Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

“Vogliamo tutti vivere al sicuro e in pace”. Intervista ad una ragazza nel campo di Moria

Campagna Lesvos calling, gennaio 2020

Photo credit: Massimo Sormonta (progetto SenzaConfini). Campo di Moria, Lesvos - dicembre 2019

Dal 3 all’8 gennaio siamo tornati sull’isola greca di Lesvos, nel campo di Moria.
Dopo il nostro primo viaggio conoscitivo dell’ottobre 2019, con alcune realtà associative e spazi sociali abbiamo deciso di lanciare Lesvos calling, una campagna solidale per la libertà di movimento.

Campo di Moria dall'alto nel settembre 2019 e nel gennaio 2020. Photo creit: Dimitris Tosidis
Campo di Moria dall’alto nel settembre 2019 e nel gennaio 2020. Photo creit: Dimitris Tosidis

Quello che abbiamo visto e denunciato a Lesvos e in alcuni viaggi sulla rotta balcanica ci ha spinto a rimetterci in cammino, perché l’essere sul campo permette di cogliere fino in fondo le profonde trasformazioni che stanno avvenendo.
Continueremo a monitorare quanto avviene e a raccontarlo attraverso i nostri canali di comunicazione, guardando all’Europa come orizzonte e spazio possibile nel quale agire per tessere sinergie e momenti di ricomposizione, ricercando come sempre alternative radicali, solidarietà concreta e creativa, lotte comuni per la libertà di movimento per tutti e tutte.

Il viaggio di gennaio era composto da una delegazione di 23 persone, soprattutto giovani, che aveva alcuni obiettivi: la consegna dei kit igienici per le donne, che abbiamo acquistato grazie al crowdfunding su Produzioni dal basso, e l’incontro con alcune delle tante associazioni e ONG che operano sull’isola per rafforzare queste relazioni.

Un viaggio che ci rimarrà dentro, un viaggio in cui quello che abbiamo ricevuto è molto di più di quello che abbiamo dato.

Vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno sostenuto con la propria donazione l’acquisto dei kit igienici. La raccolta fondi continua. Abbiamo bisogno ancora di voi.

Questa è l’intervista con una ragazza che abbiamo conosciuto a Moria.
Le riprese sono fatte in condizioni particolari, era rischioso per Zaafira* esporsi.
Alcuni contributi video che abbiamo inserito ci sono stati direttamente inviati dagli abitanti del campo.

Sara: Ciao
Zaafira: Ciao

S: Come ti chiami?
Z: (?)

S: Quanti anni hai?
Z: Ho 15 anni

S: Da dove vieni?
Z: Vengo dall’Afghanistan

S: E vivi a Moria…
Z: Ora sì

S: E da quanto sei qui?
Z: Un mese e mezzo

S: Un mese e mezzo… Quando hai lasciato l’Afghanistan?
Z: Più o meno 3 mesi fa

S: 3 mesi fa… Sei qui con la tua famiglia?
Z: Sì con la mia famiglia

S: Se ti va di raccontarci qualcosa, ti chiederei la ragione per cui avete lasciato l’Afghanistan e come hai raggiunto Moria, se ti va di rispondere.
Z: Siamo arrivati… finora abbiamo avuto molti problemi quotidiani, e siamo venuti dall’Afghanistan perché non era sicuro, esplosioni continue, tante persone ferite, quindi siamo giunti in Turchia, che chiamiamo Kachar (?). Non andava bene perché scappavamo di continuo dalla polizia, siamo arrivati qui con un gommone, era piccolo, di plastica.

S: Beh un viaggio molto tosto. Fai qualche attività?
Z: Sì, faccio la fila per il cibo, torno a casa a fare il bucato, canto ai miei fratellini e ai figli dei miei vicini. Quando incontro qualche straniero voglio aiutarlo come traduttrice.

S: Ti piace aiutare le persone?
Z: Sì mi rilassa, perché se non lavoro o non aiuto le persone mi deprimo. E qui è normale, cadere in depressione è normale, perché qui ogni notte qualcuno ferisce o uccide qualcun altro.

S: La situazione nel campo è molto…
Z: Brutta, davvero molto brutta.

S: Soprattutto per le donne.
Z: Per le donne e anche per i bambini, che non possono capire cosa succede.

S: Potresti descrivere le tue attività anche con All4Aid?
Z: Vicino a Moria c’è un centro in cui lavoro come volontaria, offriamo servizi solo per le donne, offriamo per esempio docce, lavanderia, cose così. Ci vado alle 8 e alle 3 finisco, poi svolgo le faccende di casa.

S: Aiuti la mamma, tua sorella…
Z: Mio papà è morto, perciò mia mamma ha bisogno di qualcuno a casa che la aiuti, perché mia sorella ha anche un’altra famiglia.

S: Sei la più grande in famiglia?
Z: Ho dei fratelli più grandi, ho 4 fratelli.

S: Se non ti va di parlarne non ti preoccupare.
Z: No, non è un problema.

S: Come mai è tutto più difficile e pericoloso per le donne e i bambini?
Z: Perché le donne e i bambini non possono lottare, non possono dire niente. Quando ci sono risse la gente usa coltelli e le donne non possono fare niente, vengono ferite o uccise, si ruba il cibo degli altri.

S: E le donne possono parlarsi in questo posto?
Z: Danno da fare qualcosa alle donne per tenerle occupate, come fare il tè e altre cose, e ai bambini danno i colori per farli pitturare, così si tengono occupati.

S: Quindi queste attività sono buone per evitare la depressione in cui si può cadere in questo campo. Bel lavoro davvero!
Z: Per esempio a Natale abbiamo dato alle donne le palline di Natale per scriverci o disegnarci sopra qualcosa, poi le abbiamo portate a disegnare alberi di Natale sui muri, cose così.

S: E fanno un po’ di tutto o c’è un tema specifico?
Z: Di tutto, per esempio se qualcuno è innamorato allora scrive il nome dell’amato, c’è chi scrive “ti voglio bene mamma” e disegna qualche fiore.

S: Che bello! Vivi nel campo ufficiale o nella jungle?
Z: Nella jungle

S: Ci sono ONG nella jungle che aiutano le persone?
Z: C’è qualche organizzazione che fotografa i problemi delle persone e crea annunci, per esempio danno alle persone dei ticket per i vestiti, aiutano le persone così.

S: Quindi la maggior parte di queste associazioni arriva, dà dei ticket alla gente e poi le persone…
Z: Vanno nel tal posto e prendono… coperte, scarpe… invitano magari delle persone a cena in qualche ristorante in città.

S: E a proposito dei litigi e della situazione di notte ma anche di giorno, cosa fa la polizia?
Z: Quando qualcuno si mette a litigare, come hai visto poco fa, li lasciano fare, poi qualcuno si ferisce, e arrivano solo alla fine della rissa. Si mettono appena un po’ distanti dalla rissa e restano a guardare senza intervenire. Se hai davvero un grande problema allora puoi andare dal medico, tipo se vieni ferito gravemente, nessuna ambulanza.

S: Quindi non c’è un pronto soccorso e l’ambulanza arriva solo se c’è un grande problema.
Z: Solo se qualcuno sta per morire allora arriva l’ambulanza.

Elena: C’è qualcos’altro che vorresti dire?
Z: Anche noi siamo umani e vogliamo tutti vivere al sicuro e in pace, nient’altro.
— 
* Nome di fantasia

#Lesvoscalling

Una campagna solidale per la libertà di movimento
Dopo il viaggio conoscitivo a ottobre 2019 a Lesvos e sulla Balkan route, per documentare e raccontare la drammatica situazione sull'isola hotspot greca e conoscere attivisti/e e volontari/e che si adoperano a sostegno delle persone migranti, è iniziata una campagna solidale lungo la rotta balcanica e le "isole confino" del mar Egeo.
Questa pagina raccoglie tutti gli articoli e il testo di promozione della campagna.
Contatti: [email protected]