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Un’altra nave turca “PERICOLO A” in Italia

La Assos Seaways da dodici giorni naviga sulla rotta Tuzla-Trieste

Trieste – Prima la nave Und Atilim, il giorno dopo, la Assos Seaways.
Entrambe battenti bandiera turca: navi praticamente identiche, stessa lunghezza (193 metri) e stessa larghezza (26,04 metri). E uguale anche la tipologia: Ro-Ro, ovvero a carico orizzontale/rotabile.
Uguale anche il tipo di cargo: Hazard A (Major), ossia “Pericolo A – Maggiore”.

Due navi “fotocopia”, morfologicamente e nei contenuti.
Anche nell’itinerario: la Und Atilim aveva toccato i porticcioli nella provincia di Istanbul, Topcular e Tuzla. Poi Patrasso in Grecia e l’attracco a Trieste.
La nave Assos Seaways cambia un po’ l’itinerario: da Patrasso (08/01/20) a Tuzla (09/01/20). Dalla Turchia al porto della città del Friuli Venezia Giulia, dove arriva tre giorni dopo, il 12 gennaio.
Ma il tragitto non termine: nuovamente Trieste-Tuzla avanti ed indietro. Attracca definitivamente in Italia il 19 gennaio alle ore 12:30.
Di fatto un andirivieni che dura da dodici giorni.

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Il sospetto, anche questa volta, è che la nave mercantile di Istanbul abbia al proprio interno armamenti gommati: si va dai carri armati ai sistemi antiaerei e veicoli blindati.

Se così fosse, e due indizi fanno anche questa volta più di un sospetto, sarebbe una gravissima violazione della normativa italiana: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (art.11 della Costituzione). Fare business di armamenti con il dittatore Erdogan, autore in prima persona di guerre per meri scopi economici, sarebbe chiaramente in contrasto con la nostra primaria fonte legislativa.
E non solo: con la legge 185/1990. E con la Direttiva dell’Autorità nazionale – UAMA n.11688 del 28.3.2017.
L’articolo 1 specifica che “l’esportazione, l’importazione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Quindi: non solo si farebbero affari con il governo turco attore coprotagonista della crisi libica, ma anche si finanzierebbe chi sta causando migliaia di sfollati a Tripoli.
Il paradosso è che “non si vogliono i migranti” ma si intrattiene rapporti economici con chi contribuisce a crearli?

La normativa di riferimento è molto chiara nel definire i divieti dell’esportazione, del transito, del trasferimento intracomunitario e dell’intermediazione di materiale d’armamento con conseguente cessazione di licenze di produzione e delocalizzazione produttiva.
Specificatamente i traffici sono vietati “quando sono in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia, con gli accordi concernenti la non proliferazione” (art.1.5.) e, cosa assai importante, “quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione del materiali d’armamento” (art. 1.5.).

Punto primo: se le navi turche avessero all’interno armamenti, sarebbe una violazione gravissima nei confronti e della Costituzione e della suddetta legge.

Punto secondo: l’Italia avrebbe un business di armamenti con Erdogan finanziatore di Haftar in Libia, che rifornisce di armi e mercenari. Quindi non si rispetterebbero i trattati internazionali e si darebbero armi sapendo la destinazione non conforme alla legge dei materiali d’armamento. Una doppia violazione.

Ancora: divieto “verso i Paesi in conflitto armato in contrasto coi principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Uniti” (art.1.6.). La Turchia è attivamente coinvolta in molteplici guerre in cui veste i panni dell’aggressore, di fatto si materializza anche il contrasto con il divieto all’esportazione o transito “verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione” (art.1.6.), ovvero il ripudio all’idea di guerra come strumento di offesa, invece modus operandi rinomato del governo Erdogan.
Divieto anche verso i Paesi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani: vedesi Rojava e l’utilizzo di armi chimiche.

Infine, anche se temporanee, le esportazioni “sono comunque vietate verso i Paesi di cui al comma 6 del presente articolo” (art.1.10.), ossia l’articolo 1 comma 6 che vieta la vendita/transito di armi provenienti da Stati in guerra ed in contrasto con la Carta ONU articolo 51.

Anche la  Direttiva dell’Autorità nazionale – UAMA n.11688 del 28.3.2017 viaggia in questo senso: nei  DIVIETI, lettera a), b), c) e d), viene rinsaldato quanto enunciato dalla Legge 185/1990: “contrasto alla Costituzione, paesi in guerra, obblighi internazionali, violazione delle convenzioni internazionali“.
In questo momento la nave Assos Seaways si sta dirigendo verso il mare greco e turco: il suo eventuale ritorno in Italia non può avvenire nel silenzio generale.

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Registriamo infine l’attracco di una terza nave turca, tipologia esattamente uguale alle precedenti: Ro-Ro e con cargo “Hazard A – Major”, ovvero “Pericolo A – Maggiore”. Nome imbarcazione: UN INSTANBUL. Itinerario: Patrasso, Tuzla, Ambarli, Patrasso ed attracco a Trieste avvenuto il 21/01/2019 alle ore 05:00.
La nave in questo momento è nuovamente in direzione di Patrasso, arrivo previsto per le 7 del 23 gennaio.
Chiediamo a gran voce spiegazioni per questo traffico di navi turche in acque italiane.

Pietro Giovanni Panico

Consulente legale specializzato in protezione internazionale ed expert prevenzione sfruttamento lavorativo. Freelance con inchieste sui MSNA, rotte migratorie, accordi illegittimi tra Paesi europei ed extra UE e traffici di armi.
Nel 2022 ho vinto il "Premio giornalistico nazionale Marco Toresini" con l'inchiesta "La guerra dei portuali genovesi contro le armi saudite".