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Cittadinanza iure soli – Diritto di acquisire la cittadinanza al compimento della maggiore età in caso di sussistenza in concreto dei requisiti ed in presenza di inadempimenti amministrativi non imputabili alla richiedente

Tribunale di Milano, ordinanza del 2 marzo 2021

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Il Tribunale di Milano ha riconosciuto il diritto ad acquisire la cittadinanza, ai sensi dell’art. 4 comma 2 legge 5 febbraio 1992, n. 91, nel caso di esistenza in concreto dei requisiti ed in presenza di inadempimenti amministrativi non imputabili alla richiedente.

Nella fattispecie una cittadina non comunitaria nata in Italia ha presentato al Sindaco del Comune competente, al compimento della maggiore età, istanza di concessione della cittadinanza ai sensi dell’art. 4 comma 2 legge 5 febbraio 1992 n. 91 (“lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzione fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”).

Con atto del Sindaco è stato disposto il diniego per il prodursi degli effetti della dichiarazione di acquisto della cittadinanza sulla base dei seguenti motivi: avvio di un procedimento di cancellazione di iscrizione anagrafica nei confronti del nucleo familiare; presenza irregolare sul territorio italiano; accertamenti negativi in ordine alla dimora abituale presso il Comune; mancanza di dichiarazioni di rinnovo della dimora abituale e/o di cambiamento di abitazione né dichiarazioni di trasferimento in altro Comune.

Secondo l’Amministrazione, tali situazioni denotano la mancanza di una legittima presenza sul territorio ai sensi dell’art. 4 comma 2 legge 5 febbraio 1992, n. 91.

Con ricorso depositato dinanzi al Tribunale di Milano, la richiedente ha contestato il suddetto provvedimento di rigetto richiamando: la circolare del Ministero dell’Interno n. 22 del 7 novembre 2007; l’art. 33 D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in legge 9 agosto 2013, n. 98; l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui il requisito della regolarità del soggiorno dei genitori del richiedente la cittadinanza non è previsto quale condizione per il riconoscimento della cittadinanza ai sensi dell’art. 4 co. 2 legge 91/1992; l’insegnamento della Suprema Corte secondo cui la verifica del possesso dei requisiti per il riconoscimento della cittadinanza italiana, domandato da figlio di stranieri al compimento della maggiore età, comporta che debba essere accertata la residenza ininterrotta in Italia del richiedente fin dalla nascita, applicandosi il criterio della residenza effettiva, che può essere dimostrata con ogni idonea documentazione, dovendo tale criterio ritenersi prevalente sulla residenza anagrafica (Cass. civ. sez. I, 17 maggio 2017, n. 12380, Rv. 644317); la circostanza secondo cui, in concreto, l’ininterrotta presenza e residenza della ricorrente sul territorio nazionale, sin dalla nascita, risulta inequivocabilmente attestata dalle certificazioni pubbliche di carattere anagrafico e scolastico.

Orbene, il Tribunale di Milano ha dapprima precisato che “il procedimento nel quale si domanda l’accertamento della cittadinanza italiana ha ad oggetto un diritto soggettivo e che la sua attribuzione alle Sezioni specializzate del Tribunale ad opera del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, rafforza tale qualità, imponendo all’interno della stessa giurisdizione ordinaria un particolare riparto di valutazione” (Cass. civ. S.U. 25 febbraio 2009, n. 4466).

Nel merito, dopo aver richiamato la circolare n. 22 del 7 novembre 2007 del Ministero dell’Interno, il giudice di merito ha evidenziato che, ai sensi dell’art. 33 D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in legge 9 agosto 2013, n. 98, “ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, all’interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni idonea documentazione ”.

La citata disposizione “mira appunto a far sì che i Comuni accolgano la dichiarazione di elezione della cittadinanza anche in presenza di iscrizioni anagrafiche tardive o mai effettuate dai genitori, di rigetto illegittimo da parte dell’Ufficio anagrafe della richiesta di iscrizione, etc “. Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del decreto-legge presentato al Parlamento, la norma recepisce “un orientamento consolidato da parte della giurisprudenza (Corte di Appello di Napoli, sentenza n. 1486 del 13 aprile 2012; Tribunale di Imperia, decreto n. 1295 del 11 settembre 2012; Tribunale di Reggio Emilia – I sezione civile, decreto 31 gennaio 2013; Tribunale di Lecce – II sezione civile, sentenza del 11 marzo 2013; Tribunale di Firenze – I sezione civile, decreto del 5 aprile 2013), che riconosce al figlio nato in Italia da genitori stranieri il diritto di acquisire la cittadinanza al compimento della maggiore età, nei casi in cui ci siano inadempimenti di natura amministrativa, a lui non imputabili, da parte dei genitori o degli ufficiali di stato civile o di altri soggetti. In tal modo, la giurisprudenza ha considerato rilevante la sussistenza in concreto dei requisiti per ottenere la cittadinanza da parte del neo maggiorenne nato in Italia da genitori stranieri, documentabili, tra l’altro, con certificazioni scolastiche o mediche attestanti la sua presenza in Italia fin dalla nascita e il suo inserimento nel tessuto socio-culturale ”.

Nel caso concreto, è stato dimostrato che, alla stregua delle disposizioni normative e regolamentari sopra citate, non poteva essere imputabile alla ricorrente né il mancato rinnovo del permesso di soggiorno, né l’omesso rinnovo della dichiarazione di dimora abituale nel Comune di residenza, trattandosi di adempimenti che non sono stati effettuati dai genitori. Per altro verso, ai fini richiesti dalle disposizioni legislative e regolamentari sopra riportate, sono stati rappresentati in atti numerosi elementi dimostrativi dell’effettiva presenza della ricorrente nel nostro Paese nel periodo antecedente l’istanza di concessione della cittadinanza italiana e a tutt’oggi (documentazione scolastica e medica).

Pertanto, in presenza di tali condizioni, inequivocabili nell’attestare la continuativa ed effettiva presenza della ricorrente nel nostro Paese nel corso degli anni, “la concessione della cittadinanza italiana risponde alla necessità di permettere alla ricorrente di sviluppare e realizzare un completo e positivo inserimento nel nostro Paese e di garantire da subito la vita privata e familiare della persona, fortemente riconosciuta e sottolineata dall’art. 8 CEDU”.

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Tribunale di Milano, ordinanza del 2 marzo 2021