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Un anno di violenza – Monitoraggio dei respingimenti sulla rotta balcanica

Lo speciale di Are You Syrious? (AYS) 2019/2020

Photo credit: Dirk Planert (Vučjak, 16 dicembre 2019)

Con un database condiviso di 648 report, BVMN è il progetto collettivo di organizzazioni che hanno l’obiettivo comune di contestare il regime di respingimenti illegali e chiedere conto di ciò alle istituzioni interessate.

Il termine “respingimenti” descrive l’espulsione illegale di gruppi di persone o singoli individui da un territorio nazionale ad un altro, e non rientrano nel quadro normativo delle “espulsioni”. Quotidianamente, i migranti sono soggetti a questi allontanamenti illeciti; una procedura violenta sostenuta da alcuni Stati membri dell’UE lungo la rotta balcanica.
Nel 2019 BVMN ha continuato a puntare i riflettori su queste azioni, perpetrate principalmente da Paesi come Croazia, Ungheria e Grecia.
Nel ruolo di comprimari ci sono anche Slovenia e Italia e Paesi non membri supportati da Frontex, il cui mandato e finanziamento sono stati ampliati per il 2020.
Dati sui luoghi di respingimento dal 2019 (Fonte:BVMN)

Nel 2019 volontari e attivisti hanno lavorato lungo la rotta per ascoltare la voce delle persone che hanno vissuto queste violazioni, raccogliendo interviste sul campo e diffondendo le loro richieste di giustizia. Di seguito sono elencati solo alcuni degli abusi costanti che si verificano durante i respingimenti.

Abuso di pistole e armi da fuoco

Il maggior numero di respingimenti riportati da BVMN vengono dalla Croazia, uno Stato che sta fungendo da fulcro della politica europea delle frontiere esterne nei Balcani occidentali. Il suo confine di circa 1.300 chilometri con Bosnia-Herzegovina, Serbia e Montenegro è stato un punto critico per respingimenti estremamente violenti. Nonostante le difficili condizioni invernali, le persone provano comunque ogni giorno ad attraversare il paesaggio montuoso della Croazia e vengono respinte da una rete di agenti di polizia che nega loro una procedura corretta e usa abusi fisici brutali come deterrente.
Dati sulle armi da fuoco raccolti fino al 18 Novembre 2019 (Fonte:BVMN)

Desta grande preoccupazione l’aumento esponenziale dell’uso di armi da fuoco da parte degli ufficiali croati contro i migranti. Nei primi dieci mesi del 2019 BVMN ha registrato 770 persone che erano state respinte da agenti di polizia che avevano usato le pistole per sparare o minacciare. A novembre sono stati sparati dei colpi direttamente su gruppi di transitanti, portando al ferimento quasi mortale di un uomo e causando una ferita da perforamento sulla spalla di un altro. AYS ha riportato il ferimento di due minori nel 2017, dimostrando che non è la prima volta che le pistole vengono rivolte verso migranti disarmati in Croazia.

Attacchi dei cani e Unità K9

L’uso delle unità cinofile per la cattura e l’espulsione dei migranti in transito è un indicatore rilevatore dell’estrema violenza che caratterizza i respingimenti. Dall’estate del 2019 il BVMN ha notato un’impennata del numero degli attacchi brutali da parte dei cani e della presenza di unità K9 durante i respingimenti. In un caso recente, un uomo è stato aggredito per dieci minuti da un cane che seguiva le istruzioni degli addestratori della polizia croata, i quali ridevano e gridavano “bravo, bravo” mentre questo per poco non recideva i vasi sanguigni principali della gamba dell’uomo.
Immagine a sinistra: caso dal MNK (Fonte:BVMN). Immagine a destra: caso dalla Croazia (Fonte:BVMN)

Fortunatamente l’uomo è sopravvissuto, ma con ferite permanenti che sta curando ancora oggi in Bosnia-Erzegovina dove è stato respinto illegalmente a dispetto della sua richiesta d’asilo e delle sue gravi condizioni fisiche. Purtroppo questa non è una storia inconsueta. Lungo la rotte le unità cinofile rimangono una grave minaccia durante i respingimenti, come risulta in casi registrati dalla Macedonia settentrionale alla Grecia, dove un uomo è stato gravemente morso, oppure in un respingimento dalla Slovenia dove 12 cani senza museruola hanno terrorizzato un gruppo di migranti numeroso. L’uso dei cani come armi evidenzia la propensione della polizia di frontiera verso l’aggressione violenta, e l’allontanamento dall’accesso alla procedura d’asilo prevista dalla legge e dalle procedure regolamentate.

Accesso all’asilo filtrato

Le unità K9 e le pistole sono metodi ultra-violenti della polizia che contribuiscono direttamente a bloccare l’accesso all’asilo. Nei primi undici mesi del 2019, più del 60% dei respingimenti croati verso la Bosnia-Herzegovina hanno visto i gruppi fare una richiesta d’asilo verbale. In questi casi, i membri del gruppo sono stati respinti dal territorio senza che il loro caso venisse esaminato, contravvenendo alla legislazione europea sull’asilo.
Statistiche filtrate dal database condiviso sui respingimenti tra Croazia – Bosnia-Herzegovina da gennaio a novembre 2019 (Fonte:BVMN)

Le autorità croate, insieme a una serie di altri Stati, hanno effettivamente usato i respingimenti per allontanare le persone dai loro territori senza tenere conto delle richieste di protezione internazionale. Una serie di attori, come agenti di polizia e traduttori, hanno distorto le condizioni per richiedere asilo, costringendo regolarmente le persone a firmare i documenti per l’allontanamento, falsificando l’età dei minori o evitando qualsiasi procedura mandandoli immediatamente alle frontiere verdi dove sono respinti con violenza. Anche la Slovenia partecipa a questa catena di violazioni del diritto d’asilo, come si è visto brutalmente in un caso verificatosi a luglio, quando è stato usato dello spray al peperoncino per prendere di mira specificatamente le persone che avevano chiesto asilo.

“Confini bagnati”: i respingimenti via fiume

La maggior parte dei respingimenti si verificano in aree remote della frontiera verde, in particolare di notte, dove la violenza può essere usata impunemente. Una caratteristica particolare della violenza della polizia al confine è la militarizzazione dei fiumi per maltrattare dei gruppi di migranti. Il lavoro di monitoraggio svolto da settembre ha rivelato che il 50% dei respingimenti diretti dalla Croazia ha interessato persone costrette ad attraversare fiumi o ad immergersi nell’acqua. Questo si accompagna regolarmente con la pratica di costringere le persone a spogliarsi (spesso in biancheria intima) e di bruciare i loro beni. Poi, gli agenti li spingono nei fiumi che segnano il confine con la Bosnia-Herzegovina (spesso il Glina e il Korana), esponendo le persone al rischio di annegamento e ipotermia.

Un caso risalente al mese di novembre ha associato l’uso di armi da fuoco con l’uso pericoloso dei “confini bagnati”. Un gruppo di algerini sono stati spinti in un fiume da agenti croati che li stavano riportando in Bosnia-Herzegovina.
Luogo di respingimento dove il fiume Korana scorre parallelamente lungo il confine HR/BiH (Fonte:BVMN)

L’intervistato ha ricordato come: “Mi hanno spinto nel fiume dicendomi «Buona fortuna»”, mentre gli agenti sparavano colpi in aria.

Nel frattempo nella regione di Evros in Grecia, il fiume al confine viene utilizzato regolarmente per respingere i migranti in Turchia. Come in Croazia, gli episodi si verificano spesso di notte e sono portati avanti da agenti che indossano passamontagna. Presi con la forza, i gruppi di transitanti raccontano di essere stati caricati violentemente su piccole barche e trasportati verso il lato turco. Questo sistema di allontanamenti regolari e informali emerge come una violazione comune in Grecia e nell’area balcanica, suscitando grandi preoccupazioni circa i rischi associati all’immersione in acqua dato l’elevato numero di annegamenti che si verificano nei fiumi della regione.

Il 2019 alle porte dell’UE

La gestione delle frontiere sulla rotta balcanica ha sistematizzato un livello di violenza inaccettabile, illegale e quasi fatale.

I trend emersi nel 2019 sono un richiamo impressionante al fatto che queste frontiere non sono più governate dallo Stato di diritto, ma sono caratterizzate quasi interamente dall’uso informale delle violazioni dei respingimenti.

L’uso delle pistole emerge che l’indicatore più estremo della violenza nei respingimenti. Ma gli spari si inseriscono in un arsenale di metodi di vigilanza che includono aggressione fisica, detenzione illegale, abusi durante il trasporto, uso improprio del taser e spoliazioni. Anche se dall’insieme dei dati raccolti da BVMN la Croazia è emersa come attore principale, è chiaro che si tratta di pratiche comuni tra gli Stati membri dell’UE in tutta la regione: Ungheria, Slovenia e Grecia hanno continuato a colpire i migranti con una serie di metodi violenti e illegali condivisi. I nuovi interventi di Frontex fuori dal territorio dell’UE sembrano completare questo sforzo verso il ripristino delle frontiere, dato che gli Stati non membri nei Balcani occidentali sono diventati parte integrante nel regime dei respingimenti.

Il Border Violence Monitoring Network continuerà a diffondere le voci coraggiose di coloro che vogliono denunciare queste istituzioni violente. Le loro storie sono una testimonianza della terribile situazione ai confini dell’Europa alla vigilia del 2020 e si continueranno a cercare le responsabilità.

#Lesvoscalling

Una campagna solidale per la libertà di movimento
Dopo il viaggio conoscitivo a ottobre 2019 a Lesvos e sulla Balkan route, per documentare e raccontare la drammatica situazione sull'isola hotspot greca e conoscere attivisti/e e volontari/e che si adoperano a sostegno delle persone migranti, è iniziata una campagna solidale lungo la rotta balcanica e le "isole confino" del mar Egeo.
Questa pagina raccoglie tutti gli articoli e il testo di promozione della campagna.
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