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Are You Syrious? Daily digest del 19 giugno 2020

Photo credit: EPA-EFE/Erdem Sahin (Balkan Insight)

L’inchiesta

Il ministro greco per le migrazioni ha annunciato che il programma per richiedenti asilo ESTIA (Emergency Support to Integration and Accommodation), finanziato dall’Unione Europea e gestito dall’UNHCR dal 2016, passerà sotto il controllo del ministero entro la fine dell’anno.

Ad ottobre 2019 l’UNHCR aveva creato 25.545 posti nell’ambito del sistema di accoglienza parte del programma ESTIA, distribuiti tra 4.475 appartamenti e 14 edifici, in 14 città e 7 isole in tutta la Grecia. Dal novembre 2015 più di 60.000 persone avevano potuto beneficiare del programma ESTIA, ora destinato a passare sotto il controllo del ministero greco.

Sebbene questa scelta sia stata difesa dal governo in quanto parte di uno sforzo per ridurre i costi e favorire la trasparenza, precedenti accuse di irregolarità nella gestione delle strutture di accoglienza per rifugiati metterebbero seriamente in discussione la scelta di centralizzare il controllo del programma ESTIA.

Come precedentemente segnalato da Are You Syrious, il mese scorso è stato scoperto che il neonominato direttore di un centro di accoglienza per rifugiati a Pygros ha stretti legami con gruppi nazisti e di estrema destra e ha in passato pubblicato un libro dal titolo: “Minareti: le parole dell’Islam in Europa”.

Quando interpellato sulla questione, il ministro per l’immigrazione e l’asilo si è astenuto dal rendere pubbliche le credenziali e le qualifiche che hanno garantito a questa persona il ruolo di responsabile di un centro di accoglienza per rifugiati, portando molti ad esprimere perplessità sul perché gli sia stato affidato un incarico di tale importanza.

Il giornale greco Efsyn suggerisce che, oltre alla scelta di responsabili di centri di accoglienza affiliati con partiti nazisti e di estrema destra, spesso i responsabili di strutture per i rifugiati hanno stretti legami con il partito di maggioranza Nuova Democrazia. Delle prime indagini di Efsyn hanno evidenziato come i responsabili di almeno sei grandi strutture di accoglienza per rifugiati avessero legami con il partito.

Oltre alle accuse legate alle discutibili scelte dei responsabili delle strutture di accoglienza per i rifugiati, il mese scorso il ministero greco per la migrazione è stato al centro di una polemica riguardante un cosiddetto “fondo nero” per pagamenti segreti. Il “fondo nero” è stato introdotto nel quadro della nuova legge sull’asilo, ma a causa della rabbia dell’opposizione è stato inserito solo alla fine del periodo di consultazione pubblica.

Balkan Insight riferisce che: “Mitarakis controllerà le spese del “fondo nero” con la supervisione di tre funzionari pubblici del suo stesso ministero. La documentazione verrà distrutta ogni sei mesi e, dopo una modifica alla proposta originale introdotta per placare le critiche, le informazioni su pagamenti superiori a 25.000 euro dovranno essere presentate a un comitato speciale del parlamento greco”.

In merito a questo “fondo nero”, Tasos Kostopoulos, ricercatore specializzato nella storia dei legami tra l’estrema destra e l’apparato statale, ha affermato: “Nel caso del ministero per la migrazione potrebbe esserci bisogno di maggiore flessibilità per poter gestire le emergenze, ma di certo non c’è bisogno di fondi segreti. Non c’è una giustificazione plausibile per la distruzione della documentazione e la poca trasparenza dimostrata indica che lo scopo di questa azione è interno, il che ne mette in discussione la democraticità”.

L’abilità di un qualsiasi ministero di distruggere ogni prova delle sue azioni, specialmente all’interno di un programma privo di una supervisione indipendente o imparziale, è motivo di forte preoccupazione. Ciò premesso, la giustificazione della riduzione dei costi e dell’incremento della trasparenza è a dir poco discutibile e quindi anche le motivazioni date dal governo per la presa di controllo del programma, che porterà ad un ampliamento delle sue attività correnti, dovrebbero senza dubbio essere messe in discussione. Nel caso in cui il programma venisse assorbito dal ministero sarebbe fondamentale un processo di selezione trasparente e la possibilità di un’appropriazione indebita dei fondi dovrebbe essere limitata da una supervisione indipendente e imparziale.

Croazia

Dopo anni di violenza, abusi e addirittura tortura da parte delle forze di polizia contro rifugiati e migranti, dettagliatamente documentati da membri della società civile, giovedì è stato annunciato che due ufficiali di polizia sono stati arrestati e verranno processati per aver picchiato dei richiedenti asilo afghani.

Successivamente all’annuncio del loro arresto sono stati avviati procedimenti disciplinari nei confronti dei due ufficiali, che sono stati licenziati e saranno detenuti per 30 giorni. Uno dei due ufficiali è sotto accusa per lesioni personali, l’altro per omessa denuncia di reato.

È fondamentale sottolineare che questo è il primo caso noto di arresto di un ufficiale di polizia croato collegato alle ripetute accuse di violenza contro migranti e rifugiati.

Questa settimana Amnesty International ha pubblicato una relazione che condanna il terrificante aumento di violazioni dei diritti umani perpetrate dalla polizia croata sul confine bosniaco, dopo l’emersione di prove che dimostrano che esponenti delle forze dell’ordine hanno legato 16 uomini afghani e pakistani a degli alberi per poi sfregiarli con dei coltelli, sottoporli a elettro-shock, minacciarli con armi da fuoco e infine spalmare del cibo sulle loro teste sanguinanti.

L’arresto dei due ufficiali di polizia rischia di essere causa di imbarazzo per il ministero degli interni croato, che è solito negare ogni accusa di violenza e abuso e spesso tenta di diffamare e denigrare qualsiasi organizzazione che documenta questi comportamenti. Analogamente, anche la Commissione europea è accusata di non voler riconoscere né affrontare le violazioni dei diritti umani da parte della polizia croata. All’inizio di questo mese, il Guardian ha riferito che documenti interni alla Commissione europea hanno rivelato che i funzionari di Bruxelles avevano il timore di ripercussioni nel caso in cui avessero deciso contro la piena trasparenza per quanto riguarda le informazioni sullo scarso interesse della Croazia per la creazione di un meccanismo di monitoraggio che, su precedente accordo dei ministri, sarebbe stato finanziato con fondi UE.

In una dichiarazione pubblica rilasciata venerdì, due Relatori speciali delle Nazioni Unite hanno affermato che la Croazia deve avviare un’indagine immediata sulle testimonianze di uso eccessivo della forza da parte di membri delle forze dell’ordine contro i migranti, tanto da arrivare talvolta alla tortura e al maltrattamento, e punire i responsabili.

Felipe González Morales. relatore speciale sui diritti umani dei migrant, e Nils Melzer, Relatore speciale sulla tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta: “siamo profondamente preoccupati per l’uso sproporzionato, ripetuto e continuo della forza nei confronti dei migranti da parte delle forze di polizia croate durante le operazioni di respingimento. Le vittime, tra cui anche bambini, hanno dovuto subire abusi fisici e umiliazioni semplicemente per via del loro status di migranti.

Melzer ha detto: “un trattamento tale sembra progettato appositamente per sottoporre i migranti a tortura e altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti proibiti dal diritto internazionale. La Croazia deve investigare tutte le testimonianze di casi di violenza contro i migranti, e chiamare i responsabili e i loro superiori a risponderne e a risarcire le vittime”.

Sebbene le relazioni evidenzino le azioni rivoltanti di alcuni membri della società croata, la recente campagna di raccolta fondi lanciata da Are You Syrious mette in luce il calore e la generosità fuori dal comune del resto di essa.

La raccolta fondi mirava a offrire sostegno alle famiglie di rifugiati in Croazia colpite dall’attuale crisi causata dal COVID e dal recente terremoto ed ha permesso di raccogliere HRK 181,531.96, per offrire aiuto a 60 famiglie. Alla campagna hanno preso parte 623 donatori, 90% dei quali croati.
Sulla vicenda Tajana Tadić ha detto: “[questa generosità] è un gesto di benvenuto che i cittadini, le organizzazioni e le imprese croate hanno voluto fare ai nostri nuovi vicini, e dopo le sfide immani che hanno dovuto affrontare non solo quest’anno, ma anche negli anni passati, può significare davvero molto per loro.

UE

Gruppi umanitari attivi in tutta Europa e nel Mediterraneo hanno accusato l’UE di contribuire ai respingimenti illegali di migranti e rifugiati verso una Libia in macerie.

Alarm Phone, Borderline-Europe, Mediterranean Saving Humans e Sea-Watch, in un documento congiunto, hanno affermato che “decine di migliaia” di migranti sono stati rimandati in Libia e privati della possibilità di raggiungere l’Europa perché gli aerei europei che sorvolano il Mediterraneo contattano spesso la guardia costiera libica quando individuano dei naufraghi in mare.

Nella loro relazione viene affermato che:
• Le unità aeree europee vengono dispiegate per identificare dall’alto navi con a bordo migranti e guidare la cosiddetta guardia costiera libica verso le imbarcazioni in fuga.
• La sorveglianza aerea ha portato alla cattura di decine di migliaia di persone e al loro rientro nelle zone di guerra libiche.
• Con la sorveglianza aerea e le attività coordinate nell’intercettazione dei migranti, gli attori dell’Unione europea hanno violato i loro obblighi riguardo le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) e facilitato le attività di intercettazione delle autorità libiche. Di conseguenza, gli attori dell’Unione europea sono complici delle sistematiche violazioni dei diritti umani.

Simili accuse riguardo la collaborazione dell’Unione europea nei respingimenti illegali sono state fatte anche dal Border Violence Monitoring Network, che ha raccolto le testimonianze di un gruppo di sette persone arrestate, picchiate e interrogate in una centrale di polizia a Bilisht prima di essere espulse verso la Grecia senza la possibilità di un giusto processo. Tali accuse, insieme alla recente inchiesta del Guardian che ipotizza un insabbiamento da parte della Commissione europea degli abusi dei diritti umani in Croazia, mettono in dubbio l’integrità dell’Unione nella gestione della cosiddetta “crisi dei rifugiati”.

La Commissione europea per i diritti umani ha pubblicato un comunicato in vista della giornata mondiale dei rifugiati appellandosi agli Stati membri del Consiglio d’Europa affinché rispettino i loro obblighi nei confronti dei rifugiati, ponendo fine ai respingimenti e alla violenza sui confini dei loro territori, e riconoscano la loro reciproca responsabilità nella mancata protezione dei rifugiati e dei loro diritti.

Si legge nel comunicato:
Il 20 giugno, la giornata mondiale dei rifugiati punterà i riflettori sulle difficoltà che i rifugiati devono sopportare. Rendo omaggio alla resilienza dei rifugiati e rinnovo il mio appello affinché vengano protetti e i loro diritti rispettati”, ha affermato oggi il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa in vista della giornata mondiale dei rifugiati. “Troppo spesso i rifugiati sono costretti a subire ulteriori sofferenze, deliberatamente inflitte da molti dei paesi cui si rivolgono in cerca di protezione, tra cui anche paesi europei. È un comportamento disumano cui bisogna porre fine.
I governi dovrebbero innanzitutto contrastare le più evidenti violazioni dei diritti dei rifugiati, di cui i respingimenti sono un esempio. Queste violazioni sono diventate la norma e vengono perpetrate con crescente violenza in tutta Europa. La pratica illegale del respingimento non solo priva coloro che cercano asilo della possibilità di ottenerlo, ma corrode le fondamenta della normativa internazionale sui diritti umani che tutela i rifugiati
“.

Il comunicato completo è consultabile ai seguenti link:
Pushbacks and border violence against refugees must end
Strasbourg Diminuer la taille du texte Augmenter la taille du texte Imprimer la page Imprimer en PDF “On 20 June, World…
www.coe.int

Spagna

In seguito alla sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo riguardo il caso di ND and NT contro la Spagna, Forensic Architecture e ECCHR hanno collaborato nella pubblicazione della loro ultima inchiesta. FA e ECCHR hanno utilizzato analisi spaziali, dati ufficiali del governo spagnolo, relazioni sui diritti umani e testimonianze dirette per scoprire se le procedure per l’ingresso legale presentate alla Corte dalla Spagna fossero effettivamente accessibili per i cittadini provenienti dall’Africa sub-sahariana.

La loro indagine dimostra che le affermazioni spagnole e le conclusioni della Corte, secondo cui i respingimenti non hanno violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sono entrambe false. La relazione dimostra che la sentenza della Corte, secondo la quale scavalcare le recinzioni alla frontiera rappresenta una “condotta colposa” e che si sarebbero invece dovute seguire le procedure di ingresso legali, è viziata, poiché i cittadini di colore provenienti dall’Africa sub-sahariana subiscono discriminazioni sistematiche al confine di Melilla.

La relazione di FA e ECCHR afferma che il caso di ND e NT mette in evidenza i meccanismi di razzismo strutturale radicato nelle politiche di gestione delle frontiere europee. Nella relazione si sostiene inoltre che la sentenza della Corte rappresenta un grave stravolgimento dei fatti e che non prende atto della realtà sulle frontiere europee.

La relazione completa e i video dell’inchiesta sono disponibili ai seguenti link:
Pushbacks In Melilla: Nd And Nt V. Spain
The case of ND and NT v. Spain was the first trial at the European Court of Human Rights to address pushbacks at…
forensic-architecture.org

Mare

Organizzazioni di ricerca e soccorso operanti in tutto il Mediterraneo hanno segnalato diverse operazioni di salvataggio avvenute nel corso delle ultime 48 ore. Alarm Phone ha inoltre segnalato imbarcazioni in panne attaccate e abbattute nelle acque vicino a Lesbo. Alarm Phone ha contattato la guardia costiera greca, ma le imbarcazioni sono poi state tratte in salvo dalla guardia costiera turca.

Marocco

La Marina marocchina ha affermato di aver salvato 100 migranti “dall’annegamento nel Mediterraneo”. Secondo le segnalazioni, i migranti stavano viaggiando su diverse imbarcazioni dirette in Spagna.

Secondo quanto riferito a MAP da una fonte militare, i migranti hanno ricevuto assistenza a bordo delle imbarcazioni della marina che li hanno poi condotti “in piena sicurezza al porto di Nador” nel nord est del Marocco.

Non è ancora chiaro se i gruppi di migranti in questione fossero effettivamente in pericolo o se invece siano stati recuperati dalla marina per evitare che raggiungessero l’Europa, considerando soprattutto che il Marocco riceve aiuti finanziari dall’Unione europea per impedire ai migranti di raggiungere il suolo europeo.

In passato Amnesty International aveva denunciato le illecite e “inesorabili azioni repressive contro migliaia di migranti e rifugiati provenienti dall’Africa sub-sahariana” perpetrate dalle autorità marocchine. Nel 2018, AI aveva segnalato che le forze di polizia marocchine insieme alla Gendarmeria reale e alle Forze ausiliarie avevano condotto delle irruzioni nei quartieri dove vivono migranti e rifugiati. Secondo le stime, 5000 persone sono state catturate durante i raid, per poi essere ammassate su dei bus e abbandonate in aree remote in prossimità del confine algerino o nel sud del paese.
Alla luce di queste accuse di violazione dei diritti umani, le interazioni tra le autorità marocchine e le comunità di rifugiati dovrebbero essere esaminate con attenzione.

Libia

Nel 2018 la giornalista Sara Creta ha incontrato per la prima volta James, sopravvissuto ad un naufragio nel Mediterraneo, a ferite da arma da fuoco e ad anni di torture e abusi in Libia. Lui è uno degli 81.000 migranti riportati in Nigeria dall’OIM, finanziata dalla Commissione europea.
Questa è la storia di James:
Per meglio comprendere i trattamenti che James ha probabilmente subito, MSF ha pubblicato un breve documentario che mette in mostra le condizioni di vita di circa 650 000 rifugiati e richiedenti asilo, come James, intrappolati in una Libia devastata dalla guerra. Queste persone vivono in condizioni precarie con accesso limitato ad assistenza medica e umanitaria.

Cipro

Più di 100 persone hanno preso parte alla manifestazione tenutasi a Nicosia venerdì in occasione della giornata mondiale dei rifugiati.

I manifestanti portavano striscioni e cartelli che recitavano: “solidarietà ai rifugiati” e “non riusciamo a respirare”.

La manifestazione è avvenuta nel contesto dell’imminente riforma delle politiche cipriote sull’immigrazione. La revisione costituzionale che dovrebbe essere approvata il mese prossimo farà sì che per fare ricorso dopo il diniego della domanda di protezione internazionale si avranno a disposizione non più 75, ma 15 giorni.

Tale modifica è stata giustificata come un tentativo di alleggerire l’accumulo di casi da analizzare e di ridurre i tempi di esame delle richieste di asilo. È stato inoltre segnalato che le domande di cittadini provenienti da 21 paesi considerati “sicuri” tra cui Egitto, Nigeria, Bosnia, Filippine e Vietnam verranno considerate “infondate” a meno che i richiedenti riescano a dimostrare che la loro vita sarebbe in pericolo in caso di ritorno nel paese di origine.

Bosnia-Erzegovina

La Lega internazionale delle donne per la pace e per la libertà (WILPF) ha rilasciato, in occasione della 44esima Sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, un comunicato scritto sulla Bosnia-Erzegovina riguardante le repressioni e le violenze contro i migranti.

Nel comunicato si legge:
Gran parte degli aiuti dell’UE alla Bosnia-Erzegovina sono arrivati tramite organizzazioni internazionali, prima fra tutte l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, che, di conseguenza, hanno preso il controllo dei campi. Come risultato, la responsabilità della tutela dei diritti umani di migranti e rifugiati è passata dallo Stato alle organizzazioni internazionali. L’assenza di un meccanismo che permettesse tale passaggio ha impedito agli attivisti di far rispondere l’OIM e altre organizzazioni internazionali della cattiva gestione dei campi, nonostante testimonianze dirette degli accolti nei campi, di giornalisti e di attivisti su condizioni di vita inadeguate, violenza, mancanza di cibo e strutture igieniche precarie.

Nel comunicato si legge inoltre che durante la diffusione del COVID-19 diversi gruppi di migranti in transito sono stati fermati dalla polizia e prelevati da case occupate, alloggi a pagamento e dalle strade per poi essere portati nei già sovraffollati campi di Ušivak e Blažuj, vicino a Sarajevo. Il lockdown assoluto imposto alle persone in transito non era in linea con le misure introdotte per il resto della popolazione e rappresenta pertanto un chiaro atto di discriminazione. […]

Dopo la revoca ufficiale di tutte le misure legate al COVID-19 le autorità bosniache non hanno revocato il divieto di spostamento. Le autorità del Cantone di Una-Sana hanno addirittura inasprito le misure repressive con una nuova serie di conclusioni della Task Force il 18 maggio 2020. Queste, tra l’altro, stabiliscono che le limitazioni agli spostamenti per i campi di Miral e Bira rimarranno in vigore; i proprietari di edifici abbandonati o residenziali hanno l’obbligo di difendere gli edifici, rendendo dunque impossibile trovare rifugio per le persone in transito. Inoltre, è proibito qualsiasi tipo di aiuto, come la donazione di cibo e di indumenti da parte di volontari nel Cantone di Una-Sana, criminalizzando di fatto la solidarietà senza alcuna base giuridica per farlo.

In sintesi, il comunicato presentato dalla Lega internazionale delle donne per la pace e per la libertà sollecita il governo bosniaco a riacquisire il controllo e la responsabilità della gestione delle migrazioni nel paese, assicurandosi che i diritti umani siano al centro di ogni azione. Nel comunicato si chiede inoltre di assicurare l’accesso a servizi legali e sanitari gratuiti dentro e fuori dai campi, di interrompere gli investimenti nella militarizzazione delle frontiere e nelle forze di polizia e dunque riorientare i fondi verso una gestione umanitaria delle migrazioni.

Il comunicato completo è disponibile a questo link