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Rapporto UNDP, nonostante tutto i giovani africani continueranno a emigrare

Antonella Sinopoli, ghanaway - 28 ottobre 2019

Le politiche europee per “combattere” l’emigrazione non portano ai risultati sperati. Anzi, sono sbagliate. Lo rivela un’indagine delle Nazioni Unite frutto di circa 1.900 interviste a migranti da 39 Paesi africani che vivono in 13 Paesi europei.

Migranti che non hanno ottenuto documenti regolari e che hanno lasciato i loro Paesi – provengono soprattutto dalle città e non dai villaggi rurali, e spesso in possesso di un titolo di studio – non per ragioni politiche o per chiedere protezione umanitaria.

Il rapporto dell’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) lascia quindi intendere che anche le politiche di aiuto non sono efficaci per fermare l’emigrazione, per non parlare dei respingimenti.

Lo sviluppo è solo uno dei parametri su cui dovrebbero concentrarsi i leader e le istituzioni europee che dovrebbero anche osservare la distribuzione del benessere (di fatto iniqua e irregolare) ma anche tener conto che la società contemporanea (e i suoi giovani) non riescono più ad accettare restrizioni e interdizione dei movimenti.

Oggi, d’altronde, è sempre più difficile ottenere permessi per viaggiare e lavorare legalmente nel Paese di accoglienza. Se fino al 2005 il 72% dei migranti otteneva documenti legali e l’autorizzazione a lavorare nel Paese dove si era recato, dal 2005 al 2010 questa percentuale è scesa al 59% per arrivare – negli anni tra il 2015 e il 2018 – al 23%.

A spingere i giovani a partire, nonostante le difficoltà del viaggio, è un diffuso senso di frustrazione e di esclusione sociale rispetto alle aspettative legate agli anni di studi e alle promesse di benessere dei loro Governi.

La maggior parte delle persone intervistate ha affermato di non guadagnare abbastanza e di non vedere alcuna prospettiva nel futuro. Molti di loro, una volta in Europa, diventano il sostegno delle famiglie rimaste a casa.
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Chi riesce a trovare lavoro in Europa – si legge nel rapporto – guadagna di solito più di quanto guadagnerebbe, o guadagnava al momento della partenza, con un lavoro di competenza in Africa. Anche se si tratta – nel 60% dei casi – di lavori manuali e di bassa qualificazione, come quelli nel settore delle pulizie, nell’agricoltura o lavori a domicilio.

Secondo il rapporto UNDP le politiche di respingimento e la cattiva accoglienza, fomentano il populismo, ma non tengono e non terranno lontano i migranti. Tra gli intervistati, il 70% ha detto che vorrebbe vivere in modo stabile in Europa, gli altri sembrano (o sperano di) vivere l’avventura europea come un investimento.

Non c’è dubbio, quindi, che bisognerebbe cambiare rotta. Favorire un’”emigrazione circolare”, fare maggiore attenzione alle necessità di inserimento nel mondo del lavoro della gioventù africana, combattere la gerontocrazia che vede l’Africa – il continente più giovane – dominato dalle decisioni e dalla lunga presenza di leader anziani.

Scaling Fences (Scalare Recinzioni), questo il titolo del Rapporto, è quindi un invito a lavorare per espandere le opportunità e le scelte politiche ed economiche nel continente, ragionando nello stesso tempo sull’opportunità di passare da una migrazione “non governata” ad una migrazione “governata”.

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