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Sei lezioni a proposito delle migrazioni africane

Maryline Baumard, Le Monde - 18 settembre 2019

Photo credit: Federico Scoppa

Secondo l’ultimo rapporto dell’OCSE, nel 2018, sono arrivati nei Paesi dell’Organizzazione soltanto 300.000 africani, costringendo a correggere la falsa immagine di una Europa invasa.

Il continente non viene citato. Tuttavia, quando i politici dicono di voler «armare» la Francia contro le migrazioni, «preparare il nostro Paese alle temibili sfide dei nostri giorni», come ha ricordato il capo di Stato, Emmanuel Macron, lunedì 16 settembre ai parlamentari della maggioranza, è all’Africa che tutti pensano. Sempre dell’Africa si tratta, quando un ministro ricordava su Le Monde di martedì 17 settembre, con i soliti toni da ministero degli Interni, che «la questione è sapere se la Francia può reggere l’afflusso di un milione di persone provenienti dal Maghreb nel caso di una crisi in uno dei Paesi di quella regione».

Eppure, le “Prospettive delle migrazioni internazionali 2019”, rese pubbliche mercoledì 18 settembre dall’OCSE, non mostrano un’Africa alle porte dell’Europa.

Le statistiche mettono l’accento su un pianeta più che mai in movimento, dove 5,3 milioni di persone si sono insediate in trentasei Paesi dell’OCSE durante il 2018 (ovvero il 2% in più dell’anno precedente), ed evidenziano in particolare che sono arrivati soli 300.000 africani, costringendo a rivedere la falsa idea di un’ Europa assediata. Questi dati consentono di tracciare sei insegnamenti sulle migrazioni africane.

1. Gli africani migrano meno degli altri verso i Paesi OCSE.

Cina, Romania, India, Polonia, Vietnam, Messico, Siria, Filippine… nessun africano tra i diciassette Paesi con più migranti verso i Paesi OCSE, stando alle “Prospettive delle migrazioni internazionali 2019”. Tocca scendere alla 18a posizione per trovare il primo, il Marocco, con i suoi circa 17.000 cittadini partiti (che hanno rappresentato l’1,4% degli arrivi 2017 in area OCSE).

Nell’elenco più esaustivo dei primi 50 Paesi «fonte» di immigrazione verso l’area, figurano sono altri quattro Stati africani oltre al Marocco: la Nigeria, l’Algeria, l’Egitto e l’Eritrea. Le provenienze da questi cinque rappresentano il 4% degli arrivi nei Paesi OCSE e il 15% degli arrivi in Unione Europea. La Cina, classificata prima, rappresenta da sola l’8% degli arrivi in Paesi OCSE e il 28% in Unione Europea a 28 Paesi.

Dal momento che nessun Paese africano è membro OCSE, le statistiche non dicono nulla dei movimenti intra-africani che costituiscono il grosso (70%) degli spostamenti delle popolazioni del continente. L’Onu lo ricorda all’interno di un altro rapporto sui movimenti mondiali, pubblicato anch’esso il 17 settembre: «La maggior parte delle migrazioni internazionali si svolge tra Paesi situati nella stessa regione e la maggioranza dei migranti internazionali in Africa subsahariana (89%) […] sono originari della stessa regione in cui vivono.»

2. Si insediano in Europa secondo modalità controverse

Gli africani scelgono sempre più Paesi dove ci siano già loro connazionali. Ad esempio, né il Regno Unito né la Germania hanno Paesi africani tra i primi dieci paesi di origine di coloro che si sono stabiliti entro i loro confini nel 2017, mentre in Italia gli africani (marocchini, egiziani, nigeriani, senegalesi) rappresentano il 64% della popolazione straniera del Paese. La Francia, che sull’argomento non ha fornito dati all’OCSE dal 2015, conta il 4,4% di Magrebini in seno alla sua popolazione e l’1,5% di Subsahariani (secondo i risultati dell’Istituto Nazionale di Studi Demografici, INED); non ci sono dati aggiornati sull’afflusso dello scorso anno, se non sull’aumento di ingressi da 245.000 a 253.000 senza distinzione di provenienza.

3. Non sono tra i più numerosi richiedenti asilo in Europa

In Canada, i principali richiedenti asilo sono i Nigeriani. In Israele, gli Eritrei. In Europa è diverso. In Germania, Francia, Grecia, Spagna o Svezia, nessuna nazionalità africana risulta tra le prime in termini di richiesta di asilo nel 2018. In Francia, i Guineani arrivano quarti, dopo il trio di Afghani, Albanesi e Georgiani. In compenso, se si considerano le prime quindici nazionalità tra coloro che presentano richiesta in Francia, sette sono africane, tra cui ivoriani e sudanesi, il che significa che il continente africano rappresenta quattro richiedenti asilo su dieci.

Tra i tanti Paesi OCSE, i flussi umanitari sono in forte riduzione. Se in Finlandia, Svezia, Danimarca e nei Paesi Bassi questi non rappresentano che la metà o meno rispetto al 2016, solo quattro Paesi dell’OCSE – tra cui il Messico (+74%), la Francia (+40) – hanno accolto decisamente più migranti umanitari (richiedenti asilo e stranieri malati) nel 2017 che nel 2016. E l’aumento è continuato nel 2018. Che piaccia o meno, il Messico e la Francia sono Paesi di seconda scelta. I richiedenti asilo non si fermano in Messico se non perché non possono entrare negli Stati Uniti. Le richieste di asilo in Francia sono quelle di chi è stato rifiutato altrove in Europa, la mancanza di un archivio europeo lo consente loro. In Francia, in media, un terzo dei richiedenti asilo – senza distinzione di provenienza – ottiene uno status.

4. Un’integrazione lavorativa che va lentamente migliorando

Nonostante gli sforzi di integrazione compiuti dal Paese negli anni scorsi, e fortemente raccomandati dall’OCSE che vi vede una forte leva di crescita, è in Europa che il tasso di occupazione degli africani resta il più basso con il 64,9% di Subsahariani occupati nel 2018 (6,2 punti in più rispetto ai cinque anni precedenti) e il 50,3% di Maghrebini (5 punti in più che nel 2013). In Canada, il tasso di occupazione è del 69% degli africani in generale e negli Stati Uniti del 71%.

In media, nei Paesi OCSE, più del 68% degli immigrati hanno un impiego e il loro tasso di disoccupazione è sceso dal 9,4% all’8,7% tra il 2017 e il 2018. In Francia il tasso medio è al 58% indipendentemente dalla durata della permanenza e dalla provenienza geografica. In Germania è dieci punti più basso.

5. In Francia il maggior numero di naturalizzati

Ottenere la cittadinanza è un forte segno di integrazione. Ora, il 55% dei 114.274 stranieri naturalizzati francesi nel 2017 sono africani. Le tre maggiori provenienze dei naturalizzati sono il Marocco (16.687), l’Algeria (16.283) e la Tunisia (7.045). In Canada, hanno ottenuto la cittadinanza, che è gestita differentemente dai vari Paesi, 2.149 Marocchini, 2.004 Algerini e 1.883 Nigeriani. L’OCSE osserva che non è più l’epoca delle naturalizzazioni, perché se 1,8 milioni di residenti stranieri hanno ottenuto la cittadinanza di un Paese dell’OCSE nel 2017, è comunque l’11% in meno rispetto al 2016 ed è soprattutto la cifra più bassa dal 2010.

6. Per gli Stati, il migranti ideale è start-upper o studente

Infatti, tutti i paesi OCSE sognano più o meno fortemente una “immigrazione scelta“, secondo la terminologia usata da Nicolas Sarkozy, quando era ministro degli Interni (2005-2007). 18 sui 36 Paesi OCSE hanno inventato formule per attrarre strat-upper. La Francia non è da meno con il suo Tech Ticket, realizzato nel 2015, che facilita i giovani imprenditori nell’acquisizione di un titolo di soggiorno.

Ma ci si contende anche gli studenti per vincere la battaglia mondiale dei cervelli… La Francia, attualmente al quinto posto nell’accoglienza della categoria con 324.000 studenti stranieri nel 2018 (di cui 240.000 diplomandi), sogna di vedere il loro numero salire a 500.000 da qui al al 2027. Nel 2018 è stata introdotta la formula «Benvenuto in Francia» che passa per un incremento dei diritti d’iscrizione agli extra-europei e vorrebbe aprirsi a nuovi profili di giovani provenienti in particolare dalla Cina o dall’Africa anglofona. Gli africani rappresentano il 45% degli studenti stranieri in Francia, e il loro numero sarebbe in forte calo in questo nuovo anno scolastico…