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Protezione speciale al richiedente: tramite l’attività lavorativa da molti anni provvede al sostentamento della famiglia in Pakistan

Tribunale di Bologna, decreto 15 marzo del 2021

Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto la protezione speciale ex art. 19 c. 1.1 TUI, riformata dal cd decreto Lamorgese, a cittadino pakistano.
Preliminarmente, il giudicante, ha fornito la propria interpretazione della novella normativa che avrebbe ampliato la portata della precedente protezione umanitaria, ritenendo che: “la protezione speciale contemplata nella nuova normativa ricalchi la precedente protezione umanitaria per integrazione sociale, come elaborata dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, sulla falsariga della giurisprudenza CEDU sul rispetto della vita privata e familiare di cui all’art 8 CEDU e anzi per alcuni aspetti ne ampli la portata, dal momento che parrebbe ritenere non indispensabile – ma comunque consentito – il giudizio comparativo elaborato dalla precedente giurisprudenza tra le condizioni di vita del richiedente in Italia e quelle a cui andrebbe incontro in caso di rientro nel suo Paese in cui deve dimostrarsi la possibile grave deprivazione dei diritti umani […]. Per ritenere integrati i presupposti necessari al riconoscimento di tale nuova forma di protezione complementare, è dunque necessaria la prova di una integrazione effettiva nel tessuto sociale del paese ospitante e non solo un inserimento lavorativo. Già sotto il vigore della precedente normativa, per il riconoscimento della protezione umanitaria, l’inserimento lavorativo, si ribadisce, non era considerato sufficiente […], dovendosi dar prova della realizzazione di un grado adeguato di integrazione sociale, legata ad un radicamento effettivo del ricorrente nel territorio italiano da ritenersi espresso dai seguenti parametri almeno in parte sussistenti: conoscenza della lingua italiana, situazione alloggiativa stabile, rapporto di lavoro in corso, reddito sufficiente al sostentamento, famiglia, rete sociale, assenza di familiari superstiti nel paese di origine e/o di opportunità di lavoro; tenuto conto, sempre per il riconoscimento della protezione umanitaria, anche delle condizioni di privazione dei diritti umani nel paese di origine”.
In relazione al caso di specie, la concessione della protezione speciale si fonda sull’”esistenza di una solida vita privata e di una forte integrazione sul territorio, in quanto il ricorrente ha provato “l’inserimento lavorativo e la stabilità abitativa a dimostrazione della sua raggiunta autonomia; egli, arrivato in Italia nel luglio del 2014, ha iniziato a prestare attività lavorativa dal 2017 sin da subito a tempo indeterminato […] tale rapporto di lavoro, ormai stabilito e duraturo, risulta tuttora in corso e rappresenta un elemento a prova dell’integrazione socio-economica del ricorrente sul territorio, ormai stabilmente insediato nel contesto aziendale e locale. Il reddito percepito è ampiamente sufficiente al suo mantenimento. Quanto alla stabilità abitativa, il ricorrente è dapprima stato ospitato presso una cittadina italiana; attualmente vive assieme ad alcuni connazionali […]. Tale vissuto converge indiscutibilmente nella costruzione di una «identità sociale» legata alla permanenza sul territorio, per quanto egli abbia i famigliari di riferimento in Pakistan. Risulta peraltro elemento fondante della vita privata del ricorrente sul territorio il fatto che egli provvede al mantenimento della famiglia d’origine, come dimostrato dall’avvenuto deposito in atti di rimesse di denaro costanti e significative a favore della stessa”.

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Tribunale di Bologna, decreto 15 marzo del 2021