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Apre in sordina il CPR di Milano. Parte la mobilitazione permanente per la chiusura di questa struttura

Intervista alla rete Mai più lager-No Cpr

Photo credit: Mai più lager-No Cpr

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In questo momento quante persone sono trattenute nel CPR? Avete già avuto modo di mettervi in contatto con loro?

In realtà, come nella migliore delle “tradizioni” dei CPR, stiamo facendo molta fatica a ricevere notizie, considerato che è stato aperto pochi giorni fa in tutta furia e nel totale silenzio.
Se non fosse stato per alcuni movimenti tracciati sul sito della Prefettura relativi ad approvvigionamenti per la struttura in questione, non avremmo saputo nulla della sua imminente apertura. Poi un giorno, nel corso della rassegna stampa quotidiana, lo scorso 23 settembre abbiamo trovato una news su un sito minore di notizie che riportava una dichiarazione con la quale l’Assessore Regionale alla Sicurezza De Corato, con toni trionfalistici, rivendicava “finalmente” l’apertura entro fine mese del CPR di via Corelli a seguito di un suo intervento presso la Ministra Lamorgese al fine di sollecitare l’operazione, sospesa da tempo.
Al di là di questo, a tutt’oggi non vi è stata nessuna dichiarazione pubblica di alcuna autorità o istituzione che abbia annunciato la cosa. Il Sindaco, raggiunto dai giornalisti dopo alcuni giorni dall’exploit dell’assessore, pressato dalla stampa ha dichiarato di non contestare la scelta del governo, premurandosi di aggiungere che Milano è comunque sempre stata diligente e solerte nelle attività del rimpatrio e che presto avrebbe voluto visitare la struttura per verificare la situazione all’interno.
Abbiamo ragioni di ritenere che al momento ci siano trattenute circa una trentina di persone, probabilmente per lo più provenienti da hotspot siciliani, ma non abbiamo avuto modo di metterci in contatto con loro: la struttura è aperta da una settimana, confidiamo di riuscire a trovare al più presto un canale.

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Sembrava che Ors, una multinazionale “dell’accoglienza” e della detenzione con sede in Svizzera, fosse tra le favorite per la gestione del centro. Invece la gestione è nella mani di cooperative italiane. Che informazioni avete raccolto su di loro e come si sono mosse per assumere i dipendenti?

L’ente gestore assegnatario del bando è una RTI costituita da Versoprobo Scs di Vercelli, e Luna Scs di Vasto (Chieti): si tratta di società cooperative con esperienza nella gestione di centri di accoglienza (elenca, il sito della prima, la collaborazione con le prefetture di Torino, Novara, Alessandria, Asti, Verbania, Biella, Vercelli, Varese, Campobasso, Chieti e Verona) ma anche nella gestione di attività diverse, come numerosi lidi, spiagge e bar pizzerie, dai laghi lombardi al Salento. La Versoprobo in particolare risulta avere circa 200 dipendenti per lo più under 35 ed essere stata assegnataria nel 2019 di un premio come migliore impresa under 40 del Piemonte. Ha partecipato a Milano anche alla manifestazione antirazzista “Insieme Senza Muri” organizzata un paio di anni fa da alcuni esponenti del PD Milanese, portando con sé diversi “ospiti”. Nota interessante quanto a Luna Scs, invece, è rappresentata dal fatto che la sua consigliera di amministrazione Roswitha Flaibani risulta, dal sito stesso della cooperativa, rivestire a tutt’oggi l’incarico di Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Vercelli.
Quanto al personale per il CPR di Milano, in vista dell’apertura inizialmente prevista per i primi di marzo 2020, come segnalato ai tempi dai nostri social, avevamo intercettato alcuni annunci volti alla selezione di dipendenti, nei quali veniva indicata come preferenziale la familiarità con la pratica delle arti marziali. Forse hanno mantenuto vivi i contatti di allora, o hanno proceduto con il passaparola, ma questa volta non sembrano aver fatto ricorso al web.

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Abbiamo letto che anche il PD cittadino era contrario alla sua apertura. Addirittura sulla stampa alcuni articoli parlano di “PD contro il PD”. Quanto sono vere queste affermazioni e come si è mossa la politica locale in questi anni su questo specifico tema?

Il sindaco Sala, come detto, ha dichiarato giorni fa di non contestare la scelta dell’apertura del CPR, e dal suo silenzio diciamo che l’avevamo inteso; i consiglieri che invece hanno contestato l’apertura la scorsa settimana, prima di allora avevano solo presentato un ordine del giorno sul tema nell’autunno 2018, quando ancora era in carica il precedente governo e Matteo Salvini era agli Interni; ma da allora non hanno mai fatto seguito ulteriori formali prese di posizione da parte loro, tanto meno da quando siede al Viminale la Ministra Lamorgese, della loro stessa sigla, che certo non ha mantenuto le promesse di “discontinuità” rispetto al precedente governo in materia di Immigrazione.

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Il centro di via Corelli ha una lunga storia di battaglie per la sua chiusura e negli anni ha avuto destinazioni diverse. Potete ricordare i momenti più salienti?

A Milano, l’11 gennaio 1999, il Centro di Permanenza Temporanea è divenuto funzionante in Via Corelli n. 28, periferia orientale della città, utilizzando inizialmente container della Croce Rossa, per poi essere ristrutturato nel marzo 2000 e riaperto nel novembre dello stesso anno. La gestione era stata affidata alla Croce Rossa Militare Italiana e la capienza era di circa 140 posti.
Fin da subito vengono appurate gravi situazioni igieniche, mancanza di traduzioni e informazioni legali ai trattenuti, grave compromissione delle possibilità di socializzazione, da cui scaturiscono molti tentativi di suicidio, fenomeni di autolesionismo e scioperi della fame.
Il 12 febbraio 2004 si è quindi costituito l’“Osservatorio sul CPT di Via Corelli”, nel quale sono confluiti partiti, associazioni, sindacati, collettivi, con lo scopo di denunciare la violazione dei principi della Costituzione Italiana e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riguardo alla libertà di circolazione, al diritto di asilo, all’esercizio del diritto di difesa nonché porre il tema fondamentale della chiusura di tutti i CPT presenti sul territorio nazionale, anche alla luce dell’approvazione, nel 2002, della cosiddetta “Legge Bossi – Fini” che aveva posto paletti ancor più rigidi in tema di immigrazione.
Nel biennio 2004 – 2005 scoppiano numerose rivolte dei migranti presenti all’interno del CPT di Via Corelli. In particolare, a seguito delle proteste scoppiate all’interno del centro nella notte del 24 maggio 2005, vengono arrestate 21 persone.
Come è noto, con la legge 125/2008, i Centri di permanenza temporanea assumono il nome di “Centri di Identificazione ed espulsione” (CIE), ma al mutamento di denominazione non corrisponde un cambiamento del centro nella sostanza. Pertanto, anche in via Corelli negli anni si susseguono le proteste avverso condizioni detentive sempre più intollerabili, certificate anche da organizzazioni come Medici senza Frontiere e vari comitati antirazzisti.
Nel novembre 2013, in conseguenza delle numerose rivolte succedutesi a decorrere dal mese di settembre, la struttura viene chiusa e i migranti trasferiti in altri CIE.
Nell’ottobre 2014 viene sottoscritta la convenzione per convertire il CIE da un centro di detenzione amministrativa in un centro di accoglienza per ospitare richiedenti asilo (CAS).
Successivamente, dopo che il c.d. “Decreto Minniti-Orlando” aveva nuovamente istituito i centri di detenzione amministrativa, ridenominati Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e quando nel 2018 il Vice Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno di allora, Matteo Salvini, aveva individuato il Centro di Via Corelli quale sede del CPR, il 5 settembre 2018, presso l’associazione Naga, si è svolto il primo incontro pubblico dal quale è nata la nostra rete Mai più Lager – No ai CPR, costituita da partiti, associazioni, collettivi, realtà milanesi e non, che in due anni, con manifestazioni, assemblee pubbliche, flash mob, laboratori ha cercato di scongiurare il momento, poi arrivato, dell’apertura del CPR a Milano.
Il sit-in del 30 settembre scorso, che ha cercato di bloccare l’ingresso dei migranti nel neonato lager milanese, e il presidio cittadino davanti alla Prefettura del 2 ottobre, hanno dato inizio a questa nuova fase di mobilitazione.

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Per concludere, quali sono i prossimi appuntamenti pubblici della Rete e come continuerete il vostro intervento?

Dopo questa settimana piuttosto impegnativa, con il ricostituirsi di fatto della Rete, che nel tempo aveva pagato anche un calo di tensione dovuto alla fiducia illusoriamente nutrita dall’opinione pubblica cittadina nel nuovo governo e nell’amministrazione Sala – che a loro avviso non avrebbero fatto vedere la luce al CPR destinato a Milano -, le realtà della Rete si stanno confrontando per capitalizzare l’attenzione che in questi giorni si è riusciti a conquistarsi puntando tempestivamente i riflettori sulla vicenda.
Per costruire una mobilitazione estesa e quanto più possibile trasversale, compatibilmente con le restrizioni in atto per le note ragioni sanitarie, ci stiamo orientando per interventi capillari, diffusi e permanenti ad oltranza, con attività di sensibilizzazione in dibattiti anche per le scuole, volantinaggio, affissioni flash mob e sit-in di interposizione, che possano coinvolgere diversi ambiti di realtà cittadine, età e fasce di abitanti: “stato di agitazione” da prolungarsi fin quando sarà necessario per ottenere la definitiva chiusura del centro in questione e, chissà, dare così un contributo perché lo stesso si ripeta nelle altre città costrette a coesistere con simili strutture.
Nel frattempo – ferma la finalità principale della Rete che mira alla pronta chiusura del centro – associazioni e realtà specializzate appartenenti alla stessa cercheranno di attivare canali per entrare in contatto con i trattenuti (già è stato organizzato, con la collaborazione dell’Associazione Naga odv, un team di avvocati specializzati ed un centralino dedicato, funzionante dalle 19 alle 21 nei giorni dal lunedì al venerdì, al numero 02.58102599), per offrire a questi ultimi assistenza legale e monitorarne le condizioni, al fine di denunciare gli abusi dei quali i CPR diventano inevitabilmente teatro, e permettere alla Rete di farsi portavoce di eventuali proteste interne: quelle che già nel 2013 hanno portato alla chiusura del centro, con il sostegno dei solidali all’esterno.
Sono due anni che ci lavoriamo, non essendoci mai illusi, come invece altri, che la staffetta sui CPR tra Minniti, Salvini e Lamorgese avrebbe trovato col governo attualmente in carica un intoppo: ora che, come da previsioni, ha tagliato il traguardo, siamo pronte e pronti anche noi.