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Protezione umanitaria – E’ necessaria una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine

Corte di Cassazione, sentenza n. 15485 del 3 giugno 2021

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un cittadino bengalese avente ad oggetto il rigetto della domanda di protezione internazionale nella forma della cd. protezione umanitaria.

Per la Suprema Corte non è sufficiente affermare, in termini meramente apodittici, l’insussistenza di effettive condizioni di vulnerabilità ascrivibili al ricorrente, senza approfondire e circostanziare gli aspetti dell’indispensabile valutazione comparativa tra la situazione personale ed esistenziale attuale del richiedente sul territorio italiano, e la condizione cui lo stesso verrebbe lasciato in caso di rimpatrio, al fine di attestare che il ritorno del richiedente nel proprio paese non valga piuttosto a esporlo al rischio di un abbandono a condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo dei diritti della persona; e tanto, indipendentemente dalla circostanza che tale rischio possa farsi risalire (o meno) a fattori di natura economica, politica, sociale, culturale, etc..

In particolare, l’Ordinanza dispone:
(…) deve trovare accoglimento il motivo in esame in relazione al rigetto della domanda diretta al riconoscimento della protezione umanitaria; al riguardo, osserva il Collegio come, secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062-02; Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298-01); nella ricordata decisione delle Sezioni Unite, si è dunque sottolineata, con riguardo al tema del riconoscimento della c.d. protezione umanitaria, la piena condivisibilità dell’approccio che assegna rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva che verrebbe a determinarsi nel paese di origine a seguito del rimpatrio, al fine di verificare se tale rientro non valga a determinare una non tollerabile privazione dell’esercizio dei diritti umani del richiedente, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale; (…)“.

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Corte di Cassazione, sentenza n. 15485 del 3 giugno 2021

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