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La Corte riafferma principi ormai consolidati in tema di valutazione di credibilità, razionalità e coerenza della motivazione e collaborazione istruttoria

Corte di Cassazione, ordinanza n. 2543 del 4 febbraio 2021

L’ordinanza n. 2543/2021 della terza sezione civile della Cassazione, depositata il 04.02.2021, annulla con rinvio la sentenza n. 913/19 della Corte d’Appello di Venezia. Con questo arresto la Corte riafferma principi ormai consolidati in tema di valutazione di credibilità, razionalità e coerenza della motivazione e collaborazione istruttoria, troppo spesso disattesi dai giudici di merito.

Il caso in esame riguarda un richiedente del Gambia, che aveva posto a fondamento della fuga dal suo paese il timore di essere ucciso da parte dei parenti della sua fidanzata, rimasta incinta nell’ambito di una relazione sentimentale contrastata dalle rispettive famiglie per la diversa fede religiosa. Per questo la ragazza si era sottoposta autonomamente ad una pratica abortiva tradizionale, morendo di emorragia. I parenti lo avevano ritenuto responsabile del decesso denunciandolo per induzione all’aborto con successivo decesso della gestante. La Commissione aveva ritenuto la vicenda non credibile con argomentazioni meramente apodittiche, rilevando l’assenza di prove documentali rispetto ad eventuali procedimenti penali a suo carico, e i giudici di merito si erano limitati a richiamare le valutazioni dell’organo amministrativo.

Accogliendo tre motivi di impugnazione la Cassazione afferma i principi di diritto di seguito riportati, rilevando tra l’altro come la verifica in ordine ad eventuali procedimenti penali a carico del ricorrente competa anche al giudice, in forza del principio di cooperazione istruttoria :

– “In tema di protezione internazionale, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel comma 5 dell’art. 3 del d.lgs. n. 251 del 2007, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto che deve essere valutato in modo complessivo e non atomistico“;

– “la motivazione, inoltre, deve essere argomentata in modo idoneo a rivelare la relativa “ratio decidendi”, senza essere basata, invece, su elementi irrilevanti o su notazioni, che, essendo prive di riscontri processuali, abbiano la loro fonte nella mera opinione del giudice, cosicché il relativo giudizio risulti privo della conclusione razionale.“;

– “Inoltre, a fronte del dovere del richiedente di allegare tutti gli elementi necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente”.

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Corte di Cassazione, ordinanza n. 2543 del 4 febbraio 2021
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