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Cooperazione transnazionale per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea

Una tesi di Laurea Magistrale di Andrea Bassotti

Dipartimento di Scienze Politiche
Corso di Laurea Magistrale in International Studies

Cooperazione transnazionale per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea

Governance, politiche e fondi comunitari

Tesi di laurea di Andrea Bassotti

Data di laurea: 20 luglio 2020

Tesi di laurea in European Union Internal Market Law

Introduzione

L’entrata in vigore del trattato di Amsterdam nel 1999, nell’ambito dell’obiettivo generale di creare uno “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (SLSG) all’interno dell’Unione Europea, ha garantito all’Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in materia di immigrazione. Il vertice del Consiglio europeo svoltosi nello stesso anno a Tampere, Finlandia, adottò il primo programma pluriennale comprendente gli orientamenti strategici destinati a guidare la creazione dello SLSG. I suoi risultati, i cosiddetti Tampere Milestones, miravano tra l’altro a definire una politica di integrazione più vigorosa a livello europeo, basata sulla logica del trattamento equo dei cittadini di paesi terzi.

A più di vent’anni dalla concezione di una politica di integrazione dell’UE nei confronti dei cittadini di paesi terzi, è tempo di trarre delle conclusioni e di riflettere su quanto sia stato realizzato finora e su come rafforzare l’approccio comunitario nei confronti di un settore politico così delicato.

La migrazione e l’integrazione dei migranti sono state al centro del processo di integrazione dell’UE sin dal suo primo concepimento, poiché l’esistenza dell’UE è sempre più dipesa dalla libera circolazione delle persone all’interno dei suoi confini interni, nonché dalla gestione efficace dei flussi di cittadini di paesi terzi nella sua frontiera esterna.

Pertanto, tenendo conto del ruolo socio-economico e demografico dei cittadini di paesi terzi all’interno dell’UE, questa ricerca esamina e contestualizza l’evoluzione del quadro politico-legale garantito sia dalle istituzioni e dai processi legislativi regolati dall’acquis comunitario (il cosiddetto quadro hard), sia dagli strumenti non regolati dall’acquis comunitario stesso ma forniti, facilitati e/o finanziati dall’UE (il cosiddetto quadro soft) in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi nel territorio e società dell’UE.

In particolare, questa tesi pone attenzione sul ruolo e sull’approccio dell’UE nel settore politico dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi poiché, essendo la migrazione una caratteristica strutturale della società europea, ritiene che la rilevanza di un’efficace integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’UE sia difficilmente discutibile.

Questa ricerca si compone di due sezioni, che analizzano rispettivamente il ruolo svolto dall’europeizzazione dei summenzionati quadri politico-legali hard e soft nel fornire risultati efficaci in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi. Come sostenuto da Van Wolleghem, il processo di europeizzazione coinvolge attori nazionali e subnazionali sia in una fase di lobbying e contrattazione dal basso verso l’alto, sia in una conseguente fase di attuazione della legislazione comunitaria dall’alto verso il basso (2018, p. 19).

La prima sezione di questa tesi, comprendente due capitoli, contestualizza e analizza il ruolo svolto dagli strumenti politico-legali hard a disposizione dell’UE in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi.

La sezione si focalizza pertanto sul ruolo svolto dalle istituzioni, dal diritto e dalla politica dell’UE nell’europeizzare l’approccio degli Stati membri in materia. D’altra parte, la seconda sezione di questa tesi, composta allo stesso modo da due capitoli, contestualizza e analizza il ruolo svolto dagli strumenti soft forniti, facilitati e/o finanziati dall’UE al fine di promuovere l’europeizzazione dell’approccio degli Stati membri in materia.

Una strategia europea efficace, olistica e legittima si è infatti rivelata necessaria al fine di realizzare l’europeizzazione in un settore politico talmente sensibile, e il ricorso a strumenti soft, ovvero meno invasivi rispetto alla legislazione sovranazionale, ha contribuito e contribuisce tuttora allo sviluppo di una politica comune in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi.

In questo contesto, questa tesi mira a rispondere alla seguente domanda di ricerca:
– Come può l’UE realizzare un’europeizzazione efficace, olistica e legittima in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi?

Al fine di fornire una risposta esauriente, le due sezioni che costituiscono questa tesi mirano rispettivamente a fornire una risposta alle seguenti sotto-domande:
– Gli strumenti politico-legali hard forniti dall’acquis comunitario sono riusciti a realizzare un’europeizzazione efficace, olistica e legittima in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi?
– Le reti, i forum, i fondi e gli altri strumenti soft forniti, facilitati e/o finanziati dall’UE sono riusciti a realizzare un’europeizzazione efficace, olistica e legittima in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi?

Fondamentalmente, basandosi sulla risposta a queste domande, questa ricerca si pone l’obiettivo di fornire al lettore un background ed una valutazione degli strumenti politico-legali hard e soft disponibili al fine di promuovere un’europeizzazione efficace, olistica e legittima in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’UE.

La prima sezione di questa ricerca ambisce a fornire una risposta alla prima sotto-domanda. A tal fine, il suo primo capitolo analizza in dettaglio le ragioni per le quali, nonostante le modifiche giuridiche e istituzionali apportate dal Trattato di Amsterdam nel 1999 e dal Trattato di Lisbona nel 2009, nonché i programmi pluriennali adottati dal Consiglio europeo e le Agende politiche adottate dalla Commissione europea dal 1999 in poi, le competenze dell’UE nel settore politico dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi sono ancora estremamente limitate.

In particolare, principalmente a causa degli attacchi terroristici degli anni 2000, le pietre miliari di Tampere sono rimaste in gran parte una mera dichiarazione politica di intenti in materia e, come affermato da Carrera, sono oggi considerate “come un punto di riferimento per dimostrare i fallimenti e le lacune delle attuali risposte politiche e legali dell’UE sull’immigrazione” (2014, p. 154). La logica del fair treatment introdotta a Tampere in materia di migrazione in generale e integrazione dei cittadini di paesi terzi in particolare è entrata sempre più in contrasto con un approccio basato principalmente sulla sicurezza dell’UE.

Inoltre, come dimostra questo capitolo, la crisi finanziaria del 2007-2008 e la crisi migratoria nel Mediterraneo del 2015 hanno esacerbato il ricorso al security-based approach a scapito del rights-based approach. In sostanza, l’obiettivo di garantire sicurezza all’interno dell’UE ha gradualmente prevalso sugli altri due valori di libertà e giustizia garantiti dallo “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (SLSG): gli Stati membri, sia all’interno del Consiglio dell’Unione europea che del Consiglio europeo, si sono infatti sempre più battuti per il mantenimento di vaste competenze nazionali in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi.

È inoltre probabile che le attuali e future risposte alla pandemia di COVID-19 possano esacerbare questa tendenza. Questa tesi fa anche riferimento a eventi quali la Brexit per dimostrare in che misura i cittadini europei spesso percepiscano i problemi legati all’inefficiente gestione del fenomeno migratorio in generale e dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi in particolare come una minaccia alla sicurezza interna di un particolare Stato membro.

Di conseguenza, esponenti politici di vari Stati membri pianificano le loro campagne elettorali e sviluppano le loro strategie politiche ostacolando l’europeizzazione in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi.

D’altra parte, sia la Commissione europea, attraverso la proposta di legislazione secondaria, l’avvio di procedure di infrazione e l’adozione di varie Comunicazioni, sia la Corte di Giustizia Europea, attraverso pronunce pregiudiziali e l’applicazione dei principi generali dell’UE, hanno continuato a spingere per l’europeizzazione delle politiche di integrazione dei cittadini di paesi terzi e per la concretizzazione delle pietre miliari di Tampere.

A questo proposito, il secondo capitolo di questa sezione mira a dimostrare che le tensioni tra europeizzazione e intergovernamentalismo non hanno impedito l’adozione di rilevante legislazione secondaria sovranazionale in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi. Il capitolo esamina principalmente le nozioni introdotte dall’interpretazione della Corte di giustizia europea della Direttiva del Consiglio relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo e della Direttiva del Consiglio relativa al diritto al ricongiungimento familiare, che tuttora influenzano il modo in cui i decisori politici concepiscono l’integrazione dei cittadini di paesi terzi e che mostrano al meglio come la legislazione secondaria dell’UE in materia sia il risultato di continue tensioni tra correnti di europeizzazione e intergovernamentalismo.

Nel complesso, sebbene una gestione più efficace dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi sia nell’interesse degli Stati membri a causa del suo impatto sulla coesione socioeconomica e sulla sicurezza dell’Unione europea, la prima sezione di questa tesi ambisce a dimostrare che le suddette tensioni, dall’adozione del Trattato di Amsterdam in poi, hanno comportato risultati limitati in materia.

L’integrazione dei cittadini di paesi terzi è considerata fin dal 1999 un settore politico estremamente sensibile, e i poteri decisionali dell’UE si sono spesso dimostrati troppo deboli nel prevalere sulle resistenze nazionali al fine di garantire un’europeizzazione efficace e completa in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi.

La seconda sezione di questa tesi analizza l’impatto degli strumenti di europeizzazione soft sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi. Tale sezione si pone l’obiettivo di fornire una risposta alla seconda sotto-domanda e di dimostrare che, tenendo in considerazione i margini di manovra estremamente limitati delle istituzioni europee in materia di integrazione di cittadini di paesi terzi, un’europeizzazione meno invasiva ha svolto e può svolgere un ruolo cruciale.

Come sostenuto da Carrera, la tensione tra correnti di europeizzazione e intergovernamentalismo in materia di integrazione di cittadini di paesi terzi ha comportato principalmente la creazione di un doppio quadro normativo dell’UE, costituito dalla normativa comunitaria vigente e dal cosiddetto EU Framework on Integration (2014, p. 150), che ha preso forma dai primi anni 2000 e che prevede il ricorso a strumenti soft al fine di promuovere l’europeizzazione in materia.

Il primo capitolo della seconda sezione contestualizza l’origine e l’evoluzione del quadro comunitario soft sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi, e mira a dimostrare che il processo di europeizzazione può avvenire anche nel caso in cui le competenze e i margini di manovra dell’UE in un particolare settore politico sono limitati. Il secondo capitolo della stessa sezione ambisce a confermare questa teoria analizzando e valutando il ruolo chiave dell’approccio di governance multilivello all’interno dell’UE, nonché delle reti, iniziative e progetti transnazionali.

In particolare, il coinvolgimento di attori subnazionali sia governativi che non governativi nei processi decisionali è considerato cruciale al fine di fornire risultati pratici e legittimi. Pertanto, questa sezione mira a dimostrare che un approccio di governance multilivello dovrebbe essere sostenuto in modo più strutturale in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi.

Tenendo in considerazione il fatto che gli strumenti di europeizzazione soft a disposizione dell’UE non sono esenti da critiche, principalmente a causa della scarsa trasparenza e della mancanza di democratic accountability insiti ai loro processi decisionali, nonché a causa della loro natura.

Nel complesso, questa tesi mira a dimostrare che l’efficacia degli strumenti soft in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi sembra indicare che il modo più appropriato per favorire l’europeizzazione in tale settore politico sia tramite la sua depoliticizzazione (Azulai e De Vries, 2014, p. 12). In effetti, gli strumenti soft forniti dall’EU Framework on Integration e dalle varie reti, progetti e iniziative transnazionali analizzate dalla seconda sezione di questa ricerca si sono finora dimostrati particolarmente efficaci nel fornire un approccio transnazionale e sinergico in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi.

In particolare, il ricorso ad un approccio di governance multilivello consente non solo il coinvolgimento nei processi decisionali europei di tutti i livelli di governance, ma anche dei cittadini e della società civile europea.

A tal proposito, gli strumenti di europeizzazione soft possono essere funzionali alla formulazione di risposte sostenibili al democratic deficit di cui l’Unione Europea è stata spesso accusata. Tuttavia, questa tesi ambisce a dimostrare che bisogna innanzitutto affrontare la loro attuale mancanza di democratic accountability e trasparenza, che influisce sulla loro legittimità, nonché la loro natura frammentaria e non vincolante, che ne limita l’applicabilità. Finché questi problemi non vengono affrontati, gli strumenti soft rimangono incompleti e, in quanto tali, non possono sostituire gli strumenti politico-legali hard a disposizione dell’UE.

D’altra parte, la legittimità e l’applicabilità della legislazione sovranazionale in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi, e quindi degli strumenti politico-legali hard, consentono alla Commissione europea di monitorare il corretto recepimento da parte degli Stati membri delle misure e condizioni concernenti l’integrazione dei cittadini di paesi terzi e alla Corte di giustizia europea di interpretarle in linea con i principi generali del diritto comunitario, quali i principi di proporzionalità, efficacia, certezza del diritto e non discriminazione.

Tuttavia, l’europeizzazione hard è limitata dalle resistenze nazionali, che ostacolano l’obiettivo dell’UE di fornire un approccio efficace in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi. Tenendo in considerazione tali resistenze nazionali, gli strumenti hard non sono in grado di fornire un’europeizzazione efficace e olistica in materia senza il supporto di un approccio soft. Tale approccio ha infatti dimostrato di essere in grado di poter gradualmente favorire l’armonizzazione transnazionale delle politiche di integrazione.

Basandosi su tali considerazioni, questa tesi mira a fornire una risposta alla sua domanda di ricerca, e quindi ad analizzare e valutare gli approcci e strumenti politico-legali hard e soft al fine di dimostrare che solamente il ricorso sinergico ad entrambi può consentire il conseguimento di un’europeizzazione efficace, olistica e legittima in materia di integrazione dei cittadini di paesi terzi.

– Scarica la tesi (ENG)
Cooperazione transnazionale per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea. Tesi di laurea di Andrea Bassotti