Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Governo giallo-rosso: la discontinuità che manca su sicurezza e immigrazione

Una riflessione dell'associazione Open Your Borders di Padova in vista della manifestazione del 9 novembre

Le varie mosse in materia di immigrazione del governo targato PD-Cinque Stelle ci spingono a pronunciarci, per fare chiarezza rispetto ad un quadro politico piuttosto complicato.

Quello che possiamo evidenziare è la messa in pratica di politiche in perfetta continuità con il governo precedente (anche se in maniera meno esposta mediaticamente), non ultimo il rifinanziamento alle bande armate libiche, travisate da guardia costiera, per fermare gli sbarchi.

Non c’è da sorprendersi di questa continuità, vista la riconferma, all’interno dell’esecutivo, del Movimento 5 Stelle, complice e responsabile dell’approvazione dei due decreti sicurezza, contro i quali i pentastellati non mostrarono esplicita contrarietà (i più coraggiosi vennero espulsi dal partito a causa della loro astensione durante la votazione) e la ricomparsa del PD che nel 2017 aveva aperto la strada alle politiche di opposizione all’immigrazione (decreto Minniti/Orlando, ridenominazione e rifinanziamento dei vecchi C.I.E. oggi C.P.R. ecc.), oltre alla stipula degli accordi liberticidi con le milizie libiche da parte di Gentiloni per il controllo dei flussi migratori prima del loro arrivo nel continente europeo.

Accordi che stanno proseguendo e sono stati rinnovati – rappresentando una scelta politica ben evidente e consapevole da parte del governo – con il beneplacito dell’intero esecutivo Italiano e una forte esposizione del ministro degli esteri Di Maio, lo stesso che per primo definì le O.N.G. impegnate nelle missioni di ricerca e salvataggio “taxi del mare”.

In tutto questo si inserisce la dichiarazione, esplicitata anche nel contratto di governo, di rivedere i due decreti sicurezza, giudicati troppo spietati.

Ebbene, rilevando l’attuale e la crescente presenza di migranti resi irregolari (vista l’abrogazione della protezione umanitaria scritta all’interno del primo decreto sicurezza) il PD, in testa, cerca di correre ai ripari per ripristinarla sia per motivi di controllo/sicurezza del territorio, sia per tentare di salvaguardare quei soggetti impiegati nel settore dell’accoglienza, destinatati al licenziamento, a causa dei tagli/chiusura delle cooperative, strangolate dal vincolo economico dei 18/23 euro destinati ad ogni singolo migrante ospitato.

La sicurezza è l’altro tassello, un tema significativo per i democratici, ma da non mettere in discussione, intesa in senso decisamente più subdolo, garantita non con azioni evidentemente spietate rispetto a quelle praticate dalla Lega, ma attraverso Daspo, allontanamenti, lotta al degrado, utilizzo del T.A.S.E.R. anche da parte dei vigili urbani, elementi in parte introdotti già nel 2017 dall’alloro ministro democratico Minniti con il decreto “disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”.

Il tutto si delinea in un quadro di intransigenza rispetto della legalità, che ha portato Zingaretti e il suo partito a rimettere al centro del dibattito politico il potenziamento delle forze dell’ordine, attraverso svariati milioni di euro.

A questo si aggiunge anche una particolare lettura politica (venduta come lungimirante da parte del governo) della situazione politica attuale, visto il tentativo da parte del PD di andare a recuperare quell’elettorato perduto (considerate la serie di sconfitte elettorali degli ultimi anni, emblematiche sono state le regionali in Umbria), adottando linguaggi e politiche esplicitamente di destra (ad esempio le recenti dichiarazioni di Zingaretti nei confronti di Salvini che viene criticato di essere bravo solo a parole, ma innocuo dal punto di vista pratico per quanto riguarda la sicurezza); non andando neanche a ricercare alternative o discontinuità rispetto all’esecutivo precedente, contrariamente a quanto volevano far intendere con il contratto di governo a firma giallo-rossa.

Continuità che si palesa anche con la rivendicazione di voler intensificare i rimpatri da parte della ministro degli interni Lamorgese, tanto da spingere il ministro Di Maio a promulagare un decreto interministeriale ad hoc (coinvolgendo anche Giustizia e Interno) con il quale verrebbero individuati e catalogati i cosiddetti “paesi sicuri” dove espellere i migranti non idonei. Dei 13 paesi individuati Algeria, Marocco, Tunisia, Albania, Bosnia, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Senegal, Serbia e Ucraina, soltanto con la Tunisia esiste un accordo bilaterale per il rimpatrio, condannando all’illegalità forzata la maggioranza dei migranti “espulsi” fra l’internamento nei C.P.R. e la strada. Il decreto, inoltre, prevedrebbe un fondo rimpatri di svariati milioni di euro, che dovrebbe servire a finanziare e stipulare nuovi accordi bilaterali, risorse stanziate sotto la voce cooperazione allo sviluppo. Ironico come anche il rifinanziamento alle milizie che controllano la guardia costiera e i lager in Libia, contenuto nel memorandum Italia-Libia, costituisca sempre parte di questa strategia per la cooperazione allo sviluppo.

Quindi, se da una parte, il nuovo governo prova a tingersi il volto di “umanità’” e “pietismo” nei confronti dei migranti (non tutti, ma solo i più disciplinati e obbedienti), dall’altra non ha alcun freno nel macchiarsi di sangue (son risapute le non confortevoli condizioni di ospitalità garantite dai “paesi sicuri” e i la situazione di conflitto militare e frazionamento in cui versa da qualche anno a questa parte la Libia).

Consapevoli sia dell’illusione della discontinuità paventata dal nuovo governo sia della blanda e strumentale discussione rispetto alle modifiche da applicare alle leggi sicurezza, riteniamo fondamentale continuare a mobilitarci, a partire dalla manifestazione “Aboliamo le leggi sicurezza”, questo sabato 9 novembre, a Roma.

Ma è doveroso non fermarci, continuare a lavorare nei territori assieme a chi ha un altro metodo di intendere la sicurezza pubblica, la libertà di movimento di tutte e tutti (migrant* e solidal* che siano), oltre che con tutti coloro che l’inclusione sociale e la cooperazione – sia territorialmente sia in scala più ampia – la hanno sempre praticata ed ora, più che mai, si vedono messi all’angolo attraverso gli infami articoli delle varie leggi che si sono succedute nel bieco tentativo di governare assieme sicurezza e immigrazione.