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Costa d’Avorio – Riconoscimento casi speciali per vita privata e familiare in Italia e per violenze subite in Libia

Tribunale di Bologna, ordinanza del 25 novembre 2020

Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto il diritto al permesso di soggiorno per casi speciali ad un giovane ivoriano che aveva lasciato il paese d’origine durante gli anni della guerra civile (2011-2012) senza mai più farvi rientro, aveva vissuto in Libia per circa due anni sempre imprigionato, mentre in Italia vive da oltre 4 anni e qui ha costruito la propria vita privata e familiare.

Così delineati in termini generali i profili della protezione umanitaria, si osserva che la situazione che caratterizza la vicenda del ricorrente consente di ravvisare quei seri motivi di carattere umanitario, tali da fondare il rilascio di permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, comma 6, del TU immigrazione. Il ricorrente ha stabilito in Italia la sua vita familiare, avendo contratto matrimonio in data […] con la signora […]; dall’unione matrimoniale è nata una figlia […] In Italia, dunque, il ricorrente ha casa, lavoro, famiglia e tutta la sua vita si svolge interamente nel nostro Paese. […] Orbene, così delineati in termini generali i profili della protezione in esame, va osservato che, per le motivazioni sopra dette, la situazione che caratterizza la vicenda familiare del ricorrente, considerata alla luce della sua condizione in Italia e della condizione di vita in Costa D’avorio – Paese dal quale lo stesso si è da anni allontanato […] possa giustificare il riconoscimento di quei seri motivi di carattere umanitario tali da fondare il rilascio di permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, comma 6, del TU Immigrazione, in relazione alla presenza in Italia della famiglia del ricorrente ed al percorso di inserimento intrapreso.

Nella specie viene in rilievo, quale parametro di riferimento, oltre all’art. 2 Cost., il disposto dell’art. 8 della Convezione Europea dei diritti dell’uomo (ai sensi del quale “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (…)”), che contempla (e tutela) il diritto alla vita privata e familiare, così come delineato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, e da includersi nel catalogo aperto dei diritti della persona da prendere in esame in sede di riconoscimento della protezione umanitaria (cfr. Cass. 4455/2018). Vengono dunque in rilievo, principalmente, l’interesse del ricorrente a mantenere i legami con la moglie e la figlia minore e l’ulteriore interesse a non perdere il proprio lavoro, che conferma il radicamento del ricorrente qui in Italia, dove si trova peraltro dal 2016. Va poi evidenziato che in Libia il ricorrente ha vissuto esperienze di estrema gravità […] in grado di ingenerare nella persona un forte grado di traumaticità e di incidere quindi sulla sua condizione di vulnerabilità (Cass 13096/19).
La valenza delle violenze subite nei paesi di transito e delle tragiche condizioni emotive così attraversate assumono infatti rilievo ai fini della valutazione della vulnerabilità personale indipendentemente da dove si siano verificate (Cass, 1104/20). Operando una valutazione della situazione del Paese di origine del ricorrente correlata alla sua condizione personale può, dunque, giungersi al riconoscimento della protezione umanitaria, atteso che nella specie, proprio in considerazione del sostanziale radicamento in Italia da parte sua e dei suoi familiari, a fronte, della situazione di forte difficoltà, precarietà ed assenza di riferimenti affettivi che caratterizza il Paese di provenienza, possono ravvisarsi quei seri motivi di carattere umanitario alla base di tale forma di protezione
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Tribunale di Bologna, ordinanza del 25 novembre 2020