Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Lesvos, ”Restituire la voce alle persone migranti, e non sostituirsi a loro”

Intervista alla giornalista Federica Tourn

Foto tratta da twitter Federica Tourn

Il tuo ultimo viaggio a Lesbo risale a gennaio 2020. Durante il talk, accennavi al fatto che questa volta hai trovato più difficile andartene: come mai?

È stato più difficile perché secondo me tutte le volte aggiungi un pezzo. Ho un rapporto con l’isola, con le persone che vivono lì – non solo gli attivisti – che aiutano i migranti. Ormai si è creata una forma di amicizia, difatti questa volta andrò ospite di una di loro; sono dei luoghi che coinvolgono più di altri. In più l’ultima volta sono riuscita ad entrare nell’hotspot di notte, proprio grazie ad un abitante dell’isola.
Il punto è anche che tu te ne vai via, e le persone migranti rimangono lì: questa è la differenza tra te come reporter, come solidale. La sera, per quanto tardi, vai a dormire in un letto, ti lavi, mangi. Questa cosa è sempre complicata a parer mio: più approfondisci le relazioni con le persone, più è difficile separartene.

Fai parte del gruppo “Torino per Moria”: quali sono gli obiettivi della campagna?

È un gruppo locale che si è costituito subito dopo l’incendio; l’idea era quella di tenere alta l’attenzione su quello che stava succedendo, quindi è un po’ improvvisato da parte di attivisti di vario tipo (Carovane Migranti per esempio è stato capofila) e di altre persone che sono state in contatto con gli attivisti locali di Lesbo, e volevano sostenere il loro lavoro cercando di capire cosa si poteva fare. Nella discussione di questi giorni, l’obiettivo è quello di cercare di essere di supporto ai migranti che restano lì tramite chi lavora sul campo – innanzitutto Nawal Soufi – e di portare l’argomento ovunque, come abbiamo fatto qui al Festival di Gemini. Coinvolgere nomi noti e tentare di fare uscire il tema, farlo diventare un argomento di cui si discute, come succede in Germania, dove la discussione su quel che è successo a Lesbo viene considerato un’ingiustizia strutturale, cosa che in Italia non accade.

Nel corso del talk, hai detto una frase molto significativa: ”Restituire la voce alle persone migranti, e non sostituirsi a loro”. Soprattutto nella narrazione mainstream è una cosa che avviene di continuo. Come si può evitare?

Si, si fa perché siamo cresciuti tutti in una società patriarcale neocolonialista, cresciamo imbevuti in una cultura di un certo tipo. Uscirne, prendere coscienza di certe cose è un percorso: c’è qualcuno che te lo deve dire, che ti deve dire che quando parli dell’uomo stai parlando di lui e non anche delle donne. Proviamo a farlo, io l’ho detto perché qualcun altro l’ha detto a me, me l’hanno fatto notare, l’incontro con l’altro ti dà tantissimo: parlare con persone diverse ti fa capire che non esiste solo il nostro mondo. Noi in media siamo molto concentrati su noi stessi, lo dirò anche stasera alla tavola rotonda del festival; il Covid è un problema importante, ma non è l’unico problema al mondo. Sicuramente è un problema che mi riguarda, ma mi riguarda anche che delle persone muoiano sulle spiagge del mediterraneo. Finché non si va di persona, finché non si tocca con mano, non ci si renderà mai conto di cosa significa. Però esiste la capacità di provare a comunicare in modo diverso.

Dicevi che tornerai a Moria venerdì prossimo: cosa ti aspetti di trovare?

Mi aspetto problemi. Se è vero quello che dicono (ho parlato anche con altri giornalisti) che a breve vogliono chiudere tutti nel campo, sarà un grosso problema. Temo dunque di non riuscire a fare bene il mio lavoro, di non poter osservare la situazione da vicino: da questo punto di vista sarà fondamentale la rete di attivisti e abitanti dell’isola, che spero mi darà una mano. Comunque fondamentalmente non so cosa aspettarmi, ed è il motivo per cui vado a vedere la situazione di persona.


* Federica Tourn è giornalista professionista. Si occupa di migranti, religioni, diritti umani, mafie, femminismo. Ha scritto reportage da diversi paesi, dalla Siria al Libano, dalla Bosnia all’Ucraina. Ha collaborato fra gli altri con D Repubblica, Il Manifesto, Left, Rolling Stone, Vanity Fair, Jesus, Eastwest. Insieme ad altre donne ha pubblicato per l’editrice Claudiana “La Parola e le pratiche. Donne protestanti e femminismi”.
Twitter: @ingenuacronista