Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Inondazioni Somalia, MSF: “Persone così vulnerabili che è un dilemma decidere chi ha più bisogno”

Preoccupazione per possibili picchi di malaria ed epidemie di malattie trasmesse dall’acqua contaminata

Photo credit: MSF

21 novembre 2019 – Dopo una prima risposta d’emergenza alle alluvioni che hanno inondato la Somalia, causando oltre 270.000 sfollati, Medici Senza Frontiere (MSF) ha avviato cliniche mobili per portare cure in diverse aree del distretto di Beledweyne, uno dei più colpiti.

Dopo alcuni giorni senza pioggia l’acqua si sta ritirando, ma decine di migliaia di sfollati vivono ancora in ripari di fortuna nelle zone più elevate della città. I danni a strade e infrastrutture sono visibili. Acque di fogna e alluvionali si sono mischiate, contaminando i pozzi. Le riserve di cibo sono state spazzate via e pozze stagnanti sono ovunque, creando ambienti perfetti per la proliferazione delle zanzare, che diffondono malaria e altre malattie. L’ospedale distrettuale è stato inondato e le consultazioni mediche sono state interrotte. Da tre settimane la struttura è fuori uso e pochissime forniture mediche potranno essere utilizzate.

Con l’aeroporto locale chiuso per diversi giorni, MSF ha portato via terra scorte di cibo terapeutico, acqua potabile, tende e beni di prima necessità come coperte, secchi e utensili per cucinare, e ha costruito latrine e servizi igienico-sanitari. Le équipe mediche stanno trattando malattie trasmesse dalle zanzare come la malaria, diarrea e febbri di origine sconosciuta. I bambini arrivano con infezioni del tratto respiratorio come la polmonite, e i livelli di malnutrizione, già alti prima delle alluvioni, stanno peggiorando.

MSF è preoccupata per possibili picchi di malaria ed epidemie di malattie trasmesse dall’acqua contaminata, come il colera, come racconta Mariano Lugli, supervisore dei progetti di MSF in Somalia, in questo video.

Per MSF servono sforzi concertati e coordinati tra le organizzazioni umanitarie e le autorità locali per continuare a mobilitare l’assistenza necessaria e garantire che gli aiuti raggiungano le persone in tempo. È cruciale migliorare con urgenza le condizioni igienico-sanitarie a Beledweyne e facilitare l’accesso all’acqua pulita per evitare la diffusione di malattie.

Ecco la testimonianza di Mohamed Kalil, esperto di affari umanitari per MSF in Somalia e Somaliland, che ha partecipato all’intervento di emergenza nelle aree alluvionate.

Beledweyne è una grande città della Somalia centrale, con palazzi alti e una vibrante attività commerciale. È spesso interessata da piogge stagionali, ma questa volta il fiume Shabelle si è gonfiato a tal punto per l’acqua proveniente dagli altipiani dell’Etiopia, che a fine ottobre i suoi argini si sono rotti e la città si è quasi completamente allagata.”

Siamo arrivati con un piccolo team a Beledweyne il 31 ottobre. Quello che doveva essere una valutazione si è subito trasformata in una risposta di emergenza date le enormi necessità. Le inondazioni hanno colpito tutti, ricchi e poveri, con una forza che le persone del luogo non ricordano di aver mai visto. Tutti sono stati costretti a lasciare le loro case e luoghi di lavoro. Nel quartiere degli uffici, il livello dell’acqua era così alto da non poter essere nemmeno misurato. Alcune persone si sono spostate sui tetti e sono rimaste isolate, altre sono state messe in salvo dalle barche che hanno raggiunto le loro case.”

Vediamo molta sofferenza. La maggior parte delle persone vive in ripari di fortuna, spesso semplicemente vestiti tesi intorno a bastoni di legno o legati agli alberi, e ci vorrà molto tempo perché possano rientrare a casa. Sono in condizioni di tale vulnerabilità che spesso è un dilemma decidere chi ha più bisogno.”

Ho visto adulti e bambini fare a turni per usare le tende. Ho visto donne partorire in condizioni igieniche terribili e una madre malnutrita disperata che aveva perso il marito e non riusciva ad allattare i suoi gemelli appena nati. Un giorno, mentre visitavamo un’area per valutare i bisogni, ho visto una donna molto anziana che cercava rifugio in un riparo estremamente precario. Giorni dopo, quando siamo tornati per portarle una tenda, era troppo tardi, la donna era morta.”

Gli aiuti distribuiti finora sono stati una goccia nell’oceano. Alcune famiglie si dividono addirittura il PlumpyNut, il cibo terapeutico che diamo ai bambini durante i trattamenti per malnutrizione. Altre hanno finito per bere acqua piovana. Moltissimi non hanno adeguata protezione per le giornate molto calde e le fredde notti ventose.”