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Report completo. Espulsioni collettive documentate nel Mar Egeo: marzo – giugno 2020

Un rapporto del Legal Centre Lesvos - 13 luglio 2020 (traduzione integrale)

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In una foto scattata il 17 giugno 2020 dal Centro Legale di Lesbo, due navi greche circondano un’imbarcazione di migranti, che, come hanno confermato le coordinate GPS inviate ad Alarm Phone, si trovavano in acque territoriali greche. Per diverse ore l’imbarcazione è stata lasciata senza alcuna assistenza. La guardia costiera turca in seguito ha prelevato i passeggeri e li ha riportati in Turchia. Le espulsioni collettive effettuate in questo modo sono contrarie al diritto internazionale, violano il diritto alla vita, il diritto di essere liberi da trattamenti crudeli e degradanti e il diritto marittimo internazionale che obbliga il salvataggio in mare.
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Sommario
A. Chi siamo
B. Aumento nelle segnalazioni di espulsioni collettive
C. Tendenze che emergono dai nostri dati
D. Casi di studio
E. Analisi
F. Osservazioni conclusive
G. Riferimenti

A. Chi siamo

Il Centro Legale di Lesbo AMKE è un’organizzazione civile non profit registrata a Mitilene, in Grecia, e operativa da maggio 2019. Dal 2016 al 2019 il centro legale ha operato sotto il nome di “Centro legale di Lesbo”, un’organizzazione della società civile registrata nel Regno Unito presso la Prism the Gift Fund Charity. Forniamo supporto legale gratuito e individuale a richiedenti asilo, migranti e rifugiati e promuoviamo i diritti umani e un accesso equo ai percorsi migratori legali a Lesbo, in Grecia e su scala globale. Lavoriamo inoltre per documentare le violazioni dei diritti e per promuovere i diritti di migranti e rifugiati sull’isola greca di Lesbo e in ogni parte della Grecia.

B. Aumento nelle segnalazioni di espulsioni collettive

Il 1° marzo 2020 la Grecia ha sospeso il diritto di richiedere asilo e ha annunciato che avrebbe fortificato i suoi confini per impedire l’ingresso dei migranti provenienti dalla Turchia.

Se il diritto di chiedere asilo è stato tecnicamente ristabilito, dopo l’annuncio del primo marzo il Governo greco ha adottato varie misure, che vanno avanti ancora oggi violando i diritti umani dei migranti; queste pratiche comprendono la violenta fortificazione dei confini, un numero crescente di espulsioni collettive dalla Grecia alla Turchia e la sistematica violazione dei diritti umani di coloro che raggiungono la Grecia.

Mentre le segnalazioni di espulsioni collettive dalla Grecia alla Turchia non sono una novità 1, da marzo di quest’anno le autorità greche hanno adottato nuove tattiche per impedire l’ingresso ed eseguire il rimpatrio dei migranti, compresi coloro che hanno già raggiunto il territorio greco, sia via terra che via mare.

Oltre alla strategia già documentata in precedenza di abbandonare le barche di migranti in difficoltà, gommoni di salvataggio senza motore, originariamente concepiti per salvare vite, vengono utilizzati ora dalle autorità greche per compiere espulsioni nel Mar Egeo.

Recentemente il Centro Legale di Lesbo ha documentato casi di respingimenti effettuati utilizzando gommoni di salvataggio. In tutti i casi documentati le autorità greche hanno costretto i migranti su questi gommoni dopo averli intercettati in mare o dopo averli arrestati in seguito al loro sbarco in Grecia.

Le autorità greche hanno successivamente abbandonato queste imbarcazioni in mare 2, nelle acque dell’Egeo tra le Isole Greche e la Turchia, e migranti sono stati successivamente portati in salvo dalla Guardia costiera turca. Inoltre, il Centro Legale di Lesbo ha documentato casi in cui le imbarcazioni con le quali i migranti stavano tentando di attraversare l’Egeo sono state danneggiate dalle autorità greche e successivamente riutilizzate nel corso di un’espulsione.

Queste espulsioni collettive verso la Turchia devono essere considerate all’interno di un contesto più ampio; quello della continua mancanza di assistenza alle imbarcazioni in difficoltà da parte della guardia costiera greca, del maltrattamento di coloro che arrivano con successo sulle isole (compresa la detenzione arbitraria in condizioni disumane e degradanti 3), e della riduzione dei diritti dei migranti, come risulta dalle nuove normative sull’asilo entrate in vigore in gennaio e giugno 2020 4.

Nel complesso è evidente che il governo greco sta apertamente seguendo una politica di dissuasione e di violenta ostruzione contro gli sbarchi dei migranti, con poco riguardo per gli obblighi derivanti dal diritto internazionale, in particolare dal principio di non-respingimento, e ancor meno per le vite di chi cerca asilo. Quando tutto ciò diventa parte di una pratica sistematica e capillare, come documentato qui sotto, equivale ad un crimine contro l’umanità.

C. Tendenze che emergono dai nostri dati

Le espulsioni collettive nella regione del Mar Egeo non sono eventi isolati. Testimonianze dirette da parte dei sopravvissuti, condivise con il Centro Legale di Lesbo, dimostrano che si stanno verificando in maniera sistematica e hanno un chiaro modus operandi che viene seguito in varie zone dell’Egeo e delle isole dell’Egeo orientale.

Le informazioni raccolte dal Centro legale di Lesbo si basano sulle testimonianze di 30 sopravvissuti che hanno subito espulsioni collettive, e sulle testimonianze di 7 persone che sono state in contatto diretto con i sopravvissuti o sono state testimoni di respingimenti collettivi. Queste testimonianze sono state raccolte tra il 23 marzo e il 20 giugno 2020, direttamente dal Centro Legale di Lesbo.

In maniera più specifica, queste testimonianze riguardano 8 episodi di espulsioni collettive avvenuti tra il 5 marzo e il 19 giugno 2020 nei pressi delle coste di Samos, Chios, Lesbo e Symi. Ogni persona ha riportato informazioni o testimonianze che sono state confermate dai racconti di altri o da prove multimediali (foto, video e posizioni GPS), e che erano coerenti con le pratiche riscontrate in altre espulsioni collettive, documentate dal Centro Legale di Lesbo o riportate in molteplici report dei media e della società civile nei mesi scorsi 5.

Molte vittime degli episodi descritti hanno subito svariate espulsioni collettive dalla Grecia, sia via terra (dalla regione di Evros) che in mare.

Le circostanze nelle quali le espulsioni collettive vengono effettuate dalle autorità differiscono in termini di attori e spazi coinvolti a seconda che i migranti vengano intercettati in mare o dopo che sono già arrivati su un’isola greca.

Ciononostante, sono state identificate pratiche ricorrenti come descritto qui di seguito:
• In mare gli agenti di polizia minacciano e danneggiano le imbarcazioni di migranti in arrivo o rifiutano di assisterle per un periodo di tempo prolungato; i sopravvissuti di due espulsioni collettive hanno riferito che il motore o il serbatoio di gasolio della loro imbarcazione era stato danneggiato o rimosso dalle autorità greche.
• Sulla terraferma gli agenti trasferiscono i migranti in un luogo di detenzione ufficioso prima di portare avanti le espulsioni collettive in mare;

Nel corso di ogni espulsione collettiva documentata dal Centro Legale di Lesbo in seguito ad uno sbarco, i sopravvissuti sono stati arrestati dalla polizia greca e portati in un centro di detenzione ufficioso. In un episodio le autorità greche hanno detenuto i migranti all’esterno, senza un riparo, in un porto; in altri due casi gli agenti greci hanno detenuto i migranti in magazzini nei pressi di un porto. Il periodo di detenzione varia: nel primo caso i migranti sono stati detenuti per varie ore, nel secondo sono stati detenuti per due giorni. In almeno uno dei due giorni di detenzione, gli agenti non hanno fornito cibo o acqua ai detenuti.

• La polizia greca trasferisce i migranti a bordo della sua nave, assicurando che saranno poi trasferiti all’interno del territorio greco.

Nel corso di tre espulsioni collettive in mare e di due espulsioni avvenute a seguito di uno sbarco, i sopravvissuti sono saliti a bordo dell’imbarcazione della polizia sulla base della falsa informazione secondo la quale sarebbero stati trasferiti all’interno del territorio greco.
◦ in un’espulsione in mare un sopravvissuto ha detto al Centro Legale di Lesbo: “noi abbiamo chiesto [agli agenti], dove ci state portando, e ci hanno detto, al porto”;
◦ in un’espulsione in mare il familiare di un sopravvissuto ha informato il Centro Legale di Lesbo che gli agenti hanno detto in inglese ai migranti: “se volete venire in Grecia salite sulla grande nave [l’imbarcazione della polizia]”.
◦ Il sopravvissuto ad un’espulsione, in seguito ad uno sbarco, ha riferito al Centro Legale di Lesbo che un membro del loro gruppo ha chiesto agli agenti, in inglese, dove sarebbero stati portati e se sarebbero stati portati ad Atene. Hanno risposto di sì”.

A bordo della nave la polizia ha:
◦ usato violenza nei confronti dei migranti: i sopravvissuti a tre espulsioni collettive in cui i migranti sono stati intercettati in mare e a due espulsioni collettive seguite ad uno sbarco hanno riferito di essere stati picchiati dopo essere saliti a bordo della navi greche e/o di essere stati picchiati prima di essere gettati sui gommoni di salvataggio, e
◦ ha ordinato loro di sedersi, a capo chino, con la minaccia di essere colpiti in volto con un manganello se avessero alzato la testa. In due respingimenti collettivi in mare (prima di sbarcare) e in un’espulsione seguita ad uno sbarco, le autorità greche hanno ordinato ai sopravvissuti di sedersi a capo chino. Le autorità hanno detto loro che se avessero alzato la testa li avrebbero colpiti al volto con i manganelli. I sopravvissuti ad un’espulsione collettiva in seguito ad uno sbarco hanno riferito la stessa cosa.

• Le autorità greche sottraggono ai migranti i loro averi, inclusi telefoni cellulari, carte di identità, documenti, soldi e beni personali 6

Gli agenti hanno confiscato beni ai sopravvissuti nel corso di tre espulsioni collettive in seguito ad uno sbarco. I telefoni cellulari sono stati loro sottratti prima delle espulsioni, isolando i detenuti e privandoli della possibilità di documentare la loro detenzione (e la seguente espulsione) o di contattare organizzazioni di supporto legale.

Nel corso di un’espulsione collettiva, i beni dei migranti sono stati confiscati al momento del loro arresto e le ripetute richieste di aver accesso ai farmaci di una persona mutilata e di un bambino sono state negate. I sopravvissuti ad altre due espulsioni collettive in mare hanno riferito che i loro telefoni cellulari e i loro beni personali, inclusi i documenti di identità e importanti somme di denaro, sono stati confiscati dopo il trasferimento sull’imbarcazione greca.

• Le autorità greche non registrano l’arrivo dei migranti né forniscono ai migranti informazioni o eventuali opportunità di registrare una domanda d’asilo;
In due delle espulsioni collettive documentate sulla terraferma, le autorità greche non hanno registrato l’arrivo e/o la detenzione delle persone, precludendogli di fatto qualsiasi opportunità di contestare legalmente la detenzione o la successiva espulsione. Le autorità greche non hanno fornito alcuna informazione riguardante l’accesso alla procedura d’asilo, vanificando la possibilità di registrare possibili richieste. Non è stato fornito nessun interprete, privando i migranti di qualsiasi informazione che avrebbero potuto capire. Analogamente, nei cinque episodi di espulsioni collettive avvenuti a seguito di intercettazioni in mare, ai migranti è stata rifiutata la possibilità di richiedere asilo e sono stati negati loro degli interpreti.

• Le autorità greche hanno maltrattato fisicamente e verbalmente i migranti e li hanno poi gettati dalla loro nave, da un’altezza di circa 3m, su un gommone di salvataggio senza motore o sulle loro imbarcazioni precedentemente danneggiate ed ora private del motore;
I sopravvissuti a tre espulsioni collettive, due in seguito ad uno sbarco in Grecia e uno in mare, hanno riferito che le autorità greche li hanno gettati dal ponte di un’imbarcazione greca, da un’altezza di circa 3m verso una barca già danneggiata che si trovava sotto. In due respingimenti collettivi dopo uno sbarco, i sopravvissuti hanno riferito che le autorità greche, che indossavano passamontagna o altre maschere, hanno colpito gli individui (a mani nude o con manganelli), spinto e urlato contro i migranti, prima di gettarli dal ponte. Tra questi, vi erano donne, bambini, disabili e malati.

• Le autorità greche trascinano l’imbarcazione o il gommone danneggiato in mare aperto, a meno che non lo sia già, e in tal caso lo lasciano alla deriva.
I sopravvissuti ad almeno un’espulsione collettiva in mare sono stati trascinati in mare aperto dalle autorità greche su gommoni di salvataggio, attaccati alla nave delle autorità. In ogni espulsione collettiva documentata dopo uno sbarco i sopravvissuti sono stati trasferiti in mare aperto, dove sono stati costretti su gommoni di salvataggio senza motore o, in un caso, sul gommone con il quale sono arrivati in origine.

• Le autorità greche se ne vanno, lasciando i migranti alla deriva in mare aperto su imbarcazioni senza motore o su gommoni danneggiati.
I sopravvissuti di ogni espulsione collettiva documentata dal Centro Legale di Lesbo sono stati lasciati alla deriva, a bordo di gommoni danneggiati o di imbarcazioni senza motore. Sono stati tutti successivamente salvati dalla Guardia Costiera Turca.

A. Casi studio

I seguenti casi studio riguardano sopravvissuti a respingimenti collettivi che hanno autorizzato il Centro Legale di Lesbo a rappresentarli. Tutta la documentazione e i video qui riportati sono stati mandati direttamente dai diretti interessati o da altre persone oggetto della medesima espulsione collettiva.

Caso studio 1 – 23 marzo 2020 – espulsione collettiva dall’isola di Simi
Il 21 marzo 2020 verso le 4.30 del mattino, un gruppo di 31 persone di origine siriana, che comprendeva 19 adulti (tra cui 16 uomini e 3 donne) e 12 bambini (inclusi due minori non accompagnati) è partito dalla regione di Marmaris in Turchia a bordo di un gommone con un piccolo motore per raggiungere la Grecia. Verso le 6 del mattino il gruppo è arrivato sull’isola greca di Simi. Di queste 31 persone, 27 hanno parenti beneficiari di protezione internazionale o in attesa dell’esito della loro richiesta d’asilo in altri Paesi europei. Almeno 2 avevano intenzione di fare richiesta di ricongiungimento familiare per raggiungere i familiari in Europa.
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Immagine 1. Screenshot delle coordinate GPS °37’08.7″N27°52’05.0″E (Symi,Greece)

Il gruppo ha camminato per molte ore tra le colline e lungo le strade di Symi per entrare in contatto con le autorità ed avanzare le loro richieste d’asilo. Verso le 12.30, i migranti si sono seduti sul ciglio della strada per riposare, hanno scattato delle foto e inviato ad un amico la loro posizione GPS, (36°37’08.7”N 27°52’05-0”E), che confermava che avevano raggiunto la Baia di Pedi a Simi.
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Immagine 2. Foto del 21 marzo 2020 che mostra il gruppo di fronte alla baia di Pedi, Symi. Immagini 3 e 4. Foto del gruppo in attesa lungo una strada a Symi.

Più tardi, alcuni ufficiali di polizia greca hanno scortato il gruppo verso un porto vicino. Il gruppo è stato detenuto in questo luogo di detenzione non ufficiale per due giorni e due notti sotto sorveglianza 24 ore su 24. Molti beni personali dei sopravvissuti sono stati confiscati, inclusi telefoni cellulari, passaporti e documenti di identità, ingenti somme di denaro e farmaci. I sopravvissuti hanno testimoniato che la polizia è stata verbalmente aggressiva e offensiva nei loro confronti, che non hanno ricevuto né cibo né acqua e che non hanno avuto accesso né ai bagni né ai servizi igienici.

Il 23 marzo 2020 una grande nave militare grigia ha prelevato il gruppo.
I sopravvissuti hanno spiegato che le autorità a bordo indossavano uniformi mediche protettive bianche con il cappuccio, mascherine nere che coprivano loro il viso, maschere anti COVID-19 e armi, tra cui pistole, fissate con una cinghia alle gambe. Il gruppo credeva di essere trasportato ad Atene, dove gli sarebbe stato concesso di richiedere asilo.

Al gruppo è stato detto di sedersi per terra a testa bassa. La nave militare ha lasciato l’isola di Symi nel primo pomeriggio e ha navigato per circa un’ora e mezza. Si è poi fermata in mezzo al mare, i sopravvissuti sono stati fatti alzare e sono stati poi portati uno per uno nella parte posteriore della nave.

Gli ufficiali urlavano contro il gruppo e hanno usato i manganelli per incitare le persone e costringerle, una ad una, a salire su una scialuppa gonfiabile arancione larga 3mx3, senza motore. Come si evince dalle foto scattate con il cellulare da uno dei sopravvissuti a bordo della scialuppa di salvataggio, le autorità hanno fornito giubbotti di salvataggio ai bambini e ad una persona disabile. Sono andati alla deriva a bordo della scialuppa di salvataggio per circa due ore.

All’arrivo della Guardia costiera turca le vittime del respingimento sono state trasferite su una barca di maggiori dimensioni e condotte nel porto della città turca di Datça, a circa 20 km da Simi, come è stato confermato dalla mappa dei loro telefoni. Dopo aver costretto il gruppo per una notte nel porto di Datça, le autorità turche lo hanno trattenuto a Malatya.

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Immagine 5. Screenshot di un video ripreso da uno dei sopravvissuti a bordo della scialuppa di salvataggio. 23 marzo 2020

Caso studio 2. 13 maggio 2020. Espulsioni collettive dall’isola di Samos
Il 13 maggio 2020, circa 30 persone, compresi 11 bambini e 4 donne hanno viaggiato dalla Turchia alla Grecia a bordo di un gommone. Mentre il gommone si stava avvicinando all’isola di Samos, è stato intercettato dalla guardia costiera greca, che lo ha danneggiato con un’asta di ferro. La Guardia costiera greca ha obbligato i passeggeri a salire su due scialuppe di salvataggio senza motore e ha rubato loro telefoni e soldi. Un sopravvissuto è stato in grado di nascondere il cellulare ed evitare il furto.
Le scialuppe di salvataggio sono poi state trascinate con una corda in mare aperto tra la Turchia e l’isola di Samos dalla Guardia costiera greca, dove sono state lasciate. I migranti sono stati soccorsi dalla Guardia costiera turca e sottoposti a fermo in condizioni di sovraffollamento con cibo, acqua e cure mediche inadeguate. Dopo 18 giorni sono stati liberati.
Le prove di questa espulsione collettiva includono la testimonianza personale di due sopravvissuti, una posizione GPS inviata quando il gommone si stava avvicinando a Samos, prove fotografiche e video, e la conferma da parte della Guardia costiera turca del salvataggio di 30 persone con due scialuppe di salvataggio al largo delle coste del distretto di Izmir Menderes / Özdere il 13 maggio 2020.

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Immagine 6. Screenshot della posizione GPS inviata da un sopravvissuto quando il gommone si stava avvicinando all’isola di Samos il 13 maggio 2020

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Immagini 7 e 8. Screenshot di un video del 13 maggio 2020 che mostra le scialuppe di salvataggio trascinate dalla Guardia costiera greca. (Tutti i video sono disponibili)

Caso studio 3. 19 giugno 2020. Espulsioni collettive dall’isola di Lesbo
Un gruppo di circa 35 persone, tra cui almeno 4 bambini e 4 donne, di nazionalità somala, palestinese e siriana, stava viaggiando a bordo di un gommone partito dalla Grecia intorno alla mezzanotte del 19 giugno 2020 e diretto verso la Turchia.
Secondo le testimonianze di un sopravvissuto, all’alba del 19 giugno, la scialuppa si trovava a circa 50 m dalla costa dell’isola di Lesbo, quando i sopravvissuti sono stati intercettati dalla Guardia costiera greca. Sono stati trascinati dalla Guardia costiera greca in mare aperto nel Mare egeo del Nord tra l’Isola di Lesbo e la Turchia, e sono stati lasciati là.
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Immagini 9 e 10. Screenshot di un video del 19 giugno 2020 che mostra rispettivamente l’isola di Lesbo dietro il gommone e la guardia costiera greca che trascina il gommone

Dopo circa 4 ore, i migranti sono stati salvati dalla Guardia costiera turca e portati in Turchia. Oltre alle due testimonianze personali dei sopravvissuti, le prove includono foto, video e un report della Guardia costiera turca a conferma del salvataggio di 36 persone che si trovavano su un’imbarcazione gonfiabile alle 10.50 del 19 giugno 2020, al largo della costa di Izmir/Foça.

Estratto della testimonianza di un sopravvissuto che descrive il video, tradotto dall’arabo: “Questo video è di oggi, quando siamo arrivati a Mitilene di mattina. Ieri, intorno a mezzanotte, abbiamo lasciato la Turchia e siamo arrivati questa mattina. Eravamo quasi arrivati sull’isola, ci trovavamo a soltanto 50 m di distanza, ed ecco che i Greci sono arrivati e ci hanno portati via. Ci hanno portato in mezzo al mare e poi se ne sono andati. Abbiamo chiesto loro – dove ci state portando – e hanno detto, al porto. Ci hanno trascinato in mare e poi se ne sono andati. E poi è arrivata la Guardia costiera turca e ci ha preso”.

B. Analisi

Le espulsioni collettive sopra-menzionate, o le c.d. “pratiche di pushback”, costituiscono delle eclatanti violazioni degli obblighi internazionali fondamentali della Grecia e rappresentano un crimine contro l’umanità ai sensi degli articoli 7 (I) (d) e 7 (I) (k) dello Statuto di Roma del 1998 della Corte Penale Internazionale, che condannano la “deportazione o il trasferimento forzato della popolazione” e “atti disumani che causano una grave sofferenza o serie lesioni alla salute fisica o mentale”, quando vengono attuati come parte di una violenza diffusa o sistematica.

Abbandonare le persone in mare su imbarcazioni senza motore non costituisce soltanto un diniego di assistenza a persone in pericolo, ma equivale anche a mettere deliberatamente in grave pericolo le vite delle persone e rappresenta quindi una violazione del diritto alla vita ex art. 2 CEDU [[Makaratzis v. Greece [GC], no. 50385/99, §§ 49-55, ECHR 2004-XI; Soare e altri v. Romania, no. 24329/02, §§ 107111, ECHR 2011; Trévalec v. Belgium, no. 30812/07, §§ 55-61, ECHR 2011.]]. Contravviene inoltre al dovere di ogni stato di fornire un servizio di ricerca e soccorso in mare “adeguato ed effettivo”, a prescindere dal fatto che le barche in difficoltà si trovino nelle acque territoriali di uno Stato, in conformità con quanto stabilito da tre Convenzioni marittime/di diritto internazionale marittimo 7. Il salvataggio deve essere effettuato indipendentemente dalla nazionalità o dallo status della persona in pericolo o delle “circostanze nelle quali questa persona viene trovata8.

Queste espulsioni collettive violano inoltre l’assoluto divieto di esporre al rischio di tortura, trattamenti inumani o degradanti qualsiasi persona all’interno del territorio greco, indipendentemente dallo status di soggiorno, e questo conformemente all’art. 3 CEDU.

(a) Durante la loro detenzione sul territorio greco, i sopravvissuti ad almeno una delle espulsioni collettive descritte qui sopra hanno fornito dettagli sufficienti e prove materiali per concludere che – come in casi simili giudicati dalla CEDU – essi sono stati soggetti ad “angoscia o difficoltà di un’intensità tali da eccedere ogni inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione9 quando sono stati detenuti in siti non ufficiali dopo essere arrivati in Grecia, senza avere accesso a cibo, acqua, lenzuola, riparo, servizi igienici, cure mediche, e senza alcuna informazione sulle cause o la durata della loro detenzione, ed sono stati soggetti a violenza da parte delle autorità greche e alla confisca dei loro beni e documenti di identità. Dovrebbe essere evidenziato che nel gruppo detenuto vi erano anche dei minori: ciò costituisce una grave violazione dell’art. 3 CEDU, vista l’innata “estrema vulnerabilità” del minore 10.

(b) Le testimonianze dei sopravvissuti mostrano inoltre come la violenza fisica e i modi violenti e degradanti usati dalle autorità durante le espulsioni siano da considerarsi come trattamenti disumani e degradanti nel significato espresso dall’art. 3 CEDU.

Per esempio, in uno dei casi documentati, una volta imposto ai migranti di salire a bordo della scialuppa delle autorità, i sopravvissuti sono stati portati uno ad uno da individui mascherati lontano dalla vista degli altri, che potevano soltanto sentirli gridare, prima di essere gettati su una scialuppa nel mezzo dell’Egeo. Questo, oltre al fatto che ai sopravvissuti non è stata fornita alcuna informazione sul loro destino e che sono stati derisi dalle autorità greche che fornivano loro, intenzionalmente, informazioni false riguardo alla loro destinazione, così da creare un sentimento di “paura, angoscia e inferiorità”, costituisce una violenza mentale di una natura particolarmente seria e crudele 11.

(c) Dopo essere stati collettivamente espulsi dalla Turchia, i sopravvissuti sono stati detenuti in condizioni che violano l’art. 3 CEDU e sono stati trattenuti fino a sessantacinque giorni. In alcuni dei casi sopra citati, le vittime sono state stipate in carceri sovraffollate, senza accesso a cibo, acqua, servizi igienici, cure mediche e assistenza legale adeguati. Le famiglie sono state separate. I sopravvissuti hanno subito violenza e isolamento. Ai sopravvissuti venivano negate informazioni sul perché e per quanto tempo sarebbero rimasti in prigione.

L’art. 3 CEDU vieta l’espulsione verso paesi dove gli individui potrebbero incorrere in violazioni dell’articolo 3. Conformemente a questo principio, gli Stati hanno l’obbligo di valutare potenziali maltrattamenti che i migranti potrebbero subire se riportati in un altro Stato, attraverso “una valutazione indipendente e rigorosa”, anche se tale paese è considerato un “paese terzo sicuro” [[Hirsi Jamaa e altri contro Italia [GC], n. 27765/09, § 198, CEDU 2012; Shamayev e altri contro Georgia e Russia, no. 36378/02, § 448, CEDU 2005-III]]. Ci si può ragionevolmente aspettare che le autorità greche conoscano le condizioni misere dei centri di detenzione turchi e che sappiano che coloro che vengono arrestati in mare dalla Guardia costiera turca sono sistematicamente detenuti in condizioni crudeli e degradanti 12.

Infine, le espulsioni collettive riportate violano il principio di non-respingimento, sancito, inter alia, all’art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo Status dei rifugiati, e il diritto d’accesso all’asilo previsto dall’art. 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Nelle espulsioni collettive documentate, i sopravvissuti non hanno avuto, in nessun momento, l’opportunità di presentare la loro richiesta d’asilo né di ricongiungimento familiare in un altro paese europeo e non gli sono state fornite informazioni dalle autorità greche. Non hanno mai avuto accesso al supporto legale, a una qualsiasi informazione e a un rappresentante legale.

L’art. 3 della CEDU proibisce inoltre il “respingimento indiretto”, che significa l’espulsione in uno Stato dove i richiedenti asilo potrebbero trovarsi ad affrontare una deportazione senza un’adeguata valutazione della loro richiesta [[M.S.S. contro Belgio e Grecia [GC], n. 30696/09, § 192, § 286, § 321, CEDU 2011]].

Secondo la legge in vigore in Turchia 13, le persone che vengono colte a violare la legge federale turca (come i migranti che hanno viaggiato irregolarmente in Grecia) sono a rischio respingimento nei loro paesi di origine.

Secondo il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati, queste disposizioni di legge permettono la “deportazione illegale di richiedenti asilo, beneficiari di protezione internazionale e di beneficiari di protezione temporanea […] per i motivi sopra citati che rimangono ampiamente vaghi e potrebbero essere interpretate estensivamente14.

Altre fonti hanno manifestato una preoccupazione simile per quanto riguarda le disposizioni di legge menzionate pocanzi, che potrebbero portare a “decisioni arbitrarie15.

In pratica, casi di deportazione dalla Turchia sono già cresciuti nel 2018, inclusi episodi nei confronti di persone che hanno risieduto a lungo in Turchia 16. Ad esempio, deportazioni illegali di Siriani in Turchia e violazioni del principio di non-respingimento sono ben documentate e sono state riportate da un ampio numero di fonti nel periodo 2018-2019; tra tutte: Norsk Organisasjon for Asylokere, Human Rights Watch e Amnesty International 17

A. Note conclusive

Anche se le espulsioni collettive di migranti e rifugiati non sono una novità in Grecia, nel corso degli ultimi mesi è emerso un chiaro schema di crescente e disinibito ricorso da parte delle autorità greche a respingimenti illegali nel mar Egeo, e questo in aperta violazione degli obblighi internazionali della Grecia. Le prove e le testimonianze cui è stato fatto riferimento nel presente report costituiscono soltanto un esempio delle pratiche illegali che avvengono alla luce del sole. Mentre gli organi di stampa nazionali e internazionali, come anche le organizzazioni non governative e altri attori della società civile, stanno pubblicamente denunciando queste prassi, l’impunità dello stato greco nei confronti dei suoi obblighi internazionali rimane.

Questa impunità è il risultato di svariati fattori, non ultimo il fatto che la maggior parte dei sopravvissuti ad espulsioni collettive “sparisce” in Turchia – detenuti, privati dei telefoni cellulari o da parte delle autorità greche o da parte di quelle turche, e senza accesso ad un supporto legale. Inoltre, non si trovano più in una posizione tale da poter accedere a tutele legali in Grecia o in altri paesi europei per ottenere riparazione per le violazioni dei loro diritti.

Lo status quo è inoltre mantenuto a causa del diniego sistematico e continuo di tutte le accuse di espulsioni collettive perpetrate dallo Stato greco, e all’evidente insuccesso da parte delle istituzioni nazionali ed europee (che sono responsabili del monitoraggio delle attività della Grecia ai confini dell’Unione europea) nel condannare e poi indagare episodi di questo tipo. Infine, il fatto che le espulsioni collettive stiano avvenendo soprattutto in mare, a bordo delle imbarcazioni appartenenti alle autorità greche, e/o a terra in luoghi di detenzione non ufficiali, rende particolarmente complicato il monitoraggio di tali atti illegali.

Le inchieste, basate su numerosi report e prove multimediali già disponibili, dovrebbero iniziare urgentemente. Delle misure devono essere prese immediatamente per fermare le espulsioni collettive perpetrate dallo Stato greco, al fine di proteggere e rispettare i diritti umani di tutti coloro che si trovano sotto la giurisdizione greca, sia in mare che sulla terraferma, e per porre rimedio alle violazioni dei diritti delle persone sopravvissute a queste espulsioni collettive.

Le espulsioni collettive sono contrarie agli obblighi internazionali della Grecia e violano i diritti umani e i diritti fondamentali dei sopravvissuti, incluso il diritto alla vita e i divieti di tortura e respingimento. Le espulsioni collettive dovrebbero indubbiamente essere condannate, nella maniera più decisa possibile; tuttavia, questo non è sufficiente: è soltanto attraverso l’immediata cessazione di tali pratiche illegali che la proibizione dei diritti umani e l’accesso all’asilo potrà essere ripristinato ai confini esterni dell’Unione europea.

  1. Vedi ad esempio, Amnesty International (AI), Grecia: Frontiera Europa: Abusi sui diritti umani al confine tra Grecia e Turchia, 9 luglio 2013, disponibile qui; Human Rights Watch (HRW), Grecia: Attacchi alle imbarcazioni mettono a rischio la vita dei migranti, 22 ottobre 2015, disponibile qui; Consiglio greco per i rifugiati (GCR), ARSIS e HumanRights360, La nuova normalità: respingimenti continui di cittadini di paesi terzi sul fiume Evros, dicembre 2018, disponibile qui:
  2. Si veda, ad esempio, un’imbarcazione di migranti a cui il 1° marzo è stata negata l’assistenza per almeno 13 ore in seguito alla notifica della Guardia Costiera ellenica (Alarm Phone, Violenza in aumento nel Mar Egeo 4 aprile 2020, disponibile qui) e una barca di migranti il 12 giugno a cui è stata negata l’assistenza per almeno 15 ore (Mare Liberum, 16 giugno 2020)
  3. Si veda, ad esempio, la detenzione prolungata di migranti su autobus pubblici e una nave militare nel porto di Mytilene, senza accesso alle docce per tre settimane (Legal Center Lesvos, No Man’s Land for Europe’s Undesirables, 13 marzo 2020, disponibile qui; la detenzione di migranti in siti lungo le strade nel nord di Lesbo, senza riparo o accesso a strutture igieniche (si veda, ad esempio , Greek City Times, imbarcazione con trentanove migranti arriva a Lesbo, 2 aprile 2020, disponibile qui) ; e la detenzione deliberata di migranti sugli autobus pubblici nel porto di Mitilene invece che in edifici preparati come quarantena per gli arrivi durante il COVID-19 (Centro legale Lesbo, ostilità verso i migranti e coloro che lavorano per sostenerli continua come politica statale a Lesbo, 27 Maggio 2020)
  4. Centro legale di Lesbo, gennaio 2020, Report su violazione dei diritti e resistenze a Lesbo, 22 gennaio 2020
  5. Si vedano ad esempio, i rapporti delle organizzazioni della società civile Alarm Phone (su Twitter, https://twitter.com/alarm_phone, e sul loro sito Web, ad esempio Alarm Phone, PushBack: la nuova vecchia routine nel Mar Egeo, 14 maggio 2020, disponibile qui), Mare Liberum (come Mare Liberum, nuove strategie di pushback – Come la guardia costiera greca lascia i rifugiati in zattere di salvataggio in mare, 18 giugno 2020, disponibile qui) e Aegean Boat Report (come il loro post su Facebook del 22 giugno 2020, disponibile qui). Vedi ulteriori rapporti di affiliati, come Just Security (Niamh Keady-Tabbal e Itamar Mann, Tende in mare: Come gli agenti greci usano le attrezzature di salvataggio per le deportazioni illegali, Just Security, 22 maggio 2020) oltre a rapporti ricostruttivi e investigativi sulle espulsioni collettive, come: Bashar Deeb, Samos e l’anatomia di un respingimento marittimo, Bellingcat, 20 maggio 2020, disponibile qui; Giorgos Christides e Steffen Lüdke, La grecia sospettata di abbandonare i rifugiati in mare, Der Spiegel, 16 giugno 2020, disponibile qui; Katy Fallon, “le barche arrivano e le persone scompaiono“: una ricerca greca per i rifugiati scomparsi, The Guardian, 19 giugno 2020, disponibile qui
  6. La cronologia è diversa: in alcuni casi, la confisca di effetti personali avviene al momento del fermo; in altri, dopo che le autorità greche hanno trasferito i migranti in detenzione.
  7. Nazioni Unite, Treaty Series, vol. 1833, No. 31363, art. 98 (Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto marittimo); vol. 1184, No. 18961, regulation 15 (Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare, 1974); and vol. 1405, No. 23489, annex, chap. 2.1.1 (Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo)
  8. Nazioni Unite, Treaty Series, vol. 1405, No. 23489, annex, chap. 2.1.10 (Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo)
  9. M.S.S. contro Belgio e Grecia, n. 30696/09, § 221, CEDU 2011; Dougoz contro Grecia, n. 40907/98, §§ 45-49, CEDU 2011II; AA. contro Grecia, n. 12186/08, §§ 54-65, CEDU 2010; Elçi e altri contro Turchia, no. 23145/93 e n. 25091/94, § 637, CEDU 2003.
  10. Rahimi contro Grecia, n. 8687/08, § 87, CEDU 2011; SH.D. e altri contro Grecia, Austria, Croazia, Ungheria, Macedonia del Nord, Serbia e Slovenia, n. 14165/16, § 56, CEDU 2019
  11. Selmouni c Francia, n. 25803/94, §§ 97-105, CEDU 1999-V; Elçi e altri contro Turchia, no. 23145/93 e n. 25091/94, § 637, CEDU 2003
  12. Global Detention Project, Country Report – Detenzione in Turchia: una serie di violazioni dei diritti umani e il guardiano dei rifugiati europei. Ottobre 2019, disponibile qui
  13. L’articolo 54 (1) (h) della legge turca 6458 del 2013, afferma che “una decisione di allontanamento deve essere emessa nei confronti degli stranieri elencati di seguito che. . . violare i termini e le condizioni per l’ingresso o l’uscita legale dalla Turchia
  14. ECRE, AIDA, Country Report: Turchia, aggiornamento 2018, marzo 2019, p. 23, disponibile qui
  15. NOAS, cercare asilo in Turchia- un’analisi critica della legge di asilo turca e delle pratiche, dicembre 2018, aggiornamento, p. 6, p. 25, disponibile qui
  16. ECRE, AIDA, Country Report: Turchia, aggiornamento 2018, marzo 2019, p. 23, disponibile qui
  17. HRW, Turchia: siriani deportati in pericolo; le autorità usano violenza, minacce, detenzione per forzare i ritorni, HRW, 24 ottobre 2019, disponibile qui; AI, Turchia: Inviato in una zona di guerra: deportazioni illegali della Turchia di rifugiati siriani, 25 ottobre 2019, disponibile qui ; NOAS, cercare asilo in Turchia- una analisi critica della legge di asilo turca e delle pratiche, dicembre 2018, aggiornamento, p. 27, disponibile qui