Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Sarajevo attraversata sottotraccia

La campagna Lesvos calling lungo la rotta balcanica

24 febbraio 2020 – A Sarajevo se sei un migrante, la prima cosa che devi ricordarti è di non apparire come tale. Nella mattinata di oggi, nei pressi della stazione, la prima cosa che abbiamo notato sono i piccoli gruppi che abbandonano velocemente l’area, cercando di non lasciare traccia del loro arrivo in città. A differenza di Tuzla, non esiste alcun accampamento informale immediatamente visibile poiché qui sembra vigere una legge non scritta: o nascosto o nei campi ufficiali.
Girando per la città, anche nelle zone più turistiche, solo prestando attenzione si può notare la loro presenza, caratterizzata da piccoli dettagli: un sacco a pelo legato alla cintura e gli occhi puntati sulla mappa del telefono. Unica eccezione sono i migranti, spesso minorenni, che per qualche soldo vendono fazzoletti agli angoli delle strade in modo da poter continuare il loro viaggio o perlomeno garantirsi una sistemazione dignitosa per la notte.
Una condizione fortemente precaria, sempre potenzialmente sottoposta sia all’attacco delle autorità locali che delle organizzazioni criminali, come denuncia nel rapporto di gennaio di Border Violence Monitoring Network.

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Realtà locali e IOM

Dopo il colloquio con Nidzara Ahmetasevic (giornalista bosniaca specializzata in diritti umani, politica estera e fenomeni migratori) e alcuni attivisti di Fresh Response, abbiamo potuto constatare che non c’è alcun coordinamento tra le realtà organizzate che operano in città in supporto ai rifugiati; la loro composizione spazia da cittadini bosniaci, attivisti internazionali e membri di comunità religiose.
Nel campo della solidarietà risalta, seppur sottotraccia, la spinta spontanea dei singoli che spesso costituiscono la prima linea di appoggio per i migranti in difficoltà. È facile ipotizzare che questa particolare propensione derivi dal vissuto della popolazione bosniaca derivante dal conflitto del 1992-1995.
Questo sostegno autorganizzato e dal basso, ci è stato spiegato, risulta scomodo all’IOM che, tramite finanziamenti diretti alle associazioni locali, impone una serie di criteri di controllo con l’intento di centralizzare su di sé l’azione solidale nel territorio bosniaco.

I fondi internazionali che stanno giungendo in Bosnia non lasciano indifferente il neo-governo, che ha cominciato un’opera di propaganda atta a rappresentarsi come “stato forte” in grado di gestire, se opportunamente sovvenzionato, il fenomeno migratorio. 1.
Questi processi in atto sembrano essere il primo passo verso un possibile accordo dell’Unione europea con la Bosnia, sulla scorta dei vergognosi trattati stipulati in precedenza con la Turchia e la Libia.

  1. Al link https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2670706019815421&id=1429950277224341
    una delle ultime dichiarazioni del ministro dell’interno bosniaco

#Lesvoscalling

Una campagna solidale per la libertà di movimento
Dopo il viaggio conoscitivo a ottobre 2019 a Lesvos e sulla Balkan route, per documentare e raccontare la drammatica situazione sull'isola hotspot greca e conoscere attivisti/e e volontari/e che si adoperano a sostegno delle persone migranti, è iniziata una campagna solidale lungo la rotta balcanica e le "isole confino" del mar Egeo.
Questa pagina raccoglie tutti gli articoli e il testo di promozione della campagna.
Contatti: [email protected]