Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
//

Nuovo rapporto sui crimini contro l’umanità nell’Egeo

Legal Centre Lesvos: da marzo 2020 sono state perpetrate impunemente espulsioni collettive

Il nuovo rapporto del Legal Centre Lesvos si aggiunge al numero crescente di testimonianze, notizie dei media, rapporti della società civile e altre inchieste che hanno evidenziato come le autorità greche stiano deliberatamente e sistematicamente abbandonando centinaia di migranti in mezzo al Mar Egeo su gommoni e imbarcazioni di salvataggio non idonei alla navigazione, senza possibilità di chiedere soccorso. Questo rapporto è una risorsa per i sopravvissuti alle espulsioni collettive e per gli operatori della solidarietà. 

Scarica il rapporto (Eng)

Facendo seguito al primo rapporto del Legal Centre Lesvos, quello attuale raccoglie recenti testimonianze di migranti sopravvissuti alle espulsioni collettive, e sottolinea la natura diffusa, sistematica e violenta di questi attacchi contro i migranti. Il rapporto sostiene che gli elementi che costituiscono il modus operandi delle espulsioni collettive nell’Egeo, oltre a rappresentare una grave violazione del diritto internazionale, europeo e nazionale sui diritti umani, equivalgono anche a crimini contro l’umanità ai sensi dell’articolo 7 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale

schermata_da_2021-02-05_15-17-30.png

Contro le prove schiaccianti di espulsioni collettive nell’Egeo, la risposta dell’Europa e dei singoli stati è stata quella di chiudere un occhio, non tentando neanche di richiamare alle proprie responsabilità le autorità greche, o altri soggetti pubblici e privati direttamente o indirettamente coinvolti. Al contrario, la Commissione europea ha elogiato le pratiche violente di “gestione delle frontiere e delle migrazioni” attuate dalla Grecia, e ha assicurato il proprio supporto con un consistente aiuto materiale ed economico.

Nel contesto della pandemia COVID-19 che ha impedito alla Grecia di effettuare deportazioni “ufficiali” in Turchia, le espulsioni collettive sono state usate convenientemente per portare avanti in modo non ufficiale l’”accordo UE-Turchia” e altri accordi bilaterali di “riammissione“, pratiche che rientrano negli sforzi della fortezza Europa verso l’esternalizzazione dei confini. 

C’è un limite alle volte in cui le violazioni dei diritti umani evidenziate da rappresentanti legali e della società civile possono incontrare un silenzio assordante e una totale mancanza d’azione senza che questo stesso silenzio diventi la prova della responsabilità greca ed europea per le espulsioni collettive intese come un vergognoso attacco alle vite dei migranti. Tale inerzia rivela che le vite dei migranti sono sempre più considerate come sacrificabili, idea che storicamente ha sempre portato a crimini atroci. 

La violenza sistematica dei respingimenti nell’Egeo, oltre ad essere scandalosa, è anche il risultato logico di una politica di frontiera europea disumanizzante e punitiva, che ha sistematicamente ostacolato l’accesso al territorio e il diritto di asilo, finanziando e dando priorità al sistema di contenimento basato su “hotspot“, procedure accelerate, detenzione, deportazioni, militarizzazione ed esternalizzazione delle frontiere attraverso accordi di dubbia legalità con paesi terzi.

Una politica che incrimina i migranti e gli operatori della solidarietà, nascondendo con successo l’impatto che la violenza e l’imperialismo europeo hanno avuto sui processi migratori.

L’assenza di indagini serie, o di misure pratiche che pongano rimedio alle violazioni, dimostra chiaramente che le espulsioni collettive fanno parte della politica migratoria greca ed europea: strumentalizzare la sofferenza umana causata da atti di violenza governativa eclatanti allo scopo di scoraggiare ad ogni costo le migrazioni. 

In questo contesto, è importante chiedersi che tipo di giustizia possono aspettarsi i sopravvissuti ai crimini contro l’umanità nell’Egeo, molti dei quali hanno riportato traumi psicologici permanenti a causa di questi crimini.

La giustizia di cui parlano i sopravvissuti che hanno contattato il Legal Centre Lesvos è quella di poter raggiungere l’Europa in sicurezza. Rendere giustizia per le espulsioni collettive intese come crimini contro l’umanità vuol dire quindi garantire rotte sicure e legali verso l’Europa, e smilitarizzare, smantellare e tagliare i fondi al violento regime europeo delle frontiere.