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In presenza di fattori che definiscono la richiedente come vittima di tratta e di MGF è giustificato il riconoscimento dello Status di rifugiata (al posto di un pds per motivi umanitari)

Tribunale di Bologna, decreto del 24 maggio 2021

© 2018 Lynsey Addario/Getty Images Reportage (Una donna nigeriana in un centro a Benin City)

Il Tribunale di Bologna riconosce lo Status di Rifugiata ad una richiedente nigeriana che aveva subito MGF, era stata vittima di tratta dalla Nigeria alla Libia ed aveva partorito nel ghetto dove era stata costretta alla prostituzione anche in gravidanza. Giunta in Italia, la donna ha conosciuto un uomo dal quale ha avuto due figli. La Commissione Territoriale in Bologna le aveva riconosciuto solo la protezione umanitaria nel 2018.

Il Collegio ha rilevato che:
Riscontrati gli indicatori, è credibile il fatto che la ricorrente sia stata vittima della tratta finalizzata alla prostituzione. Il racconto è corroborato dalle fonti acquisite. L’omissione circa le violenze fisiche e sessuali deve giustificarsi alla luce del dramma emotivo vissuto ed ancora radicato; nondimeno la donna ha realizzato gli sforzi necessari a fornire indicazioni rilevanti e comunque sufficientemente eloquenti sul punto“.

Il Collegio aggiunge anche la presenza di due nuovi indicatori di tratta desunti dal recentissimo report EASO 2021 particolarmente significativi rispetto al caso in esame. “Invero, si apprende che varie fonti hanno indicato che la tradizione di sottoporre le ragazze / donne alle mutilazioni genitali femminili (FGM) è un fattore che aumenta la vulnerabilità delle ragazze alla tratta (Apard, E., et al., «La prostitution, ça ne tue pas !»,, 2020, p. 65. url ; Report International Organisation, 2020, p. 22 https://www.cairn.info/revue-politique-africaine-2020-3-page-51.htm ); e che una serie di attori, compresi i media nigeriani e internazionali hanno riferito di un incremento del traffico di donne nigeriane incinte, dimostrando che i trafficanti reclutano donne già incinte e non sposate, provenienti da ambienti poveri, promettendo loro (falsamente) un’elevata somma di denaro in cambio dei loro bambini o attirandole nelle “fabbriche di bambini” fingendo di fornire loro una qualche forma di sostegno“.

Il Collegio conclude anche rappresentando in modo efficace le gravi lesioni di diritti che la donna con i tre minori subirebbe in ipotesi di rientro nel paese di origine: “Infine, è da evidenziare che la ricorrente si troverebbe a fare rientro nel paese d’origine con tre minori a seguito, il cui padre di due vive stabilmente in Italia ed è partecipe nelle loro vite, anche nella gestione delle spese, mentre la più piccola è nata in Libia. Sul punto riportano le COI che quando le vittime nigeriane della tratta ritornano con bambini, soprattutto donne che sono rimaste bloccate in Libia, il peso aggiunto di un bambino può portare ad atteggiamenti più ostili da parte dei membri della famiglia“.

Ed invero motiva il Collegio che: “ L’apparato statale nigeriano , nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni per combattere il fenomeno in questione, non è in grado ancora di garantire a chi è stato vittima di tratta e rientra nel suo paese una adeguata tutela, non essendoci ancora un sistema che ne permetta la protezione piena e la reintegrazione nel tessuto sociale“.

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Tribunale di Bologna, decreto del 24 maggio 2021

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