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Nuove rotte migratorie, stessa risposta violenta. In Messico la polizia carica i migranti africani

di Riccardo Bottazzo

Foto: Pueblo Sin Fronteras

Anche il Messico alza un muro contro i migranti africani.

La situazione è precipitata a Tapachula, cittadina dello Stato del Chiapas a pochi chilometri dal Guatemala. Una zona di selve tropicali dove nella tradizionale rotta dei migranti mesoamericani verso gli Stati Uniti si sono aggiunti i profughi provenienti dai Paesi equatoriali dell’Africa: Congo, Camerun e Angola, in particolare.
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Qualche giorno fa la guardia nazionale messicana ha cercato di chiudere e di sgomberare un campo chiamato Ventunesimo Secolo dove erano stati sistemati circa 700 migranti. Ne sono seguiti cariche e tafferugli che sono ancora in corso.

Irineo Mujica attivista di Pueblo Sin Fronteras ha denunciato come la polizia messicana abbia picchiato anche bambini e donne incinte, una delle quali ha perso il piccolo. “Il Messico non ha soldi per rimpatriare questi migranti ai quali non viene data nessuna alternativa – ci spiega l’attivista -. Queste persone vengono da perlomeno due mesi di cammino tra le giungle del Centroamerica, si trovano in una situazione quantomeno precaria e certo non possono tornare indietro. Con la chiusura del campo, ora sono costretti a vivere sulla strada senza nessuna assistenza. Il Governo messicano così come quello dello stato del Chiapas, hanno accettato in tutto e per tutto le richieste del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di impedire a qualsiasi costo il passaggio di questi migranti ma non hanno predisposto nessuna soluzione per queste persone. Dicono che è colpa dei migranti che non vogliono farsi identificare ma è completamente falso e hanno avviato una campagna di criminalizzazione di queste persone senza neppure accennare ad una possibile soluzione del problema”. Campagna di criminalizzazione che Pueblo Sin Fronteras ha formalmente denunciato alla commissione Interamericana dei diritti umani.
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Gli scontri di Tapachula hanno perlomeno il merito di portare all’attenzione dell’opinione pubblica la rotta alternativa a quella che conduce all’Europa aperta dai migranti dell’Africa equatoriale verso gli Stati Uniti. Anche la risposta degli Usa riflette quella Europea, giocata sull’esternalizzazione della frontiera tramite la complicità di Governi ricattabili e ubbidienti cui viene demandato il lavoro sporco.
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Una ulteriore testimonianza di come la questione migratoria sia una questione globale che non può più essere nascosta e che va risolta globalmente con politiche di accoglienza e mantenendo come punto fermo il diritto della gente di migrare.

Di seguito alcuni video e immagini inviatici da Pueblo Sin Fronteras:

Campagna LasciateCIEntrare

La campagna LasciateCIEntrare è nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e nei C.A.R.A. (Centri di accoglienza per richiedenti asilo): appellandosi al diritto/dovere di esercitare l’art. 21 della Costituzione, ovvero la libertà di stampa, LasciateCIEntrare ha ottenuto l’abrogazione della circolare e oggi si batte contro la detenzione amministrativa dei migranti continua »

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.