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Il Questore nega il rinnovo del PdS per motivi umanitari ad una madre nigeriana. Il Giudice riconosce la protezione speciale introdotta con il DL 130/2020

Tribunale di Lecce, decreto del 10 febbraio 2021

Photo credit: Angelo Aprile

Il Tribunale di Lecce – sezione specializzata in materia di protezione internazionale ecc. – ha riconosciuto la protezione speciale ad una donna nigeriana (madre di un minore nato a Taranto nell’anno 2019), a cui veniva negato il rinnovo del permesso per motivi umanitari dal Questore di Taranto. Il Giudice ha ritenuto di applicare il D.L. 21 ottobre 2020 n.130 convertito con modificazioni (aventi efficacia dal 20.12.2020) nella L. n.173 del 18 dicembre 2020, pubblicata nella GU n.314 del 19.12.2020.

“Affermato il rilievo centrale che assume il c.d. giudizio di comparazione, ossia la valutazione comparativa tra il grado di integrazione sociale effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente nel Paese di origine; tanto, al fine di verificare se la “compressione” della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani possa essere ritenuta al di sotto del nucleo minimo dei diritti della persona il quale connota la condizione di vulnerabilità.
Con la precisazione che la condizione di vulnerabilità va verificata di volta in volta all’esito di una valutazione individuale della vita privata e familiare del richiedente, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza alla stregua di “un più generale principio di comparazione attenuata, concettualmente caratterizzato da una relazione di proporzionalità inversa tra fatti giuridicamente rilevanti” nel senso che “quanto più risulti accertata in giudizio (con valutazione di merito incensurabile in sede di legittimità se scevra da vizi logico-giuridici che ne inficino la motivazione conducendola al di sotto del minimo costituzionale richiesto dalle stesse sezioni unite con la sentenza 8053/2014) una situazione di particolare o eccezionale vulnerabilità, tanto più è consentito al giudice di valutare con minor rigore il secundum comparationis, costituito dalla situazione oggettiva del paese di rimpatrio, onde la conseguente attenuazione dei criteri rappresentati dalla privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale”. (cfr. Cassaz., n. 8819/2020 che richiama i principio affermato in Cass., n.1104/2020)”.

“La nuova disciplina – si legge nella pronuncia – con il ripristino nel comma 6 dell’art. 5 del D. Lgs. 1998 dell’inciso: “fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali dello Stato Italiano” e la sostituzione del comma 1.1. dell’articolo 19 del medesimo decreto legislativo, ha in sostanza operato una sorta di reviviscenza della vecchia protezione umanitaria, potenziandone l’applicazione e chiarendo i relativi presupposti, sulle orme del percorso tracciato dai principi affermati nel corso dell’ultimo decennio dalla gran parte dei giudici di merito con l’avallo della Suprema Corte.
Non altra lettura può esser data infatti alla esplicita codificazione in quest’ultima norma del “diritto al rispetto della propria vita privata e familiare” del richiedente ed alla valutazione dei fondati motivi, al vertice dei quali è posta “la violazione sistematica e grave di diritti umani” con l’indicazione specifica dei quattro criteri di valutazione ai quali deve attenersi l’interprete:
a) natura ed effettività dei vincoli familiari dell’interessato;
b) il suo effettivo inserimento sociale;
c) la durata del suo soggiorno sul territorio nazionale;
d) l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine”.

Nel caso di specie, l’elemento di novità introdotto in sede di richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno è la nascita sul territorio dello Stato del figlio avvenuta nell’anno 2019, ciò posto, premesso che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 376 del 27 luglio 2000, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, lettera d) della legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ora sostituito dall’art. 19, comma 2, lett. d) del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico), nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, è da osservare come deve essere apprestata al minore la tutela prevista dalla Convenzione Internazionale del Fanciullo e che, in caso di conflitto con altri interessi, quello del bambino viene riconosciuto sempre come primario e superiore, anche ai sensi dell’art. 28, c. 3 d.lgs. 286/1998; risulta, infatti, di primaria importanza tutelare i minori, alla bigenitorialità e che per il benessere psicofisico dei fanciulli si deve giustificare la permanenza regolare di entrambi i genitori sul territorio italiano.

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Tribunale di Lecce, decreto del 10 febbraio 2021