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A Tenerife le proteste fuori dal CETI (Centro de Estancia Temporal de Inmigrantes) di Las Raíces

Migliaia di persone in transito intrappolate alle Isole Canarie

Photo credit: Asamblea de apoyo a migrantes en Tenerife

Tenerife – Migliaia di persone in transito sono bloccate nelle Isole Canarie, immobilizzate dalle politiche migratorie europee di blocco e contenimento. Il Ministero dell’Inclusione del governo delle Canarie ha progettato e sta attuando il Plan Canarias, che consiste nell’apertura di 6 campi, denominati CETI (Centros de Estancia Temporal de Inmigrantes) con una capacità totale di circa 7.000 posti in edifici e tensostrutture. Tre di questi centri si trovano a Gran Canaria, due a Tenerife e uno a Fuerteventura.

Prima dell’attuazione di questo piano le persone in transito avevano trovato alloggio principalmente grazie agli accordi tra governo e imprenditori alberghieri che, in seguito alla crisi economica dovuta al Covid-19, si sono resi disponibili ad accogliere le persone sbarcate sulle isole. L’immaginario delle persone migranti in hotel stellati con la piscina ha suscitato molte polemiche nell’opinione pubblica e ha influito sull’adozione di provvedimenti discriminatori. In queste settimane la polizia sta effettuando le operazioni di trasferimento dagli hotel ai campi (CETI), che sono situati normalmente al di fuori dei centri abitati.

A Tenerife è in corso una protesta fuori dal CETI di Las Raíces, dove lo scorso 5 febbraio sono state trasferite centinaia di persone migranti. Si tratta di un’ex caserma militare che dovrebbe avere, secondo i dati forniti dal ministero, 1.450 posti letto. Molti di questi si trovano in grandi tende che, essendo costruite su un terreno inadatto a causa della forte umidità e dei frequenti temporali, spesso si ritrovano inondate.

Dal 16 febbraio più di 50 persone dormono in un accampamento informale di fronte ai cancelli del campo per denunciare le condizioni precarie delle strutture, come la mancanza di acqua calda per lavarsi, la distribuzione di cibo scadente, la sistemazione in camere e tensostrutture sovraffollate, l’assistenza sanitaria inadeguata e il mancato rispetto delle misure anti Covid-19.
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Durante la giornata di sabato si è svolta una manifestazione che ha visto la partecipazione di oltre 300 persone e che ha attirato l’attenzione delle tv e dei media locali. La sera stessa più di dieci furgoni della polizia sono entrati nel campo con il pretesto di ricercare delle armi, creando gravi disordini. Gli agenti della policia nacional spagnola hanno aggredito arbitrariamente le persone che si trovavano all’interno delle tensostrutture, che erano per altro inondate a causa dei forti temporali. Diverse persone sono rimaste ferite e riportano gravi ematomi. Dall’inizio della protesta si era già verificato un intervento analogo della polizia che, con il pretesto di ricercare sostanze stupefacenti, era entrata nel campo provocando tensioni che sono culminate con l’arresto di quattro persone.

Così le politiche europee di blocco e contenimento, che creano scenari simili su tutte le frontiere esterne dell’Ue, si traducono nella creazione di aree in cui le persone sono praticamente intrappolate. Il contenimento, che è favorito dalla geografia dell’isola, viene effettuato attraverso lo sviluppo di ostacoli burocratici, attraverso la limitazione della libertà di movimento e attraverso continui controlli e abusi di potere. Le procedure di accesso alla protezione internazionale possono durare mesi, durante i quali le persone migranti non possono muoversi al di fuori dell’isola né lavorare e sono dunque costrette a vivere in un’estenuante attesa che molte volte si conclude con un rifiuto della richiesta di asilo.

Il 21 febbraio (sesto giorno di protesta), la “Assemblea di supporto alle persone migranti” ha pubblicato un comunicato per denunciare il razzismo istituzionale e le violazioni dei diritti umani da parte del governo conservatore delle Canarie.

La Ruta Canaria

Nel 2020 le Isole Canarie sono diventate uno dei principali punti di ingresso per le persone in transito sulle rotte africane. Le rotte convergenti nel Mediterraneo infatti sono state fortemente colpite dalla chiusura delle frontiere dovuta alla diffusione del Covid-19. Il rafforzamento dei controlli sullo Stretto, sul Mare di Alborán e sui confini terrestri di Melilla e Ceuta hanno provocato una deviazione a sud-ovest, verso le coste occidentali del continente, e riattivato rotte più pericolose, come la rotta per le Isole Canarie.

La costa marocchina è la più vicina all’arcipelago, tuttavia la maggior parte delle persone che intraprendono il viaggio per le Canarie, parte da coste più lontane, come quelle della Mauritania, del Senegal e del Gambia. Queste rotte sono più economiche e meno sorvegliate, ma l’elevato numero di giorni in mare aumenta le possibilità di subire complicazioni durante il viaggio, come la mancanza di acqua e di cibo, calcoli errati con la benzina, guasti al motore.

Le imbarcazioni affrontano viaggi che possono raggiungere anche i 10-12 giorni di navigazione, esposte ai forti venti e alle forti correnti dell’oceano. Nel corso del 2020 sono state 23.023 le persone che hanno raggiunto le coste dell’arcipelago, principalmente Gran Canaria e Tenerife, mentre “Derecho a la Vida 2020” stima che le vittime siano state 1.851.

Mattia Iannacone

Mi chiamo Mattia, vengo da Novara e mi sono laureato in scienze politiche a Padova. Ho avuto diverse esperienze in frontiera come attivista in Italia, Spagna e nei Balcani. Attualmente vivo a Bologna dove studio antropologia.