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Network Porti adriatici: continuano i respingimenti e le riammissioni

La denuncia della rete dei porti adriatici

Photo credits: Nicola Fornaciari

Esistono delle zone di frontiera dove i respingimenti, quando avvengono, sono sostanzialmente invisibili, poco noti ed ignorati all’interno del più ampio dibattito in tema di migrazione. Aree che continuano ad essere interessate da importanti flussi migratori con un significativo trend di crescita, ma di cui ancora poco si parla. Parliamo dei porti italiani lungo la costa adriatica, zone “grigie”, coni d’ombra, dove vengono negati i diritti degli uomini, delle donne e dei minori che vi giungono a bordo dei traghetti di linea o delle navi crociera e continuano ad essere respinti con procedure del tutto informali e in violazione dei diritti previsti.

Il Network Porti Adriatici esprime preoccupazione per la politica dei respingimenti e delle riammissioni che prosegue nei porti adriatici senza alcuna valutazione delle situazioni individuali e delle cause di inespellibilità dei cittadini stranieri anche nei confronti di richiedenti asilo e minori non accompagnati, in violazione del diritto di asilo, del diritto dell’Unione Europea.

Il Network Porti Adriatici è una rete di associazioni operative nelle città adriatiche interessate dalla presenza di porti (Ambasciata dei diritti delle Marche, A.S.G.I., Lungo la Rotta Balcanica e S.O.S. Diritti di Venezia) e, in collaborazione con associazioni operanti nei Paesi della rotta balcanica e in Grecia, dal 2017 procede con un’azione di monitoraggio di quanto avviene ai porti e garantisce informativa e tutela legale ai cittadini stranieri in arrivo in Italia da Grecia e da altri paesi dell’area balcanica, come Albania, Croazia e Montenegro.

Nel corso del 2020 e in questi primi mesi del 2021, il Network ha ricevuto moltissime segnalazioni da parte di richiedenti asilo, anche minori, cui veniva impedita la tutela e la protezione garantita dalla legislazione vigente, spesso senza la presenza di un mediatore e senza aver ricevuto alcuna informativa legale. Solo a seguito dell’intervento delle associazioni, è stato possibile contrastare le prassi illegittime e garantire l’accesso al territorio, alla richiesta di asilo e alla protezione. Le testimonianze raccolte riferiscono episodi di violenze e trattamenti degradanti, sia ai porti nella fase del rintraccio e dell’arrivo, sia durante il viaggio. Inoltre, i richiedenti asilo e minori respinti hanno raccontato di essere stati “affidati” in custodia ai comandanti dei traghetti e delle navi e riaccompagnati al porto da cui erano partiti.

Il Network Porti Adriatici, nel 2020 ha effettuato diverse richieste di accesso civico agli atti dei dati relativi alle riammissioni e ai respingimenti dai porti adriatici, alcune rimaste senza riscontro. Secondo i dati – formali ed informali- e le testimonianze raccolte, le prassi illegittime si riscontrano, oltre verso coloro che arrivano dai porti della Grecia, anche per chi giunge da paesi quali Croazia ed Albania.

Per quanto riguarda in particolare le riammissioni verso la Grecia, sulla base dell’Accordo di riammissione del 1999, destano tuttora particolare preoccupazione le condizioni dei cittadini stranieri, dei richiedenti asilo e dei minori soli. In particolare, si rilevano violazioni del quadro normativo europeo1, con particolare riferimento agli ostacoli posti all’accesso alla richiesta di protezione internazionale e alle inadeguatezze del sistema di accoglienza del Paese che non garantisce gli standard previsti, neanche per i minori e i nuclei familiari. Inoltre, la Grecia continua a respingere in Turchia, Paese che si contraddistingue per violazione sistematica dei diritti umani anche nei confronti dei propri cittadini ed in particolare della popolazione curda. La Turchia è il Paese con il più alto numero di giornalisti in carcere per aver espresso le proprie opinioni ed è anche il Paese che da qualche giorno, con un decreto firmato dal Presidente Erdogan, ha revocato la propria partecipazione alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul).

Già nell’ottobre 2014 l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) per aver respinto – tra gennaio 2008 e febbraio 2009 – in modo indiscriminato alcuni cittadini stranieri provenienti dalla Grecia (caso Sharifi e altri contro Italia e Grecia) e intercettati dalla polizia di frontiera ai porti di Ancona, Bari e Venezia. La Corte EDU ha condannato l’Italia per violazione del divieto di espulsioni collettive, divieto di trattamenti inumani o degradanti e il diritto a un ricorso effettivo contro l’espulsione collettiva e l’esposizione a trattamenti inumani e degradanti. A seguito della sentenza è stata avviata una procedura di supervisione di fronte al Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa, finalizzata ad accertare le misure intraprese per evitare il ripetersi delle medesime violazioni2.

Pur tuttavia, l’azione di monitoraggio del Network consente di denunciare che, ai porti adriatici, le violazioni dei diritti delle persone migranti e dei minori continuano in modo regolare e che molteplici sono le criticità ancora esistenti, tra cui l’inefficacia dei servizi di accoglienza ed assistenza degli enti in convenzione con le Prefetture, previsti ai valichi di frontiera, l’assenza di informativa legale, l’impedimento all’accesso della richiesta di protezione internazionale, la negazione della tutela per i minori e coloro che si trovano in condizioni di vulnerabilità. Continuano inoltre ad essere segnalate diffuse situazioni di violenza e altri prassi aventi profili di illegittimità quali la detenzione a bordo delle navi, il sequestro di beni mobili e di ogni documentazione.

In considerazione di quanto finora riportato, il Network Porti Adriatici, rimarcando la necessità di interrompere le riammissioni verso la Grecia e i respingimenti verso Albania e Croazia , nonché di garantire il pieno rispetto del diritto d’asilo e tutti gli altri diritti e le garanzie fondamentali, ritiene necessario ed urgente:

  • procedere nell’azione di costante monitoraggio sia a livello locale che nei Paesi interessati, anche in considerazione della probabilità dell’intensificarsi della rotta adriatica in conseguenza dell’allarmante situazione nei Paesi della Rotta Balcanica e dell’evoluzione del quadro europeo. Il Network Porti Adriatici pubblicherà un report con le risultanze delle nuove richieste di accesso ai dati dei respingimenti e delle riammissioni e le testimonianze raccolte;

  • promuovere azioni di advocacy e giuridiche e segnalazioni alle istituzioni competenti, al Consiglio d’Europa e alla Corte Europea dei diritti dell’uomo e proseguire con il monitoraggio della procedura di supervisione della sentenza Sharifi;

  • implementare un lavoro di rete, con l’obiettivo di intervenire sulle attuali prassi di gestione degli arrivi e dell’identificazione nell’ottica della tutela dei diritti in frontiera e del contrasto di prassi illegittime.
  1. Nello specifico si fa riferimento alla Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta; alla Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, e alla Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.
  2. Per approfondimenti si veda “Respingimenti: l’Italia ancora sotto indagine per il caso Sharifi“, ASGI, 8 aprile 2020.

Danilo Burattini

Membro della redazione di Melting Pot Europa e dell'Ambasciata dei Diritti delle Marche.