Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
//

Lampedusa – Porti aperti all’accoglienza, respingiamo il razzismo!

Una nota congiunta di CarovaneMigranti e Rete Antirazzista Catanese

Isola di Lampedusa, 1 agosto – Sulle coste di Lampedusa gli sbarchi sono giornalieri: prevalentemente barchini che arrivano dalla Tunisia ma anche barche con più persone a bordo che arrivano dalla Libia, percorrendo quasi 200 miglia nautiche. Un tratto pericoloso considerato che non si può contare su un soccorso marittimo: con il limite delle 12 miglia nautiche da non superare imposto alle navi italiane e l’assenza in mare dalle navi di salvataggio delle ONG, l’abbandono dei migranti e il rischio dei naufragi è molto più alto.

Un incremento delle partenze dalla Tunisia che sta mettendo in crisi la permanenza all’interno del centro hotspot di Contrada Imbriacola, inadeguato ad accogliere le tante persone in arrivo. Uomini, donne, bambini, MSNA e famiglie, tra cui anche persone disabili stanno approdando all’isola di Lampedusa nelle ultime settimane con vulnerabilità che necessiterebbe cure e attenzioni particolari. Storie familiari e individuali di migranti che dopo l’arrivo al molo Favarolo o al porto commerciale si riducono a numeri, volti invisibili.

Nell’invisibilità cadono infatti i migranti una volta toccata terra, ammassati nel centro hotspot che è al di sopra delle proprie possibilità strutturali: progettato per 96 persone, con una parte ancora in cantiere e con evidenti necessità di ristrutturazione, sta accogliendo dalle 700 alle 1.000 persone in condizioni di estrema precarietà e promiscuità. Più della metà dei migranti dorme nel cortile esterno e negli ultimi giorni, con il crescere delle presenze, molte persone appena giunte attraverso il Mediterraneo hanno dormito accampate al molo Favarolo, nel caldo cocente di queste ultime settimane.

Sebbene ufficialmente non sia possibile uscire dall’hotspot, i migranti riescono a farlo attraverso i buchi nella rete che delimita la struttura e raggiungono il centro del paese per fare la spesa autonomamente. Le persone con cui abbiamo parlato, tutti tunisini, riferiscono una condizione di vita nel centro al limite del tollerabile. Infatti nell’hotspot mancano i servizi essenziali: l’acqua è assente da giorni, il cibo è scadente e insufficiente, le condizioni igieniche – ancora più importanti in questi mesi di emergenza sanitaria – sono disastrose . Ai migranti non è fornita la mascherina, che spesso si procurano in autonomia.

I numeri ufficiali degli arrivi e delle ripartenze non sono resi noti e il monitoraggio di associazioni e giornalisti è ostacolato da questa grave mancanza, che rallenta anche il lavoro di medici e operatori dell’accoglienza.

Quasi ogni notte dal molo commerciale di Lampedusa si creano lunghe file di migranti: la Guardia Costiera e la Guardia organizzano imbarchi per trasferire le persone dall’hotspot di Lampedusa a Porto Empedocle in Sicilia. In questi viaggi, ci troviamo ad ascoltare voci di persone che sopravvissute alla disumanità del centro hotspot vengono poi condotte in CAS/CARA o altri centri detentivi in Italia.

È vergognoso l’allarmismo diffuso da troppi media, politici e locali sulla potenziale diffusione del covid-19 portata dai migranti di Lampedusa, che ignora il flusso ancor più consistente di turisti, che ogni giorno arrivano da varie regioni di Italia fortemente colpite da virus, i quali non sono sottoposti a quarantena od ad altre precauzioni. Pensiamo che siano istigazione all’odio razziale le dichiarazioni bipartisan di sindaci e rappresentanti dell’Ars, che pretendono che i migranti salvati dai frequenti naufragi non tocchino il suolo siciliano, provocando – non prevenendo – il contagio dei migranti in sovraffollati e disumani centri di detenzione, prevedibile conseguenza del progressivo smantellamento di buona parte del sistema di accoglienza a causa dei decreti (in)sicurezza. Intanto per difendere la “sicurezza” minacciata dai migranti, e senza badare a spese, si affittano a caro prezzo gigantesche navi per vergognosi HotSpot galleggianti.

Intanto, il Mediterraneo – ormai svuotato da navi di salvataggio e soccorso – continua ad essere scenario di violenza e morte. Pochi giorni fa nel silenzio assordante sono morti in mare 24 giovani tunisini partiti da Sfax in un naufragio che ha visto un solo sopravvissuto.

Infatti negli ultimi anni si sono dirottati i fondi pubblici nazionali ed europei in micidiali politiche di respingimento dei migranti nell’inferno libico, di boicottaggio e criminalizzazione dei preziosi salvataggi da parte delle ONG, di armamento e finanziamento delle bande criminali della cosiddetta Guardia Costiera libica. Un esempio recente è l’uccisione di tre migranti sudanesi colpiti a fuoco dalle milizie libiche mentre tentavano di scappare al termine di un’operazione di intercettazione in mare e riconduzione in Libia.

In questo scenario securitario sempre più rafforzato in nome della crisi covid e dell’emergenza, chiediamo che si metta fine alla ripetizione di prassi traumatiche e violente nei confronti dei migranti che sfidano le politiche di frontiera nel Mediterraneo, che si ripristini il soccorso in mare, che si aprano i porti e si finanzi il sistema di accoglienza invece che i dispositivi militari di Frontex, con le sue micidiali politiche di respingimento.

Chiediamo che da Lampedusa i migranti e le migranti vengano accolti in condizioni degne e poi trasferiti in spazi adatti all’accoglienza, quella vera, dove poter soddisfare i bisogni primari e avere la possibilità di esercitare in libertà i propri diritti.

La storia siciliana ce l’ha insegnato: Emigrare non è reato!