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Il “Decreto Lamorgese”: luci e ombre delle modifiche ai decreti sicurezza

Una analisi immune da facili entusiasmi per gli aspetti innovativi

Photo credit: Riccardo Cananiello (Roma, 10 novembre 2018 manifestazione nazionale contro il DL Salvini)

All’inizio dello scorso ottobre è stato finalmente presentato dal governo italiano un nuovo decreto-legge sull’immigrazione recante Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche all’articolo 131-bis e 588 del Codice Penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento e di contrasto all’utilizzo distorto del web. Come si evince dalla denominazione questa nuova normativa non abbraccia solo l’immigrazione ma fa di quest’ultima il suo perno.

Dopo mesi di procrastinazioni, la normativa va a modificare in parte i c.d. decreti sicurezza fortemente voluti e utilizzati come grimaldello di propaganda politica dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Nonostante, infatti, le proteste di associazioni, ONG, migranti, gruppi di giuristi e attivisti e le raccomandazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sui rischi concreti rispetto alla tutela dei diritti umani degli immigrati e dei richiedenti asilo presenti in Italia emerse a seguito dell’approvazione dei “decreti Salvini”, la modifica di questi ultimi era stata derubricata, purtroppo fatto non sorprendente, a un tema non prioritario per l’agenda politica del governo italiano. Analizzando il contesto sociale e politico in cui essa si inserisce appare evidente come purtroppo il forte ritardo è stato dovuto anche alla situazione di emergenza nazionale dettata dalla pandemia che ha comprensibilmente assorbito in maniera diffusa l’azione dell’esecutivo in questi mesi. Non va tuttavia dimenticato che la realtà creata dal Covid 19 è stata solo la punta dell’iceberg e non deve essere intesa come la giustificazione principale che spieghi il fatto che solo dopo ben un anno di insediamento il governo, definito non senza esagerazioni “più a sinistra della storia italiana”, è riuscito a modificare i decreti definiti da più parti come “obbrobriosi”, che criminalizzavano il soccorso in mare e negavano diritti fondamentali. Infatti, benché il Partito Democratico quando era all’opposizione avesse fortemente condannato la normativa partorita dall’allora esecutivo a forte trazione leghista, nel momento in cui si è trovato al governo insieme al Movimento 5 Stelle, già alleato di maggioranza con la Lega, si è rivelato incapace di portare avanti con forza le istanze di gran parte dell’elettorato di sinistra che chiedeva una legge sull’immigrazione equa, lungimirante, solidale che affrontasse il tema delle migrazioni come un fenomeno globale i cui cardini sarebbero dovuti essere l’inclusione, i diritti, la solidarietà e i canali di ingresso legali. Il Movimento 5 Stelle, partito populista e per molti versi anti-immigrazione, si è dimostrato sempre restio ad apportare modifiche ai decreti sopra menzionati che erano stati approvati con il suo appoggio ed è stato sempre portatore di una visione demagogica, becera e sostanzialmente falsa che identificava le navi delle ONG come “taxi del mare”. Va inoltre messo in luce che da più autorevoli parti (giuristi, avvocati e costituzionalisti) i contenuti dei c.d. Decreti Sicurezza erano stati dichiarati come incompatibili e in contrasto sia con la Costituzione Italiana (in particolare con l’art. 3 relativo all’uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge) che con gli obblighi derivanti dalle Direttive e Regolamenti Europei rientranti nel Sistema Comune Europeo sull’Asilo nonché con le previsioni di diritto internazionale in particolare con la Cedu. Nel luglio 2020 infatti la Corte Costituzionale, tramite ricorso incidentale presentato dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno, e a seguito dei ricorsi di molti soggetti direttamente coinvolti, aveva dichiarato incostituzionale la previsione che impediva l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo.

In questo contesto risulta chiaro come nel temporeggiare ulteriormente nell’affrontare il tema in questione la credibilità di un governo e di una formazione politica progressista e di centro sinistra siano andate via via scemando.
Prima di addentrarci nel merito dei contenuti del nuovo decreto fortemente rivendicato dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese occorre tener ben presente che esso modifica, anche in maniera sostanziale, molti aspetti della normativa salviniana precedente ma tuttavia non la elimina né abolisce.

Di fatto, pertanto, sono in errore coloro che affermano che al livello di legislazione italiana sull’immigrazione siamo tornati al punto precedente l’insediamento del governo Lega- 5Stelle.

A conferma di quanto detto, la relazione illustrativa del decreto 130/2020 nonché le stesse dichiarazioni del capo del Viminale affermano che l’obiettivo dell’azione del Consiglio dei Ministri erano quelle di chiarire alcuni aspetti contenuti nei decreti sicurezza, rimodulandone alcune previsioni “tenendo conto dei principi costituzionali e degli obblighi internazionali vigenti in materia”, oltre a rispondere ed attualizzare le osservazioni della Presidenza della Repubblica, effettuate in sede di conversione dei decreti in legge, e a dare seguito alle sentenze di illegittimità costituzionale del d.l. 113/2018 concluse della Consulta e ai criteri di coerenza del diritto nazionale con il diritto dell’Unione Europea per quanto riguarda la normativa in materia migratoria.

Il testo del decreto-legge, che a metà dicembre ha concluso il suo iter di approvazione in Parlamento senza modifiche rilevanti ed è stato convertito nella Legge 18 dicembre 2020, n. 173, conta 12 articoli che affrontano prevalentemente il tema dell’immigrazione insieme a quello della sicurezza e dell’ordine pubblico, considerato ormai un binomio inscindibile.

Le novità principali apportate riguardano la reintroduzione di una apparente forma di protezione umanitaria già prevista dalla legge Turco-Napolitano e dal Testo Unico sull’Immigrazione del 1998 che viene rinominata “protezione speciale”. Questa categoria di permesso di soggiorno verrà garantita ai richiedenti asilo già presenti in Italia che non rientrano sotto la categoria di rifugiato, beneficiario pertanto di protezione internazionale, ma che per motivi umanitari o legati a obblighi internazionali vincolanti l’Italia hanno comunque diritto a un permesso di soggiorno e una “protezione”. Tali permessi avranno una validità di due anni e, a differenza dei “casi speciali” previsti dai decreti sicurezza, potranno essere convertiti in permessi di soggiorno per lavoro, così come avverrà per quelli per residenza elettiva, calamità, assistenza a minori, acquisto della cittadinanza, per motivi sportivi. È in ogni caso curioso notare come nella non breve lista di permessi di soggiorno che possono essere convertiti in titoli per lavoro non compaia quello per motivi di studio.

Altro tema molto controverso e dibattuto riguarda la normativa sulle operazioni di ricerca e soccorso in mare portate avanti da navi di ONG in particolare nel Mediterraneo Centrale. Anche in questo caso a seguito in particolare delle raccomandazioni di Mattarella vengono abolite le sanzioni amministrative imputabili a navi che compiono operazioni di soccorso in mare e il loro sequestro, ammesso che vi sia il rispetto delle convenzioni internazionali e fermo restando che le ONG protagoniste abbiano precedentemente comunicato le proprie azioni alle autorità nazionali competenti. Rimane tuttavia in piedi la possibilità, introdotta coi decreti Salvini, secondo cui il ministro degli Interni, con l’approvazione del ministro della difesa e dei trasporti, può vietare l’ingresso delle navi nei porti nazionali se queste non rispettano i criteri pocanzi menzionati. Inoltre, in caso di violazione si prevede l’avvio di un processo penale, in seguito ad avvio di istruttoria da parte di un magistrato, che può comunque portare a una multa ai danni delle ONG responsabili delle operazioni in mare fino a 50.000 Euro. È doveroso sottolineare che appare improbabile che all’atto pratico imbarcazioni facenti capo a delle ONG possano essere giudicate colpevoli nel corso di un processo penale, considerato anche che pure le previsioni più dure dei decreti Salvini sono state di fatto neutralizzate da sentenze e dall’azione giudiziaria di svariati tribunali e quindi mai applicate in sostanza (basti pensare al caso di Carola Rackete).

Tuttavia, il fatto che

ancora permanga nella legislazione nazionale una previsione che criminalizza o almeno instilla il dubbio del comportamento reo di imbarcazioni e organizzazioni che salvano vite umane in mare prevedendo la loro sanzione è qualcosa di gravissimo.

Quanto detto è ancora più scandaloso se si pensa che ormai le navi e gli equipaggi in questione sono gli unici che compiono operazioni di Sar nel Mediterraneo dato che l’Unione Europea e gli Stati costieri hanno tradito lo spirito di solidarietà e umanità fondativo del processo di integrazione europea, contravvenendo per primi alle convenzioni sui diritti dell’uomo e del diritto internazionale attuando respingimenti coattivi illegittimi e stringendo accordi con stati dove i diritti fondamentali dei migranti vengono violati in maniera sistematica.

Grazie al decreto Lamorgese si elimina il divieto di iscrizione all’anagrafe dei comuni di domicilio per i richiedenti asilo e ci si riallinea alla Direttiva Procedure e alla Direttiva Accoglienza dell’UE riducendo a 90 giorni il tempo di permanenza massimo nei Centri Per il Rimpatrio (ex Cie). Forse per accontentare le frange più rigide della maggioranza si inserisce tuttavia una clausola securitaria che prevede la flagranza differita per i richiedenti asilo che compiono atti di danneggiamento o vandalismo dei centri di accoglienza.

Per quanto riguarda la sezione relativa all’accoglienza e all’integrazione si reinserisce finalmente un tipo di accoglienza diffusa suddivisa in due livelli denominata “Sistema di accoglienza e integrazione” (SAI) che di fatto reimplementa un quadro di accoglienza diffuso gestito dalle entità municipali a cui possono accedere tutti i richiedenti asilo e non solo i casi più vulnerabili come i minori. Il primo livello di questo sistema riguarda i servizi essenziali a cui tutti gli asilanti indistintamente possono accedere come l’accoglienza materiale, l’assistenza sanitaria e psicologica, il sostegno legale, la mediazione linguistico-culturale, i corsi di italiano lingua seconda, l’orientamento al lavoro. Il secondo livello si rivolge invece a coloro che vengono riconosciuti titolari di protezione internazionale, i rifugiati propriamente detti, e ai beneficiari della protezione speciale dove si ritrovano un orientamento rafforzato alla formazione al lavoro e meccanismi di integrazione e inclusione diffusivi soprattutto nel sostegno all’inserimento nel tessuto sociale, economico, culturale e politico del paese di accoglienza. Resta comunque in piedi il sistema di accoglienza massiva di natura straordinaria ed emergenziale gestito dalle autorità prefettizie che negli anni ha manifestato gravi mancanze, abusi e violazioni ai danni in primis dei migranti stessi.

Per quanto riguarda le espulsioni si rinforza il principio di non refoulment già vincolante l’Italia in quanto firmataria della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e previsto dal diritto dell’UE sulle migrazioni inserendo il divieto di espulsione non solo verso paesi dove gli stranieri espulsi affronterebbero seriamente il rischio di tortura ma anche verso paesi dove rischierebbero trattamenti disumani e degradanti. All’atto pratico si limita il concetto di “paese terzo sicuro”. Inoltre, si prevede di introdurre un divieto di espulsione conseguente al rischio di violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, in linea con l’ART. 3 della CEDU. In pratica si proteggono dall’espulsione tutti i cittadini stranieri irregolarmente soggiornanti sul territorio italiano quando questi ultimi hanno stretti e significativi legami amicali e familiari all’interno della nazione e presumibilmente un contesto comunitario e parentale di supporto e sostegno grazie a questi ultimi. Indubbiamente questo aspetto costituisce un fondamentale passo in avanti di progresso e rispetto dei diritti dei migranti anche in rapporto alla legislazione pre-Salvini.

Un altro tema molto caldo su cui convergevano notevoli attese è quello relativo alla cittadinanza che purtroppo costituiva anche l’argomento su cui con più forza il PD avrebbe potuto negoziare soprattutto alla luce delle discussioni parlamentari e delle dichiarazioni, purtroppo rivelatesi solo retoriche, sullo ius culturae per i bambini e ragazzi stranieri nati e/o cresciuti in Italia che avevano compiuto uno o più cicli di studi nel paese. Infatti, col nuovo decreto il lasso di tempo massimo di attesa a seguito della richiesta di cittadinanza passa da 4 a 3 anni, ma prima del decreto Salvini il periodo era fissato in due anni, un periodo comunque lunghissimo costellato da incertezza e insicurezza dei richiedenti che si trovano a fare i conti con la farraginosa burocrazia italiana. Occorre dire inoltre che la legge italiana sulla cittadinanza, riformata in negativo nel 2018, è una normativa di quasi trent’anni fa, obsoleta, del tutto non adeguata ai tempi correnti e alla realtà migratoria italiana e soprattutto tra le più restrittive d’Europa. Anche in questo caso quindi si manifesta una palese mancanza di coraggio e lungimiranza da parte dell’area politica, oggi al governo, che avrebbe dovuto farsi portatrice delle istanze e dei diritti del milione di cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e dei loro figli nati e cresciuti qua.

Volendo fare delle considerazioni generali conclusive sulla portata di questo nuovo impianto normativo e sulle sue rotture e continuità rispetto al passato, è opinione di chi scrive che esso presenti limiti e lacune evidenti che purtroppo hanno contraddistinto anche le normative nazionali precedenti in materia in ragione del fatto che si adotta tuttora un approccio emergenziale, contingente e di breve termine per affrontare il fenomeno migratorio. Nonostante, infatti ormai l’Italia sia a tutti gli effetti, e non da ora, un paese di immigrazione, la classe politica e dirigenziale in larga misura continua a non considerare le migrazioni internazionali come un fenomeno strutturale, complesso che contraddistingue in maniera capillare e peculiare la fase storica che stiamo vivendo e che pertanto deve essere affrontato come tale mettendo in primo piano gli aspetti legati all’integrazione e all’inclusione di cittadini stranieri che possibilmente diverranno cittadini italiani e che hanno il diritto di entrare a pieno titolo come attori sociali nel tessuto civile, politico, sociale ed economico del paese di arrivo. La difficoltà dell’Italia nel dare un riscontro istituzionale alla questione migratoria tramite una normativa organica adeguata che vada al di là della gestione degli sbarchi e delle espulsioni (che spesso collimano con i diritti fondamentali di migranti e richiedenti asilo) si manifesta anche nel fatto che il nostro paese negli ultimi venti anni ha gestito il fenomeno migratorio utilizzando in maniera abusiva lo strumento normativo del decreto legge (Decreto Orlando-Minniti; Decreti Sicurezza; Decreto Lamorgese) ed evitando cosi di mettere in discussione e superare la legge Bossi-Fini del 2002 che a tuttora è il contesto legislativo di riferimento in vigore. Nonostante in queste due decadi sia siano succeduti anche governi di centro-sinistra mai si è cercato di riprendere spunto dal principio ispiratore del Testo Unico sull’Immigrazione del 1998 che cercava di tenere assieme tutti gli aspetti e le realtà legate all’immigrazione che assolutamente non si esauriscono negli arrivi e nel proporzionalmente molto esiguo numero di cittadini stranieri presenti irregolarmente ma che riguardano le dimensioni della presenza straniera, in molti casi di lungo corso e con una prospettiva di insediamento permanente, che si collegano al mondo del lavoro e ai diritti socio-economici ad esso connessi, al diritto allo studio e all’istruzione, al diritto a una realizzazione personale, civile e comunitaria nel rispetto delle differenze che dovrebbero divenire fonte di arricchimento tra persone di lingua e cultura diverse.

Pertanto, l’ancora grave mancanza di una legge organica complessiva all’avanguardia sul tema migratorio ci deve indurre a evitare facili entusiasmi per i lati positivi, pur evidenti e innegabili, fatti tramite il nuovo decreto immigrazione. Più che di conquiste si è trattato di un atto dovuto per rispondere alle accuse fondate di incostituzionalità e incompatibilità col diritto europeo e internazionale dei decreti sicurezza. È tuttavia doveroso riconoscere che alcuni aspetti, in particolare il divieto di espulsione per tutelare la vita privata e familiare, sono novità che fanno ben sperare in una evoluzione della normativa che tenga più di conto la dimensione dell’integrazione e i diritti individuali degli immigrati. Sicuramente si tratta di un passo importante da non sottovalutare ma sarebbe miope e ingenuo pensare che ciò possa essere sufficiente e segnare un cambio di rotta deciso rispetto al passato affrontando in maniera complessiva la realtà migratoria odierna.
In primis per perseguire l’obiettivo di una legge migratoria organica si dovrebbe riformare la legge sulla cittadinanza che da quasi vent’anni nega diritti e visibilità, nonché rappresentanza politica, a persone che sono italiane di fatto e che vivono, studiano e lavorano nel paese. Inoltre, per gestire efficacemente i flussi migratori e mettere in atto una legislazione adeguata della presenza straniera sono necessarie proposte pragmatiche che partano dalla riapertura di canali di ingresso regolari, puntando a una reale inclusione socioeconomica e politica degli immigrati, pretendendo con coraggio la riforma di leggi obsolete e inadeguate e, soprattutto, mirando a fare della lotta alle disuguaglianze e degli imperativi di equità, giustizia e promozione dei diritti civili e socioeconomici principi fondanti dell’agire politico.

Fonti:
https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2020/10/06/modifiche-decreti-sicurezza-salvini
https://www.dirittoconsenso.it/2020/11/28/decreto-lamorgese-protezione-universale-nuova-fase-accoglienza-in-italia/
https://www.interno.gov.it/it/notizie/nuova-legge-sullimmigrazione-lamorgese-rimodulati-i-delicati-meccanismi-dellaccoglienza-e-dellintegrazione
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/dl-sicurezza-via-libera-in-cdm-al-nuovo-decreto
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/accoglienza-e-inclusione-passi-per-il-ritorno-al-futuro
http://www.vita.it/it/article/2020/10/06/superati-i-decreti-salvini-il-nuovo-testo-su-sicurezza-e-immigrazione/156889/
Relazione illustrativa seconda diramazione decreto-legge 130/2020 (disponibile o.l.)

Cecilia Claudia Poli

Sono laureata in Mediazione Linguistica e Culturale, specializzata  in Studi Internazionali- Governance delle Migrazioni con una tesi sul rapporto tra la Sinistra e la presenza straniera in Italia. Scrivo e mi interesso per passione accademica e personale di diritti umani, politica internazionale e questioni sociali. Oltre a molti viaggi, ho svolto periodi di studio e lavoro all'estero che mi hanno permesso scoprire la bellezza e ricchezza che nascondono “il diverso da noi”.