Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Le frontiere non prevalgano sulla vita. Il caso di Mediterranea

Un appello di studiosi e studiose, ricercatori e ricercatrici, avvocate e giuriste si schiera dalla parte di chi soccorre i migranti

L’armatore della Mare Jonio e due capi missione delle operazioni di soccorso in mare di Mediterranea Saving Humans sono sotto inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il reato è lo stesso per cui, nelle settimane scorse, a essere finiti nel mirino di una diversa procura sono stati i fondatori dell’associazione Linea d’Ombra, che opera in supporto dei migranti sulla rotta balcanica e al fianco dei quali si sono mobilitate tantissime voci di solidarietà.

È un reato che, come ha autorevolmente chiarito Stefano Zirulia dalle pagine di “Avvenire”, non contempla lo scambio economico tra i suoi elementi costitutivi, nonostante proprio su questo insistano sia i comunicati rilasciati dalla procura di Ragusa sia il provvedimento che ha motivato perquisizioni e sequestri a bordo della nave Mare Jonio.

Le circostanze nelle quali la Maersk ha deciso di supportare economicamente le attività di salvataggio di Mediterranea sono state ampiamente chiarite da un comunicato della stessa compagnia di navigazione commerciale e i tweet che avevano pubblicamente dato conto dei rapporti tra le associazioni degli armatori danesi e la società armatrice della Mare Jonio sono, peraltro, agli atti dell’inchiesta.

Vale tuttavia la pena continuare a leggere gli atti per rendersi conto di quale sia l’interpretazione del reato che ha mosso la Procura di Ragusa. Alcuni passaggi sono, a tal proposito, eloquenti quando affermano che «si ritiene che […] il bilanciamento in concreto tra la tutela dei diritti del migrante/naufrago (alla integrità psico-fisica ed agli altri diritti fondamentali, correlati all’eventuale riconoscimento di particolari status) e la preservazione del bene giuridico della ordinata gestione dei flussi migratori debba lasciar prevalere il bene giuridico protetto dall’art. 12 T.U. IMM».

In altre parole, per la Procura di Ragusa la tutela delle frontiere deve prevalere su quella dei diritti fondamentali e della stessa integrità psico-fisica dei migranti naufraghi. A fronte di oltre 40.000 morti nel Mediterraneo, dei quali almeno la metà negli ultimi 5 anni, è una affermazione che dovrebbe sollevare sconcerto.

Non vi è dubbio, che il bene giuridico tutelato dal reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina siano le frontiere e non la vita dei migranti. L’immaginario della lotta ai trafficanti, da questo punto di vista, trae certamente in inganno e le numerose inchieste che coinvolgono gli attivisti della solidarietà per mare e per terra lo confermano. Tra queste, vi sono l’inchiesta contro l’equipaggio della Iuventa, di cui si sono chiuse le indagini a Trapani, e quelle che coinvolgono Medici Senza Frontiere, Save the Children e, a Catania, la nave Aquarius.

Che le frontiere prevalgano sulla vita è, però, un’interpretazione da rifiutare. Sotto il profilo giuridico, sono molte le decisioni dei Tribunali che l’hanno smentita, così come ha fatto la Cassazione nel caso di Carola Rackete, riconoscendo la preminenza della tutela della vita e dell’accesso alla protezione su quella dei confini.

Sotto il profilo delle politiche del diritto che vengono perseguite dagli Stati, quando il reato è stato introdotto nell’ordinamento italiano con il Testo Unico sull’immigrazione del ’98 “l’ordinata gestione dei flussi migratori”, sebbene non abbia mai funzionato davvero, era affidata alla previsione di un sistema di ingressi regolari che, negli anni, è andato man mano riducendosi fino a un sostanziale blocco. Lo stesso può dirsi per la Direttiva facilitazioni del 2002 che, a livello europeo, fornisce il quadro di riferimento dell’armonizzazione delle sanzioni penali in materia di favoreggiamento dell’immigrazione illegale.

La ratio delle norme poteva ancora, al tempo, essere letta come volta a colpire condotte che favorivano l’immigrazione al di fuori dei canali regolari contemplati. Ma che dire, oggi, a due decenni di distanza?

Alle crisi che hanno investito i confini europei, da quella innescata dalle primavere arabe del 2011, alla lunga estate delle migrazioni del 2015, l’Europa ha risposto chiudendosi politicamente in rinnovati sovranismi e sigillando le proprie frontiere. L’accordo imposto alla Grecia con la Turchia nel 2016, per bloccare la rotta balcanica, e quello tra l’Italia e il Governo di accordo nazionale libico, del 2017, sono due veri e propri atti di guerra contro le migrazioni, proseguiti con la politica dei porti chiusi. Lo sono per il numero dei morti che hanno portato con sé e perché hanno decretato politicamente la prevalenza delle frontiere sulla vita e sulla libertà.

I fatti alla base dell’inchiesta che coinvolge gli attivisti di Mediterranea sono noti. Dopo aver soccorso 27 migranti naufraghi il 5 agosto scorso sotto il coordinamento delle Autorità maltesi, la nave commerciale Etienne della compagnia Maersk è stata lasciata per 37 giorni in mare senza che le venisse assegnato un porto di approdo. Le condizioni a bordo, accertate dai medici di Mediterranea, hanno imposto, l’11 settembre 2020, il trasbordo dei naufraghi sulla Mare Jonio che ha, infine, ottenuto di sbarcare a Pozzallo in accordo con le Autorità italiane.

Lo stato di necessità a bordo della Etienne è tra gli elementi contestati dalla procura, la quale sostiene nel comunicato stampa che i medici siano saliti a bordo “illegittimamente” (pur senza dare conto di quali norme renderebbero “illegittimo” il soccorso sanitario prestato) e conclude, negli atti di indagine, che «si registra una pretesa alla sostituzione integrale dell’Autorità Statale (e del concerto degli Stati potenzialmente interessati) da parte di soggetti privati (società di natura commerciale)».

Sono parole che, ancora una volta, fanno riflettere perché, pur volte a contestare lo stato di emergenza a bordo, danno implicitamente conto di un’emergenza politica determinata dallo scarica barile degli Stati e delle Istituzioni europee.

È proprio in questa emergenza che Mediterranea è scesa in mare due anni fa, prendendo una parte precisa a fianco dei migranti in fuga, in quella guerra che viene condotta contro le migrazioni ai confini dell’Europa. È una guerra impari, che i migranti combattono con i loro corpi e qualche gommone sgonfio contro nemici armati di tutto punto, dagli aguzzini dei lager libici, alle motovedette della cosiddetta guardia costiera libica, alle politiche di morte degli Stati e dell’Unione Europea.

Come alleata hanno invece la solidarietà degli attivisti, delle Ong del soccorso in mare, dei donatori che le sostengono (ancora troppo pochi), dei pescatori che offrono aiuto anche a rischio del blocco dei pescherecci e, in casi come quello della Etienne, delle navi commerciali, dei loro equipaggi e delle loro compagnie armatrici. Ben venga, dunque, il sostegno di queste ultime, anche economico alle Ong del soccorso in mare, se serve a far prevalere la vita sulle frontiere.

È la stessa emergenza politica nella quale molte e molti di noi, avvocate, giuriste, ricercatori e ricercatrici, prestano la loro opera al fianco dei migranti e degli attivisti accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Ed è un’emergenza che non si è conclusa con il succedersi dei governi e che tornerà urgente nei mesi estivi, con l’aumentare delle partenze via mare dei migranti in fuga. L’inchiesta che ha coinvolto gli attivisti della Mare Jonio seguirà il suo corso sul piano giudiziario, ma ha già prodotto il rischio concreto di ostacolare il ritorno in mare di Mediterranea Saving Humans, almeno a breve termine, aggravando l’emergenza politica alle frontiere.

È su questa emergenza che siamo tutte e tutti chiamati a prendere ancora una volta parte.

Proponenti e firmatari:
Tatiana Montella, Enrica Rigo, Maurice Stierl, Cosimo Alvaro, Annapaola Ammirati, Matteo Astuti, Luce Bonzano, Silvia Calderoni, Caterina Calia, Francesca Cancellaro, Carlo Caprioglio, Cristina Cecchini, Eleonora Celoria, William Chiaromonte, Giulia Crescini, Nicola Dado, Armando Maria De Nicola, Jacopo Di Giovanni, Pamela Donnarumma, Giulia Fabini, Salvatore Fachile, Francesco Ferri, Raffaella Flore, Ludovica Formoso, Rachele Fortuni, Alessandro Gamberini, Fabian Georgi, Stefano Giovannelli, Stefano Greco, Sabine Hesse, Niki Kubaczek, Loredana Leo, Letizia Mancini, Giuseppina Massaiu, Maria Vittoria Mora, Livio Neri, Marco Paggi, Giulia Perin, Tamar Pitch, Federica Remiddi, Alice Riccardi, Erminia Rizzi, Arturo Salerni, Gennaro Santoro, Guido Savio, Ulrich Stege, Lorenzo Trucco, Daniele Valeri, Gianluca Vitale, Nazzarena Zorzella.