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Riconoscimento dello status di rifugiata alla donna nigeriana vittima di tratta in Marocco

Tribunale di Bologna, decreto del 17 luglio 2019

Il Tribunale di Bologna con decreto del 17 luglio 2019 ha riconosciuto lo status di rifugiata a una richiedente nigeriana la quale ha affermato di essere stata trattata dalla Nigeria al Marocco ai fini dello sfruttamento sessuale.
La donna era stata negata dalla Commissione bolognese, nonostante avesse sempre affermato (in due separate audizioni) di essere stata costretta a prostituirsi e a chiedere l’elemosina in Marocco, dove arrivò grazie all’aiuto di “un’amica” che le aveva promesso “un buon lavoro” in un’azienda di pulizie.
Nel corso del procedimento amministrativo l’Organo Ministeriale aveva pure acquisto le relazioni redatte da parte di due enti anti-tratta dalle quali si poteva evincere che la donna aveva sempre affermato di essere stata trattata dalla Nigeria al Marocco e di aver preso conoscenza della propria condizione grazie al sostegno da parte degli stessi enti. Nonostante tutto ciò, a parere della Commissione di Bologna, la donna non meritava alcun tipo di protezione. Affermava infatti l’Organo Ministeriale che nonostante il suo “profilo personale … unitamente alla dichiarata esperienza di prostituzione e accattonaggio forzati in Marocco hanno sollevato elementi possibilmente riconducibili ad una situazione di tratta degli esseri umani… Tuttavia nella completa assenza di collaborazione e cooperazione da parte della richiedente non è stato possibile per la Commissione accertare eventuali rischi di assoggettamento e riduzione in schiavitù della richiedente, che ha negato qualsiasi elemento riconducibile alla tratta”.

Il Tribunale emiliano ha ribaltato il giudizio della Commissione bolognese e ha affermato “[…] Come riconosciuto dalla CT e messo in luce in entrambe le richiamate relazioni, dalle dichiarazioni della richiedente sono emerse circostanze del tutto coincidenti con gli specifici indicatori riferibili alle donne nigeriane vittime di tratta elencati a pag. 38 dalle Linee Guida elaborate nell’ambito del progetto “Meccanismi di coordinamento per le vittime di tratta”[…] Tutte le fonti più aggiornate disponibili confermano come la tratta di donne da sfruttare a fini sessuali abbia in Nigeria uno dei centri principali di reclutamento di tutta l’Africa sub-sahariana. Le stesse fonti concordano sul rischio, in caso di rientro in patria, non solo di subire danni alla persona da parte degli appartenenti all’organizzazione, rimasti frustrati sulle aspettative di rendimento della persona trafficata o per evitare che la stessa compia pericolose delazioni alle forze dell’ordine, ma soprattutto che la vittima di tratta possa essere discriminata e addirittura perseguitata per il fatto di essere entrata nel pericoloso e degradante mondo della prostituzione.
[…] Si deve pertanto considerare fondato senz’altro il rischio che, in caso rimpatrio, la ricorrente subisca atti di persecuzione, sub specie di violenze fisiche, psicologiche o sessuali, a causa dell’appartenenza ad un particolare gruppo sociale (art. 8 lett. d)), ovvero al genere femminile in generale.
Ritiene infatti il Collegio che con particolare riferimento alla tratta a fini sessuali il genere femminile (come la condizione di minorenne) costituisca uno specifico fattore di persecuzione, a causa del marchio indelebile che le vittime del traffico portano su di sé per l’esperienza subita. Le fonti COI indicano che l’apparato statale nigeriano, nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni per combattere il fenomeno in questione, non è in grado ancora di garantire a chi è stato vittima di tratta e rientra nel suo paese una adeguata tutela, non essendoci ancora un sistema che ne permetta la protezione piena e la reintegrazione nel tessuto sociale […] soprattutto per la mancanza di adeguati finanziamenti.
Pertanto deve ritenersi che la ricorrente sia stata vittima di tratta, quale forma di discriminazione e persecuzione a fronte della sua identità di genere, e le va pertanto riconosciuto lo status di rifugiato

”.

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Tribunale di Bologna, decreto del 17 luglio 2019