Costituzione, con “salvezza” delle situazioni già definite all’epoca.

Tuttavia, tale sostanziale disparità di trattamento è stata poi superata dalla Corte di Cassazione, la quale pronunciandosi a Sezioni Unite ha affermato che “per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, deve essere riconosciuto il diritto allo “status” di cittadino italiano al richiedente nato all’estero da figlio di donna italiana coniugata con cittadino straniero nel vigore della L. 555 del 1912 che sia stata, di conseguenza, privata della cittadinanza italiana a causa del matrimonio”.

Ed invero, “pur condividendo il principio dell’incostituzionalità sopravvenuta, secondo il quale la declaratoria d’incostituzionalità delle norme precostituzionali produce effetto soltanto sui rapporti e le situazioni non ancora esaurite alla data del 1° gennaio 1948, non potendo retroagire oltre l’entrata in vigore della Costituzione , la Corte afferma che il diritto di cittadinanza in quanto “status” permanente ed imprescrittibile, salva l’estinzione per effetto di rinuncia da parte del richiedente, è giustiziabile in ogni tempo (anche in caso di pregressa morte dell’ascendente o del genitore dai quali deriva il riconoscimento) per l’effetto perdurante anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione dell’illegittima privazione dovuta alla norma discriminatoria dichiarata incostituzionale” (Cass. Sez. Unite sent. n. 4466 del 25/02/2009).

Pertanto, “in forza della efficacia delle pronunce di incostituzionalità appena ricordate dalla data di entrata in vigore della nuova Costituzione, la titolarità della cittadinanza italiana deve ritenersi riconosciuta anche ai figli di madre cittadina che non l’avevano acquistata perché nati anteriormente al 1° gennaio 1948, e conseguentemente ai loro discendenti”.

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Tribunale di Roma, ordinanza del 25 luglio 2019