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Abitare la frontiera, un libro di Luca Giliberti

Lotte neorurali e solidarietà ai migranti sul confine franco-italiano

Abitare la frontiera
Lotte neorurali e solidarietà ai migranti sul confine franco-italiano
Un libro di Luca Giliberti
Ombre corte, 2020

La Val Roja, piccola valle francese al confine con l’Italia, a partire dal 2015, con la chiusura di diverse frontiere interne all’Europa, si ritrova al centro di una inedita rotta migratoria che va verso il nord Europa. Migliaia di migranti restano bloccati a Ventimiglia e, nel tentativo di varcare la frontiera, finiscono per attraversare territori rurali e alpini, nonostante la capillare militarizzazione. Una parte importante della popolazione della valle si mobilita nella solidarietà, offrendo ospitalità, cura e supporto ai migranti in transito.

Si tratta di quella parte della popolazione – i cosiddetti “neorurali” – che, dalla fine degli anni Settanta a oggi, alla ricerca di uno stile di vita alternativo all’insegna della decrescita, della sostenibilità rurale e di valori solidali, sceglie la Val Roja come luogo per abitare. Un’altra parte della popolazione, legata alle famiglie native tendenzialmente “reazionarie”, si oppone all’azione solidale, dando origine a conflitti che rafforzano le frontiere sociali preesistenti nella valle. Confini politico-territoriali che irrompono in Europa e confini sociali entrano in collisione: i neorurali della valle, oltre ad abitare la frontiera tra due Stati, si ritrovano ad abitare la frontiera sociale che li divide da un universo culturale opposto.
Frutto di una lunga e intensa ricerca etnografica, il presente volume racconta l’Europa della crisi dell’accoglienza, con le sue frizioni, i movimenti solidali dal basso e i processi di trasformazione sociale che ne derivano.

Prefazione
Per un altro spettacolo di confine
di Luca Queirolo Palmas

Abitare la frontiera non è una etnografia sui migranti in transito. Al contrario, ispirandosi all’importanza di uno sguardo rovesciato, suggerita da Abdelmalek Sayad, la ricerca si concentra sull’effetto specchio della migrazione; e quindi esplora “noi”, piuttosto che “loro”. Esplora, ovvero, come gli abitanti di una valle periferica e marginale, siano all’improvviso divenuti centrali nello spettacolo del confine. Non diversamente da Lampedusa e come Calais, Lesbo, Ceuta e Melilla.

La ricerca non incontra e non racconta le biografie di chi è in viaggio dentro le borderlands europee, ma suscita e mette in circolo la parola di guide di montagna, contadini, farmacisti, disoccupati, pittori, docenti e pensionati che popolano la Val Roja e la fabbricano quotidianamente attraverso i propri posizionamenti e rivendicazioni. Non si guarda da questo “noi” alle migrazioni, al contrario questo “noi” viene fatto parlare e viene studiato nel momento in cui è rivelato dall’impatto di una mobilità che attraversa il territorio.

Per ritornare ai classici della sociologia, come il lavoro di Elias e Watson nella comunità di Winston Parva – “The Established and the Outsiders” – questo libro potrebbe anche apparire come uno studio di comunità, a patto di liberarsi da ogni visione omogenea, insulare e irenica della comunità. Abitare la valle, al confine tra due Stati europei, significa al tempo stesso essere attraversati da – e posizionati su – una frontiera sociale e culturale, conflittuale, punteggiata di diversi luoghi di incontro, stili di vita, scelte di consumo. Tale frontiera mobile si produce e riproduce dagli anni Settanta e oggi si ravviva e intensifica sull’emergenza della questione migratoria. È l’immersione in questa storia passata che permette alla ricerca di capire il presente.

L’autore ci accompagna così nei mondi culturali dei neorurali e delle famiglie native – i cosiddetti “souche” -, delle comuni “hippies” e delle feste di paese, della caccia e dell’agricoltura biologica, osservando da un lato i vuoti generati da esodi decennali verso le città e dall’abbandono progressivo della campagna e della montagna e dall’altro l’effervescenza sociale, politica e culturale portata dai movimenti neorurali.

Se i primi rivendicano a sé il privilegio dell’essere del posto “da sempre” anche se spesso in valle non abitano più pur mantenendo la proprietà e il voto, i secondi a distanza di quarant’anni dai primi arrivi devono ancora lottare per essere riconosciuti come abitanti a pieno titolo. E lo fanno, soprattutto, grazie alla cultura politica urbana a cui sono stati socializzati, dando vita a mobilitazioni per difendere i beni pubblici della valle: la scuola, la posta, il treno, la salute, la natura. Lotte di cittadinanza su cui costruiscono progressivamente il riconoscimento e il valore della loro presenza, riuscendo in qualche modo ad accorciare la distanza e aumentando la porosità e le relazioni con chi continua a ritenersi il depositario principale della storia, e del futuro, del luogo.

È sul tema del rapporto con la migrazione in transito che entrerà in stallo questo movimento di avvicinamento; le relazioni torneranno a polarizzarsi, generando un “dramma” di comunità. Il dramma è rappresentato appunto da una straordinaria rete di solidarietà informale che i neorurali organizzano su tutta la valle, paese per paese, frazione per frazione, sino a raggiungere il lato italiano e connettendosi con altre valli e altre montagne anche esse territori di passaggio.


Luca Giliberti è assegnista di ricerca in Sociologia presso l’Università degli Studi di Genova (Laboratorio di Sociologia Visuale, Dipartimento di Scienze della Formazione), dove lavora come ricercatore del progetto PRIN “ASIT”. È inoltre research fellow presso l’URMIS (Unité de Recherches Migrations et Société, Université Côte d’Azur) e presso l’Institut Convergences Migrations (Dipartimento Policy). I suoi interessi di ricerca ruotano attorno allo studio dei processi migratori transnazionali, delle frontiere e delle reti di solidarietà ai migranti in transito. Autore del volume Negros de Barcelona. Juventud dominicana entre racismo y resistencia (Genoa University Press, 2018), ha pubblicato numerosi articoli in riviste scientifiche nazionali e internazionali.