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Dall’arresto del richiedente asilo pakistano a fini estradizionali al riconoscimento della protezione internazionale

Tribunale di Caltanissetta, decreto del 2 novembre 2020

Il caso giuridico trattato conferma la complessità delle “questioni“ relative all’audizione dei richiedenti protezione internazionale, alla valutazione delle dichiarazioni rese e al giudizio di credibilità.

Il Sig. R.A.B. di nazionalità pakistana, giunto in Italia, in data 05.10.2018 presentava domanda di protezione internazionale. Durante l’audizione innanzi la Commissione territoriale per il riconoscimento della prot. int, il richiedente riferiva di avere lasciato il suo Paese in quanto accusato ingiustamente di un crimine e di rischiare la pena di morte o la carcerazione a vita e comunque trattamenti inumani e degradanti, non potendo esercitare il diritto di difesa e di accesso ai mezzi di giustizia a causa di un sistema giudiziario non garantista.
La Ct rigettava la domanda sulla base di una valutazione di non credibilità delle dichiarazioni rese, nello specifico non riteneva verosimile che il r.a. fosse accusato ec ricercato in Pakistan per la commissione di un reato e che rischiasse la pena di morte o l’ergastolo. Avverso il provvedimento di diniego emesso dalla Ct veniva proposto ricorso innanzi la Sezione Specializzata in materia di Immigrazione e Protezione Internazionale del Tribunale di Caltanissetta.
Nelle more del giudizio, ed esattamente in data 11.3.2019, il Sig. R.A. B. veniva tratto in arresto a seguito di mandato di arresto internazionale, in particolare risultava un ordine di carcerazione emesso nei suoi confronti il 21.2.2012 dal Tribunale di M. B. (Pakistan), esatta zona di provenienza del R.A.B. . Il richiedente asilo quindi veniva sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere applicata in via provvisoria ai fini estradizionali .
Il procedimento penale si concludeva con provvedimento del 10.05.2019 con il quale la Corte d’Appello di Caltanissetta – Sez. Seconda penale – revocava la misura della custodia in carcere, disponendone l’immediata liberazione, per i motivi in fatto ed in diritto esposti nel provvedimento (“Ai sensi dell’art. 715 comma 6 c.p.p. la misura cautelare applicata in via provvisoria è revocata se nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione allo Stato estero non sono pervenuti al Ministero degli Affari Esteri o al Ministero della Giustizia la domanda di estradizione e i documenti previsti dall’art 700 c.p.p.” – Corte di Appello di Caltanissetta, Sez. seconda penale del 10.5.2019 già pubblicato in data 13.06.2019 https://www.meltingpot.org/Arresto-e-concessione-dell-estradizione-del-richiedente.html). Successivamente si concludeva anche il procedimento giudiziario avente ad oggetto la domanda di protezione internazionale, con decreto depositato dal Tribunale il 2.11.2020 che, accogliendo il ricorso proposto, riconosceva al Sig. R. A. B. “il diritto alla protezione sussidiaria ai sensi degli artt. 14 lett. a) e ss. del D.L.vo 251/2007”.

Alla luce del mandato di arresto e della documentazione agli atti del procedimento risultavano infatti confermati i fatti ed il periodo temporale per come riferiti dal r.a. Nel Decreto risulta che: “emerge con certezza che il nucleo centrale della narrazione del ricorrente è sicuramente veritiero, quanto meno con riferimento al fatto che effettivamente il predetto è stato accusato nell’anno 2012 del delitto di omicidio, coincidendo sostanzialmente il riferito periodo in cui erano avvenuti i fatti con la data dell’emesso ordine di carcerazione da parte dell’autorità giudiziaria pakistana nei confronti del ricorrente; che, al riguardo, appare di rilievo evidenziare che il ricorrente ha dichiarato di essere estraneo ai fatti non essendo stata depositata dalla controparte alcuna documentazione da cui si potrebbe rilevare la fondatezza delle accuse (cfr., in particolare, il provvedimento della Corte d’Appello sopra ricordato); ritenuto, quindi, che deve ritenersi adeguatamente dimostrato un profilo di tipo persecutorio in relazione all’accusa di omicidio ancora pendente a carico del ricorrente con particolare riferimento al rischio di subire un danno grave in relazione alla pena in astratto applicabile nei suoi confronti (ergastolo o pena di morte); ritenuto, conclusivamente, che le dichiarazioni rese dal ricorrente, sono risultate sotto il profilo sopra descritto credibili ed adeguatamente riscontrate dalla documentazione depositata (ordinanza emessa dalla Corte d’Appello), e possono ritenersi, ai sensi dell’art. 3 del D.L.vo 251/2007, veritiere, con particolare riferimento al pericolo di subire una pena del tipo di quella sopra detta prevista dall’ordinamento pakistano per il delitto di omicidio (pena di morte); accoglie la richiesta protezione sussidiaria, essendo stata data prova “del rischio effettivo per il ricorrente di subire, in caso di rientro nel paese d’origine, un danno grave, nel senso fatto proprio dall’art. 14 del D.L.vo 251/2007, lett. a), dovendo essere accolta la relativa domanda posto che il ricorrente, per il caso di rientro in Pakistan, potrebbe essere condannato a morte “.

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Tribunale di Caltanissetta, decreto del 2 novembre 2020