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Nigeria: angoscia e povertà per le sopravvissute della tratta di esseri umani

Un rapporto di Human Rights Watch documenta le violazioni dei diritti umani nei confronti delle vittime di tratta

© 2018 Lynsey Addario/Getty Images Reportage (Una donna nigeriana in un centro a Benin City)

(Abuja) – Molte sopravvissute della tratta di esseri umani per sfruttamento sessuale e del lavoro, una volta tornate in Nigeria, sono alle prese con problemi di salute irrisolti, povertà e condizioni di vita ripugnanti, ha dichiarato Human Rights Watch in un rapporto pubblicato oggi. Le autorità nigeriane hanno mancato di prestare l’assistenza di cui le sopravvissute hanno bisogno per ricostruire le proprie vite, e hanno detenuto illegalmente in dei rifugi molte donne e ragazze già traumatizzate.

Il rapporto di 90 pagine dal titolo “‘You Pray for Death’: Trafficking of Women and Girls in Nigeria,” fornisce resoconti dettagliati di come la tratta di esseri umani si svolga in Nigeria.

Human Rights Watch ha riscontrato che l’incubo per le sopravvissute non finisce quando riescono a tornare a casa. Il governo nigeriano dovrebbe adottare provvedimenti per affrontare le gravi condizioni di salute, l’esclusione sociale e la povertà con cui si misurano le sopravvissute, e smettere di traumatizzarli ulteriormente detenendoli in dei rifugi.

Donne e ragazze trafficate dentro e fuori dalla Nigeria hanno patito abusi indicibili per mano dei trafficanti, ma hanno ricevuto sostegno medico, terapie e sostegno finanziario inadeguati per reintegrarsi in società” ha detto Agnes Odhiambo, ricercatrice esperta per i diritti della donna a Human Rights Watch. “Siamo rimasti scioccati nel trovare sopravvissute alla tratta rinchiuse, e senza possibilità di comunicare con le proprie famiglie per mesi interi, all’interno di strutture governative.

Human Rights Watch ha intervistato 76 superstiti di traffico umano in Nigeria, così come funzionari governativi, leader della società civile, rappresentanti di governi donatori e istituzioni che danno sostegno a iniziative antitratta in Nigeria.

La tratta, frequente, di donne e ragazze nigeriane in Europa e Libia ha fatto notizia a livello internazionale negli ultimi anni, spingendo il governo nigeriano ad adottare provvedimenti. Molte donne e ragazze sono anche tenute in condizioni simili a quelle della schiavitù all’interno della Nigeria.

Le autorità nigeriane hanno adottato alcune importanti misure per affrontare il dilagante problema della tratta di esseri umani nel Paese, tra cui l’istituzione di rifugi, assistenza sanitaria, e la creazione di programmi vocazionali e di sostegno economico per le sopravvissute.

Tuttavia, le autorità si appoggiano eccessivamente ai rifugi, anziché a servizi incentrati sulla comunità, come mezzo principale per garantire servizi alle sopravvissute. Le autorità nigeriane hanno anche detenuto delle superstiti all’interno di tali strutture, negando loro la libertà di allontanarsene, spesso per mesi interi, in violazione degli obblighi internazionali della Nigeria. La protezione non dovrebbe essere una scusa per detenere arbitrariamente donne e ragazze, e privarle della loro libertà e facoltà di muoversi liberamente, ha dichiarato Human Rights Watch. Tali condizioni detentive mettono a rischio il loro recupero e benessere.

Sono qui da quasi sei mesi …. Mangio, dormo, e grido. Non aprono il cancello …” ha detto una diciottenne in un rifugio della National Agency for the Prohibition of Trafficking in Persons (NAPTIP). “Ho detto al NAPTIP che non voglio rimanere qui; voglio andare a casa. Hanno detto che mi lasceranno andare. Non sono a mio agio qui. Non posso rimanere senza fare niente.

Il percorso delle vittime di traffico è straziante, ed è difficile risollevarsi. Human Rights Watch ha documentato come i trafficanti, perlopiù conoscenti delle loro vittime, ingannano donne e ragazze per trasportarle all’interno dei confini nazionali e all’estero ai fini di sfruttarle in varie forme di lavoro forzato.

Donne e ragazze spesso credevano di emigrare per impieghi all’estero, ben pagati, come lavoratrici domestiche, parrucchiere, o cameriere d’albergo. Rimanevano scioccate quando capivano di essere state ingannate, rimanendo intrappolate in situazioni di sfruttamento, con ingenti “debiti” da pagare. Hanno detto che i loro aguzzini le obbligavano a prostituzione e lavoro domestico forzato per lunghe giornate senza pause e senza paga. I trafficanti le obbligavano a fare sesso con uomini senza preservativi, e spesso le obbligavano ad abortire in condizioni malsane, senza antidolorifici o antibiotici.

Alcune sopravvissute alla tratta hanno descritto esperienze spaventose che hanno causato loro traumi durevoli. Una donna ha raccontato di essere stata trafficata e obbligata a prostituirsi in Libia, all’età di diciotto anni, e di essere rimasta soggiogata per circa tre anni. Mentre era in Libia, fu rapita da persone lei dice erano membri dello Stato islamico (conosciuto anche come Isis). Assistette a esecuzioni e bombardamenti, e passò di mano in mano tra vari trafficanti. Rimase incinta, ma perse il bambino appena nato durante un bombardamento. Ha descritto così la sua vita dopo la tratta: “A volte non voglio vedere nessuno. A volte sento che sto per uccidermi. Non dormo bene.

Alcune donne e ragazze dicono di essere alle prese con problemi di salute mentale e fisica di lunga durata e di vivere lo stigma sociale una volta tornate in Nigeria, dove hanno difficoltà ad ottenere aiuto e servizi. Molte donne e ragazze hanno detto di non avere le risorse per sostenere se stesse e le proprie famiglie. Le sopravvissute alla tratta hanno detto di sentirsi profondamente stressate, e disperate.

Le superstiti dicono di non essere state coinvolte attivamente, in genere, dagli enti preposti a garantire servizi nelle decisioni sull’assistenza che toccava loro, e di non aver ricevuto informazioni adeguate sui servizi stessi. Alcune hanno subìto lunghe attese, senza assistenza, dopo aver contattato gli enti in cerca di aiuto.

Al di là dell’uso di rifugi da parte del governo, una rete di organizzazioni non governative offre servizi alle vittime della tratta, tra cui rifugi e sistemazioni, identificazione e individuazione delle famiglie, così come riabilitazione e reintegro. Tuttavia, rappresentanti di alcuni di questi gruppi hanno detto di non essere finanziati adeguatamente e di non essere in grado di soddisfare i molteplici bisogni delle sopravvissute per un’assistenza omni comprensiva di lungo termine.

Gli sforzi di riabilitazione e reintegro in Nigeria sono anche inficiati da un’eccessiva enfasi sull’acquisizione di competenze professionali nel breve periodo che rafforza i tradizionali ruoli di genere, dai fiacchi tentativi del governo di identificare le vittime, e da problemi di finanziamenti e coordinamento, e da scarsa vigilanza.

Le autorità nigeriane, tra cui i funzionari del NAPTIP, dovrebbero lavorare con urgenza per migliorare l’assistenza e i servizi per le superstiti alla tratta di esseri umani identificate internamente e rimpatriate, anche mettendo fine alla pratica di negare la libertà di movimento a coloro che vengono ospitate nei rifugi. Le autorità nigeriane dovrebbero assicurare che le politiche e le pratiche relative all’uso di tali rifugi siano rispettose dei diritti umani delle sopravvissute alla tratta, far sì che nessuno sia detenuto in tali strutture, e valutare l’impatto dell’approccio basato nel uso di rifugi “chiusi.”

Le autorità nigeriane fanno fatica a gestire la crisi della tratta di esseri umani, e lavorano in condizioni ardue, ma possono fare di meglio se ascoltano ciò che le sopravvissute hanno da dire in merito ai propri bisogni” ha detto Odhiambo. “Per mettere fine alla tratta e spezzare i cicli di sfruttamento e sofferenza occorre che il governo aiuti le sopravvissute a superare il trauma e a guadagnarsi una vita dignitosa in Nigeria.