Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Quali pericoli affrontano i migranti per arrivare in Europa?

Una lettura dei dati del rapporto “L’intersezione tra migrazione irregolare e traffico di esseri umani in Africa occidentale e Sahel”

schermata_da_2020-11-17_08-44-59.png
A causa delle severe politiche di immigrazione vigenti nella maggior parte dei paesi europei, all’asprezza dei territori da percorrere e all’urgenza di molti di sfuggire alle condizioni in cui vertono nei propri paesi, i migranti provenienti dall’Africa sub-Sahariana spesso pagano i contrabbandieri per essere accompagnati durante l’attraversamento del deserto del Sahara e il viaggio verso la Libia e la Tunisia.

Lo scarso potere economico e la disperazione di raggiungere al più presto destinazioni lontane dai propri Paesi d’origine rendono i migranti particolarmente vulnerabili allo sfruttamento, tra cui la tratta degli esseri umani.

Le Nazioni Unite definiscono la tratta di esseri umani come “il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitalità o l’accoglienza di persone attraverso la minaccia o l’uso della forza o di altre forme di coercizione, rapimento, frode o inganno…1.

Il rapporto “L’intersezione tra migrazione irregolare e traffico di esseri umani in Africa occidentale e Sahel”, pubblicato a settembre 2020, cerca di capire come i cambiamenti della migrazione irregolare verso l’Europa hanno influenzato le dinamiche della tratta.

Le principali forme di abuso sono la detenzione illegale e i rapimenti

La detenzione di migranti costituisce una fonte di reddito sicura per i criminali, attraverso l’estorsione. 60% dei partecipanti all’indagine 2 ha riferito di essere stato trafficato lungo le rotte. La detenzione è la forma di abuso di gran lunga più comunemente sperimentata (54%), con il 40% che ha riferito di essere stato arrestato da “non-funzionari” e il 14% da funzionari. Dai dati non è possibile determinare se la detenzione da parte di funzionari fosse legale o illegale. Risulta comunque che il 40% degli intervistati sono stati detenuti dai cosiddetti “non-funzionari”, quindi illegalmente. Dopo la detenzione, i principali pericoli che i migranti devono affrontare nel loro viaggio sono i rapimenti (32%), il lavoro forzato (11%), la schiavitù (7%), gli abusi sessuali (4%) e il traffico di organi (3%). Inoltre, il 20% dei migranti che hanno lavorato lungo il percorso non sono stati pagati per il loro lavoro, anche quando le condizioni non prevedevano il lavoro forzato.
image-2.png

I migranti che vogliono raggiungere l’Europa sono più spesso vittime della tratta di coloro che sono diretti verso altre mete africane

I migranti che desiderano raggiungere l’Europa sono più spesso vittime di tratta (rispetto a quelli che vogliono rimanere nel continente africano) perché si pensa che abbiano più mezzi finanziari. Secondo il report: “più soldi hanno con sé, più è probabile che vengano trafficati”. La destinazione ha infatti un forte impatto sulla quantità di denaro che i migranti hanno con sé alla partenza: gli intervistati che hanno identificato l’Europa come destinazione principale avevano, in media, 821 euro a testa mentre chi voleva raggiungere altre mete africane aveva 277 euro. I migranti che volevano raggiungere la Francia avevano il budget più alto di tutte le destinazioni europee, partendo con circa 867 euro. Gli intervistati che invece volevano arrivare in Spagna avevano invece il budget più basso di tutte le destinazioni europee, portando in media 707 euro. Generalmente, secondo i dati presentati nel report, le donne hanno un budget molto più alto rispetto agli uomini. Il budget medio per le donne del campione era di 776 euro, contro i 447 degli uomini.

Un modo in cui i migranti cercano di mitigare la loro vulnerabilità alla tratta e agli abusi lungo le rotte è di non portare con sé tutto il denaro, ma di farselo inviare quando necessario. Come molti migranti hanno spiegato, questa decisione viene presa per evitare di dover consegnare grandi somme di denaro nel caso in cui vengano rapiti o derubati.

Quando è stato chiesto a chi avessero lasciato i soldi, la risposta più comune è stata ad amici o famiglia a casa, dichiarato dal 51% degli intervistati. La seconda risposta più comune è stata “il contrabbandiere”, citato dal 29% degli intervistati che ha risposto alla domanda. Amici e famiglia all’estero sono invece stati citati solo dal 14% degli intervistati. Il “datore di lavoro” e la “banca” erano quasi trascurabili, entrambi citati solo dal 2% di chi ha risposto alla domanda.

image1.png

Alcune informazioni sulla tratta di esseri umani in Nigeria e in Senegal

La Nigeria è un paese di origine, di transito e di destinazione per la tratta di esseri umani. La tratta interna è la forma più diffusa, rappresentando il 75% dei casi nel paese, secondo il NAPTIP (National Agency for the Prohibition of Trafficking in Persons). Lo stato di Edo e le regioni di Lagos e Abuja sono noti per lo sfruttamento dei minori per il lavoro (principalmente dalle zone rurali verso le aree urbane) e il sesso. Le regioni di Adanawa, Taraba e Ondo sono note per lo sfruttamento del lavoro nel settore agricolo.

Per quanto riguarda il traffico internazionale, negli ultimi anni sono cambiati radicalmente sia i percorsi che le destinazioni. Tradizionalmente le vittime della Nigeria erano destinate al Nord Africa o all’Europa, ma negli ultimi anni sono emerse nuove rotte di traffico verso Marocco e Mali, ma anche verso i paesi del Golfo. Alcune vittime vengono anche reclutate con false promesse in Camerun, Costa d’Avorio, Gabon, Guinea e Mali e finiscono per essere costrette a lavorare nelle piantagioni agricole, o come venditori ambulanti. Un altro fenomeno preoccupante riguarda le donne che vengono reclutate per la tratta a fini di sfruttamento sessuale. Ad esempio, nel 2018, i flussi verso la Russia sono aumentati poiché i trafficanti hanno approfittato dei requisiti per i visti meno rigidi Implementati per la Coppa del Mondo FIFA 2018 e ha reclutato in modo fraudolento donne nigeriane per prostituzione in Russia.

cq5dam.thumbnail.cropped.750.422.jpg
Una donna che protesta contro la tratta di esseri umani in Nigeria. Fonte: Vatican news

A differenza della Nigeria, il Senegal è uno tra i paesi più stabili del continente. Non ha vissuto nessuna grave crisi politica sin dalla sua indipendenza negli anni ’60 e ha goduto di una significativa crescita economica dal 2014. La percentuale di persone che vivono sotto la soglia di povertà è diminuito dal 38% nel 2010 al 33,4% nel 2018 e anche il tasso di disoccupazione è passato dal 10,3% nel 2011 al 6,5% nel 2019.

Nonostante ciò, nel 2018 Global Slavery Index, che fornisce una classifica paese per paese del numero di persone nella schiavitù moderna, il Senegal era classificato al 109° posto su 167 paesi. Ci sono molti contrabbandieri senegalesi che sfruttano vittime nazionali e straniere in Senegal, nonché vittime senegalesi all’estero. La maggioranza sono donne e bambini.

L’accattonaggio forzato è la forma più diffusa di tratta. Questo fenomeno colpisce soprattutto i bambini del Senegal, dalla Guinea-Bissau, dalla Guinea, dal Gambia e, a volte, dal Mali. Negli ultimi anni, poiché è diventato più difficile reclutare per la Libia, c’è anche stato un aumento di lavoro forzato verso il Sud America, dove i migranti senegalesi lavorano irregolarmente nell’industria del pollame in Brasile, viaggiando attraverso il Marocco.

L’aeroporto di Casablanca è infatti diventato un centro regionale per migranti e trafficanti dal 2017. Inoltre, la prostituzione forzata è in aumento in Senegal dal 2017, nel sud-est del Paese, nella regione mineraria di Kedougou, dove una corsa all’oro ha alimentato la domanda di prostitute da parte dei minatori.

Quali soluzioni per una risposta internazionale?

Molti attori, sia in Europa che in Africa, prendono provvedimenti per scoraggiare la tratta di esseri umani. Molti paesi europei hanno proposto misure per scoraggiare i migranti all’utilizzo dei canali illegali, promuovendo una rete di canali regolari, incluso quello di consentire ai singoli individui di inviare le loro domande di asilo per l’Europa dall’estero 3.

La Tunisia ha iniziato a indagare sui contrabbandieri e ha istituito dei centri di risorse attraverso i quali i potenziali migranti possono ricevere informazioni sui loro diritti, sui rischi di frode e sui pericoli associati all’uso delle rete di trafficanti e alle conseguenti forme di sfruttamento 4.
Anche l’Italia ha adottato una nuova legge per combattere lo sfruttamento del lavoro dei migranti 5.

Pur trattandosi di sviluppi positivi, le risposte attualmente fornite dai paesi europei e dalle organizzazioni internazionali continuano a focalizzarsi troppo sulle capacità di attuazione della legge nei principali centri di origine della migrazione clandestina e sui controlli in mare.

E’ necessario, al contrario, armonizzare le risposte europee ed africane da fornire ai migranti in alternativa ai servizi offerti dai contrabbandieri. Le risposte non possono essere ristrette ai confini nazionali. Come l’esempio della Nigeria e del Senegal dimostrano, molti Paesi rappresentano al contempo i Paesi di origine, transito e destinazione dei migranti, per cui l’interconnessione dei flussi migratori richiede un approccio più collaborativo e sostenibile. Data la natura transnazionale dello sfruttamento dei migranti, cresce l’esigenza di aumentare gli sforzi internazionali, nazionali e locali per far fronte alle violazioni dei diritti umani associate allo sfruttamento di migranti e alla tratta di esseri umani.

Ogni tipo di proibizione crea inevitabilmente una richiesta di servizi o di consumi che qualcuno cercherà di soddisfare fornendo (ciò che le misure proibitive hanno reso illegale) i prodotti e i servizi richiesti. La sfida che le agenzie governative dell’UE e gli organismi governativi devono dimostrare di saper affrontare per disinnescare la bomba a orologeria e non accendere la miccia, è quella di interpretare i fenomeni sociali, non di creare problemi per generare consenso elettorale sulle soluzioni proposte a problemi artificialmente prodotti”.
Paolo Cuttitta, Docente di Cittadinanza e Diritti Umani alla Vrije Universiteit di Amsterdam.


Per leggere l’intero report The Intersection of Irregular Migration and Trafficking in West Africa and the Sahel Understanding the Patterns of Vulnerability (in inglese)

Per maggiori informazioni sullo Global Slavery Index (in inglese)

Per maggiori informazioni sul traffico di esseri umani, UNODC ha pubblicato nel 2018 il Global Report on Trafficking in Persons, disponibile (in inglese).

  1. Article 3, paragraph (a) of the Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, available at https://www.unodc.org/ unodc/en/treaties/CTOC/index.html#Fulltext
  2. 1.689 migranti hanno partecipato all’indagine, di cui 841 interviste sono state effettuate in
    Mali e 848 in Niger
  3. EU Proposes Allowing Migrants to Seek Asylum from Abroad”, The Wall Street Journal (December 2013), available at http://online.wsj. com/news/articles/SB10001424052702303497804579237581217774614; Analyzing Organized Crime-November
  4. OSCE Office of the Special Representative and Co-ordinator for Combating Trafficking in Human Beings, Enhancing Co-operation to Prevent Trafficking in Human Beings in the Mediterranean Region (November 2013),pg. 23.
  5. OSCE Office of the Special Representative and Co-ordinator for Combating Trafficking in Human Beings, Enhancing Co-operation to Prevent Trafficking in Human Beings in the Mediterranean Region (November 2013),pg. 23.

Silvia Peirolo

Dottoranda presso l'Università di Trento (IT), mi sono laureata in Studi Internazionali all'Università di Wageningen (NL), all'Università di Torino (IT) e a Sciences Po Bordeaux (FR). Nata e cresciuta a Torino, ho vissuto in vari paesi per studi e lavoro. Di tutti i paesi, sono rimasta appassionata alla Sierra Leone, dove ho vissuto per sei mesi. Mi interesso alle questioni legate alla polizia e alla migrazione, con un focus geografico sull'Africa occidentale. Ho lavorato precedentemente con varie agenzie delle Nazioni Unite e parlo fluentemente inglese e francese.