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Status di rifugiata a vittima di tratta nigeriana per le violenze inaudite subite in Libia e per il pericolo di re-trafficking

Tribunale di Lecce, decreto del 6 aprile 2021

Il Tribunale di Lecce ha riconosciuto lo status di Rifugiata a una donna nigeriana a cui la Commissione Territoriale di Caserta rigettava ogni forma di protezione dopo ben 3 audizioni in cui la richiedente narrava di aver lasciato la Nigeria su proposta di una donna, a causa delle difficoltà economiche in cui versava.

Nel racconto specificava che veniva sottoposta ad un giuramento vodoo, transitava attraverso Agadez e la Libia, subiva violenze durante il viaggio e condotta in una connection house e poi una volta arrivata in Italia, riprendeva i contatti con la donna che aveva organizzato il viaggio (…).
La richiedente ha raccontato con dovizia la sua storia, con particolare riferimento al fatto di essere stata obbligata a prostituirsi e, pertanto, rimanendo vittima di svariate sofferenze. Vere e proprie torture e sevizie da parte dei soggetti che la costringevano a prostituirsi“.
Il Collegio ritiene che il racconto reso dalla richiedente sia perfettamente in linea con le principali fonti che approfondiscono il tema della tratta in Nigeria.
Sottolinea come: “Affinché sussista un timore fondato di persecuzione, è necessario che siano presenti sia la componente soggettiva (timore) sia quella oggettiva (fondatezza). Una persona potrebbe avere effettivamente subito persecuzioni nel passato e tuttavia non temere di poterne subire nel futuro. Ciò accade, per esempio, quando le persecuzioni subite siano remote nel tempo e senza più alcun rapporto con l’attualità poiché, nel frattempo, la situazione del Paese di origine è cambiata radicalmente. In ogni caso, l’aver subito persecuzioni in passato rende fondato il timore di poterle nuovamente subire in futuro. Questi criteri interpretativi trovano oggi un riconoscimento espresso nell’art. 3, co. 4 del d.lgs. 251/2007.
Il fatto che il richiedente abbia già subito persecuzioni […] o minacce dirette di persecuzioni […] costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, salvo che si individuino elementi o motivi per ritenere che le persecuzioni o i danni gravi non si ripeteranno. Nei casi in cui le persecuzioni sofferte nel passato siano di eccezionale gravità, anche laddove una futura reiterazione delle stesse appaia oggettivamente irrealistica o inverosimile, la persona che ne sia stata colpita può essere riconosciuta rifugiata (cfr. nell’art. 1-C, n. 5 e n. 6, par. 2 della Convenzione di Ginevra il riferimento a “ragioni imperative derivanti da precedenti persecuzioni”).
Secondo il Manuale UNHCR (Handbook, par. 136) si tratta di un generale principio di natura umanitaria, in base al quale non si può rimpatriare un individuo che è stato colpito, in prima persona o indirettamente attraverso i suoi familiari, da atroci forme di persecuzione di cui sta ancora soffrendo il trauma. Occorre, quindi, valutare se il timore espresso dal richiedente protezione internazionale sia verosimile per un individuo che si trovi nelle concrete condizioni (fisiche, psicologiche, economiche, sociali e culturali) della persona interessata
”.

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Tribunale di Lecce, decreto del 6 aprile 2021