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Abbandonati al freddo, impauriti ed annaffiati dalle pompe dei netturbini: così si muore sulle strade di Vicenza

E con questo sono cinque in un mese e mezzo. L’ultimo è stato un signore cinquantenne, anche lui senza casa, anche lui costretto a vivere al gelo, abbandonato, per le strade di Vicenza, anche lui in precarie condizioni di salute. Se ne è andato qualche giorno fa. I volontari di Welcome Refugees, nei suoi ultimi momenti di vita, erano riusciti a farlo ricoverare in ospedale ma le sue condizioni erano troppo compromesse e non ce l’ha fatta. E prima di lui, altri quattro senzatetto sono morti a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, uccisi dalla fame, dal freddo e dalla miseria, portando ad un totale di cinque le vittime mietute dalla povertà, dal disagio psichico e dall’inverno nella città berica. Una percentuale da strage, se si considera che i senza tetto a Vicenza sono poco più di una ventina. Ma è proprio a loro che il Comune ha dichiarato guerra in nome di un concetto di “decoro urbano” che sarebbe tutto da discutere.

Una crociata per il decoro, questa orgogliosamente sbandierata dagli amministratori di Palazzo Trissino, che ha fatto presa anche su fasce violente di bande giovanili, tanto è vero che sono sempre più numerosi gli episodi di brutalità contro di loro.

Pestaggi, angherie, furti ed incendi di coperte, gavettoni gelati…

Le volontarie ed i volontari di Welcome Refugees e delle altre associazioni, come la Caritas, che si occupano di persone senza fissa dimora sono i primi ad aver coscienza di questo diffuso clima di violenza perché non trovano più i loro assistiti nei consueti luoghi in cui si rifugiano per superare il freddo notturno. “Hanno paura e cercano di nascondersi dove possono – spiega Elena Guerra di Welcome Refugees Vicenza – . Dobbiamo cercarli per tutta la città e quando li troviamo sono terrorizzati. Non si fidano più di nessuno. Hanno paura di vessazioni e di ricevere multe per violazione del coprifuoco o per il decoro che non possono pagare. Ma come possono stare a casa se una casa non ce l’hanno? Molti di loro portano addosso il segno delle botte ricevute, oppure stanno tremando dal freddo perché qualcuno gli ha gettato nelle immondizie le coperte che noi gli avevamo portato. E capita anche di trovarli bagnati fradici perché i netturbini che vanno a pulire le strade li hanno annaffiarti con le pompe”.

Accusa molto grave, questa dei volontari di Welcome Refugees, che è rimbalzata nei giornali locali e che è stata subito respinta dal Comune in una nota – non firmata da un assessore specifico o da un dirigente ma, genericamente, dall’amministrazione – in cui si ribatte che “quanto denunciato non trova riscontro nella realtà” ma proviene da un inaffidabile “chiacchiericcio tra i volontari”.

Altro che chiacchiericcio! – ribatte Elena -. Il fatto è ben documentato da tante testimonianze dei senzatetto e anche da operatori della Caritas che hanno assistito ai fatti! I netturbini arrivano con le autopompe scortati dai vigili urbani e aprono il getto senza stare troppo a preoccuparsi di coloro che non sono veloci a scappare”.

“Ma quello che ci preme non è fare polemiche con l’amministrazione conclude l’attivista -. Non vogliamo più essere costretti a cercarli per la città con il rischio di trovarli morti per freddo. Questa crociata per il decoro sta causando morti e sofferenze. Lo scorso anno, in cui le strutture di assistenza erano messe peggio di oggi e c’era oltre un centinaio di senza tetto per le strade, abbiamo avuto solo un decesso e per overdose. Quest’anno siamo già a cinque morti e l’inverno è ancora lungo da finire. Invitiamo la Giunta ad affrontare la questione serenamente, a non complicare il nostro lavoro, a non spargere odio contro questa umanità, a mettere in campo interventi capaci di migliorare la loro qualità di vita, a non considerarli più, come ci ha sottolineato uno di loro, ‘auto senza targa’”.

Le testimonianze video

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.