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Rapporto Amnesty – Tra la vita e la morte: abusi e torture nei campi di detenzione in Libia

Sono più di 60.000 le persone intercettate in mare e riportate in Libia dal 2016, solo nel 2020 sono state 8.435. Ecco l'inferno che hanno vissuto

Ovunque in Libia le persone vengono commerciate, rapite, abusate…noi siamo stati rapiti e picchiati. Mia moglie ha ancora i segni delle percosse sul volto e sulla schiena”. Farah, 24 anni, dalla Somalia

Decine di migliaia di donne, uomini e bambini subiscono violazioni e abusi indicibili in Libia. Solo perché sono rifugiati e migranti. Sono intrappolati in un paese dilaniato dal conflitto, dove la mancanza di leggi e l’impunità diffusa permettono ai criminali di prosperare. Molti, temendo per la propria vita e senza alternative legali per lasciare il paese, si sono imbarcati su fragili gommoni nel tentativo di raggiungere l’Europa. Sono sempre di più quelli che vengono fermati e riportati in Libia, vittime delle misure europee per chiudere la rotta del Mediterraneo e contenere le persone nel paese.

Dal 2016, con l’Italia in prima fila, gli stati membri dell’Unione europea collaborano con le autorità libiche attraverso la fornitura di imbarcazioni veloci, formazione e assistenza nel coordinamento delle operazioni in mare, per assicurarsi che le persone che intraprendono il viaggio nel Mediterraneo siano intercettate e riportate in Libia, aggirando così il divieto internazionale di respingimento. Durante questo periodo, la guardia costiera libica sostenuta dall’Unione europea ha intercettato in mare e riportato in Libia circa 60.000 uomini, donne e bambini, 8435 dei quali solo dal 1° gennaio al 14 settembre 2020.

La maggior parte dei rifugiati e dei migranti in Libia provengono dall’Africa sub-sahariana e del nord, con una piccola percentuale originaria dell’Asia e del Medio Oriente. Hanno lasciato i loro paesi per svariate ragioni. Alcuni sono fuggiti da guerre, persecuzioni, carestie. Altri cercavano un’istruzione o un lavoro migliore. Molti sono determinati a rimanere in Libia, altri sognano l’Europa o sono costretti a farlo per il peggioramento delle condizioni in Libia.

Tutti hanno in comune il desiderio di vivere in sicurezza e dignità.

Un paese ridotto a pezzi da anni di guerra è diventato un ambiente ancora più ostile per rifugiati e migranti in cerca di una vita migliore. Invece di essere protetti, vanno incontro a una lunga serie di agghiaccianti violenze e ora sono persino ingiustamente accusati, per motivi profondamente razzisti e xenofobici, di aver diffuso la pandemia da Covid-19“, ha dichiarato in una nota ufficiale Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

I rifugiati e i migranti in Libia sono intrappolati in un ciclo di gravi violazioni e abusi dei diritti umani, tra cui detenzione arbitraria prolungata e altre privazioni illegali della libertà, tortura e altri maltrattamenti, uccisioni, stupri e altre violenze sessuali, lavoro forzato e sfruttamento da parte di attori statali e non statali in un clima di quasi totale impunità. Non sono tutte rivelazioni nuove. Per anni, rifugiati e migranti, difensori dei diritti umani e attivisti libici, giornalisti, organismi delle Nazioni Unite, organizzazioni umanitarie e per i diritti umani hanno lanciato l’allarme sulle terribili condizioni che i rifugiati e i migranti sono costretti a sopportare in Libia.
Ma la politica europea rimane cinicamente ferma sulla sue decisioni, riconoscendo una zona Sar libica, finanziando la sedicente Guardia costiera “libica”, mentre il governo italiano prolunga senza porsi tanti problemi il patto con la Libia.

Nonostante tutto questo, anche quest’anno l’Unione europea e i suoi stati membri stanno portando avanti politiche che intrappolano decine di migliaia di uomini, donne e bambini in un circolo vizioso di crudeltà, dimostrando un cinico disprezzo per la loro vita e la loro dignità. Poiché le autorità libiche seguitano a non agire a fronte di un consolidato sistema di violenze contro i rifugiati e i migranti, l’Unione europea e i suoi stati membri dovrebbero rivedere completamente la loro cooperazione con la Libia, condizionando ogni ulteriore forma di sostegno all’adozione di misure immediate per fermare le orribili violenze ai danni dei rifugiati e dei migranti, come ad esempio porre fine alla detenzione arbitraria e chiudere i centri di detenzione per migranti. Fino ad allora, nessuna persona soccorsa o intercettata in mare dovrebbe essere fatta tornare in Libia e, al contrario, dovrebbe essere fatta approdare in un porto sicuro“, ha concluso Eltahawy.

Perché sono intrappolati in Libia?

Dal 2016 i paesi europei hanno messo in campo una serie di misure per bloccare le rotte migratorie dalla Libia attraverso il mar Mediterraneo.

Hanno equipaggiato la Guardia costiera libica per intercettare rifugiati e migranti e riportarli in Libia, impedito alle persone soccorse in alto mare di sbarcare in Europa, criminalizzato il lavoro delle Ong di ricerca e soccorso, stretto accordi con le autorità locali e le milizie per impedire alle persone di lasciare la Libia.

Queste politiche di contenimento hanno lasciato centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini a languire in Libia. Rifugiati e migranti che tentano la traversata sono intercettati in mare dalla Guardia costiera libica, supportata dall’Unione europea, e riportati in Libia, dove vengono detenuti per un tempo indefinito in condizioni disumane, a rischio costante di abusi e violazioni.

Il rapporto contiene resoconti terribili di rifugiati e migranti che hanno subito o assistito a torture, sparizioni forzate, stupri, detenzioni arbitrarie, lavori forzati, sfruttamento e uccisioni da parte di attori statali e non statali in un clima di pressoché totale impunità.

Viene dato anche conto di alcuni recenti sviluppi, come il trasferimento di persone riportate in Libia in centri non ufficiali di detenzione – tra cui la famigerata Fabbrica del tabacco di Tripoli – e il trasferimento sommario di rifugiati e migranti dalla Libia orientale.

Scarica il rapporto (ENG – ESP – AR)