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Da Gran Canaria a Tenerife: diario di una carovana

Intervista a Victor S. Pozas, di Ongi Etorri Errefuxiatuak e Caravana Abriendo Fronteras

Fotografie di Caravana Abriendo Fronteras

Il tratto più breve tra le Canarie e l’Africa è quello che separa le isole dalla costa settentrionale del Marocco, circa cento chilometri. Ben più lunga è la traversata per chi parte dalle coste della Mauritania. Più di mille chilometri di oceano separano il Senegal dalle isole spagnole. Una distesa di acqua che si perde allo sguardo, la prima vera frontiera, naturale, tra sopravvissuti e dispersi. Secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), “almeno” 250 persone sono morte lungo la rotta canaria nel primo semestre del 2021, numeri ben lontani dalla realtà1. In base all’attività di monitoraggio svolta dal collettivo spagnolo Caminando Fronteras 2, di cui Helena Maleno è portavoce, durante i primi sei mesi del 2021 le morti lungo le rotte verso la Spagna sono aumentate del 526% rispetto al 2020; la rotta canaria ha fatto 1922 vittime3. Nel 2020, invece, sono state 2170 le persone che hanno perso la vita o sono scomparse nel tentativo di raggiungere la Spagna, di queste 1851 lungo la rotta atlantica (il 143% in più rispetto al 2019, anno in cui sono stati registrati 893 morti)4.

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Canarias ni carcel, ni tumba” (“Canarie, né carcere, né tomba”), questo il motto della Carovana che dal 2016 si riunisce per denunciare le violazioni dei diritti delle persone migranti, manifestare contro le politiche europee di esternalizzazione delle frontiere e creare reti di solidarietà transnazionale.

Caravana Abriendo Fronteras è una rete nata nel 2016 da uno sforzo collettivo di varie entità nei Paesi Baschi, Navarra, Madrid, Valencia, Catalogna, Aragona, Castiglia e León, Cantabria, Asturia, Estremadura e Andalusia” racconta Victor S. Pozas di Ongi Etorri Errefuxiatuak, una piattaforma sociale composta da individui ed organizzazioni, attiva nei Paesi Baschi per la difesa dei diritti delle persone migranti e rifugiate. “La prima carovana si è tenuta in Grecia, nell’estate del 2016. Dalla Spagna sono partiti cinque autobus, abbiamo percorso quasi 4500 chilometri andata e ritorno. Abbiamo raggiunto Salonicco dove ci siamo incontrati con attivisti provenienti dalla Germania, dalla Grecia, dall’Italia, abbiamo visitato la frontiera con la Macedonia, dove erano già stati costruiti campi chiusi, poi ci siamo spostati ad Atene e Patrasso. È stata la scintilla, l’inizio di qualcosa. L’anno seguente, nel 2017, abbiamo marciato verso il Sud della Spagna, fino a Melilla, denunciando la violazione dei diritti alla frontiera con il Marocco e nei campi di Nijar, dove le persone migranti subiscono uno sfruttamento agricolo simile a quello che avviene nei campi della Puglia o della Sicilia. La carovana del 2018, invece, si è tenuta in Italia, all’epoca in cui Matteo Salvini era ministero dell’interno. Insieme a gruppi del nord Italia come Progetto20K e Carovane Migranti, abbiamo manifestato al confine di Ventimiglia, poi insieme a il Forum Antirazzista di Palermo e la Rete Antirazzista di Catania siamo stati in Sicilia, abbiamo manifestato davanti al CARA di Mineo, che in quel momento era arrivato ad ospitare circa 4.000 persone. Prima di ripartire per la Spagna, abbiamo fatto un’ultima tappa a Riace, in Calabria, dove abbiamo incontrato l’allora sindaco Domenico Lucano”.

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L’anno seguente, nel 2019, siamo tornati al Sud della Spagna. Siamo passati per Granada, Motril – punto di sbarco per le persone che arrivano dal Nord del Marocco – fino ad arrivare a Ceuta. Poi siamo stati nella Provincia di Huelva e abbiamo denunciato la situazione delle lavoratrici nei campi di fragole a Lepe5. Quell’anno per la prima volta abbiamo organizzato la Carovana insieme a Carovane Migranti, ci hanno accompagnato numerose compagne e compagni di Carovane Migranti e diverse persone da loro invitate, dall’America Latina e dal Nord Africa, che hanno portato le loro testimonianze di vita e di morte, di massacri, di migrazioni. Quello stesso anno, a novembre, abbiamo partecipato alla quindicesima Carovana delle Madri Centroamericane dei Migranti Dispersi in Messico. Eravamo un piccolo gruppo di persone, di Caravana Abriendo Fronteras e Carovane Migranti, insieme abbiamo percorso la rotta migratoria, più di 2.000 chilometri, dalla frontiera con il Guatemala verso il Nord del Messico. Quella è stata una carovana diversa dalle altre, dove le protagoniste erano le madri, che battono le rotte normalmente percorse da chi migra, cercando i loro figli nelle carceri, nelle piazze, negli alberghi”.

A causa della diffusione dei contagi da Covid-19, nel 2020 è stato impossibile riunirsi in un’unica carovana, inizialmente prevista per denunciare la situazione della Rotta Balcanica, ma con il nome di Carovana Europea 2020, sono state organizzate iniziative simultanee in varie città europee, da Biscaglia a Valencia, da Torino a Trieste, fino a Briançon.

Quest’anno, dal 17 al 24 luglio Caravana Abriendo Fronteras, insieme a Carovane Migranti, è approdata alle isole Canarie. “Abbiamo trascorso i primi quattro giorni sull’isola di Gran Canaria, poi ci siamo spostati a Tenerife. Eravamo circa trecento persone. Fin dall’inizio non avevamo dubbi su quale sarebbe stata la meta di quest’anno. Nel 2020, 23 mila persone sono arrivate sulle coste delle Canarie; nel primo semestre del 2021 il numero degli sbarchi si aggira intorno ai 7 mila” prosegue Victor6.

Numeri così alti non si registravano dal 2006, anno della c.d. “ crisi dei cayucos ”, dal nome delle piccole e coloratissime imbarcazioni in legno utilizzate dai pescatori senegalesi. “Immagina attraversare l’oceano atlantico con una piccola imbarcazione di legno” commenta Victor. Dopo tanti anni, la rotta canaria ha ripreso vigore. Le ragioni sono molteplici, dalla chiusura delle altre rotte migratorie, come la rotta che passa per il Niger verso la Libia e la frontiera settentrionale – terrestre e marittima – tra il Marocco e la Spagna, alla pandemia di Coronavirus, che ha esasperato le già precarie condizioni di vita in alcuni paesi di origine come il Senegal e il Marocco, quest’ultimo il paese da cui proviene gran parte delle persone arrivate alla Canarie7. Dei subsahariani che partono dalle coste del Marocco, della Mauritania e del Senegal, molti provengono dalla regione del Sahel8.

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Molte delle persone sbarcate alle Canarie sono state deportate. Per noi è importante usare il termine “deportate”. Si restituiscono – se devuelven – i pacchi. Le persone si deportano. Sono state deportate illegalmente anche persone provenienti dal Mali, su voli diretti in Mauritania; cosa che equivale a rispedire queste persone nei paesi di origine, visto che a sua volta la Mauritania le “accompagna” alla frontiera con il Mali, paese in guerra 9” commenta Victor.
A cento chilometri da Bilbao c’è il confine con la Francia. Un’associazione attiva nell’accoglienza delle persone che passano per Irún ci ha raccontato che la maggior parte di queste arrivano dalle Canarie e sono originarie del Mali. Dalle Canarie sono state trasferite in Penisola e, nel tentativo di raggiungere la Francia, vengono respinte dalla polizia francese. La cosa curiosa è che i respingimenti non sempre avvengono alla frontiera, in alcuni casi si sono verificati in città come Bayonne, a ottanta chilometri dalla frontiera, addirittura a Bordeaux che dista duecento chilometri. Le autorità aspettano nelle stazioni dei treni o degli autobus. Questa politica di deportazioni ha già avuto tragiche conseguenze per coloro che cercavano di passare in Francia. Due giovani africani subsahariani sono annegati negli ultimi tre mesi, mentre tentavano di attraversare il fiume Bisadoa che fa da confine tra Spagna e Francia“.

Di fronte agli arrivi dello scorso anno, il Governo spagnolo non ha saputo dare una risposta adeguata. Il picco si è verificato negli ultimi mesi dell’anno; da settembre a dicembre sono sbarcate sulle isole Canarie più di 18 mila persone. Già a partire dal mese di agosto il molo del porto di Arguineguín, un’area di 400 m2, che tutt’al più avrebbe potuto fungere da punto di prima accoglienza, è arrivato ad accogliere anche 2.600 persone (nel mese di novembre), in condizioni incompatibili con la dignità umana. La maggior pare delle persone dormiva per terra, esposta al sole e alla pioggia, nella più totale carenza di servizi igienici e distanziamento sociale. Le organizzazioni a difesa dei diritti dei migranti hanno denunciato la mancanza di informazione e di assistenza legale, proprio per la difficoltà degli avvocati di accedere fisicamente ai propri assistiti10. La mancanza di assistenza legale ha, inoltre, reso difficile l’individuazione delle persone con profili di vulnerabilità11.

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Il 16 dicembre 2020 il Governo spagnolo ha disposto la chiusura del molo e il lancio del c.d. Plan Canarias , che prevedeva, anche al fine di decongestionare gli hotel, la creazione di campi e servizi di emergenza per 7.000 posti, che nel corso del 2021 si sarebbero dovuti trasformare in centri di accoglienza temporanei per un totale di 6.450 posti12. “Questi campi sono gestiti da una ONG – Accem – collegata alla Croce Rossa. Non si tratta di campi chiusi, le persone ospitate all’interno sono libere di entrare e di uscire, alcune di loro si sono unite alla carovana. Anche se non mancano le denunce per le condizioni di vita all’interno. Noi ci siamo avvicinati al campo di Las Raices, a Tenerife, che si trova in una zona boscosa, dove il clima può essere molto caldo, così come molto freddo. Alcuni degli ospiti avevano montato una tenda al di fuori del campo” spiega Victor. “In ogni caso l’impressione è che il Governo spagnolo abbia cominciato già da qualche mese a trasferire le persone nella Penisola, altrimenti ne avremmo trovate molte di più nei campi. Forse anche in previsione della stagione estiva e dell’arrivo dei turisti”.

Come riporta El País , in un articolo del 6 maggio, rispetto all’anno passato il Governo ha raddoppiato i trasferimenti alla Penisola. Durante i primi quattro mesi del 2021, il Ministero dell’Interno ha autorizzato il trasferimento di più di 4.300 persone, a fronte delle 1.200 dell’anno scorso, quando migliaia di persone vulnerabili, che non potevano essere rimpatriate, sono rimaste bloccate sulle isole per mesi13. Anche se sui numeri dei trasferimenti, così come su quelli relativi ai rimpatri, non c’è mai stata un’informazione trasparente da parte delle autorità statali.

Qual è stata la reazione della popolazione locale agli arrivi dello scorso anno? “All’inizio c’è stata una manifestazione xenofoba e razzista a Gran Canaria. Le Canarie sono una delle regioni della Spagna dove pesa di più la disoccupazione. Le persone che arrivavano venivano collocate all’interno degli hotel, in quel momento vuoti a causa della pandemia14. Però è anche vero che le Canarie, a partire dagli anni ’50 del Novecento, sono state una terra di emigrazione verso l’America Latina, in particolar modo il Venezuela. Ogni canario ha almeno un familiare che sia emigrato. Alla fine questo aspetto è prevalso, il supporto della popolazione locale è stata importante. Si sono create varie organizzazioni, gli abitanti hanno portato cibo, vestiti, in alcuni casi offerto ospitalità presso le proprie abitazioni. Il supporto della popolazione locale è stato evidente anche durante i giorni della carovana, anche se non sono mancate manifestazioni di dissenso”.

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Dal 17 al 24 luglio la carovana ha macinato chilometri, creando spazi itineranti di incontro e di dibattito, organizzando manifestazioni di denuncia dinanzi ai luoghi simbolo delle politiche europee di esternalizzazione delle frontiere, come la sede di FRONTEX e i grandi campi allestiti per l’accoglienza delle persone migranti. C’è un filo diretto tra quello che accade nelle Canarie e quello che accade nelle isole greche? “In un primo momento le similitudini erano evidenti. Lo scorso anno moltissime persone sono rimaste bloccate sulle isole senza la possibilità di viaggiare verso la Penisola. Da qualche mese il Governo spagnolo ha avviato i trasferimenti, anche se vi è incertezza sui numeri e non si sa quante persone si trovino attualmente sulle isole. All’inizio di giugno il Ministero parlava di 2300 – 2400 persone. Cifra che sembra non comprendere quella di 2.600 minori non accompagnati ” osserva Victor.

Con lo sguardo già rivolto alla prossima carovana, continua l’attività di denuncia delle politiche di esternalizzazione delle frontiere – anche in vista del nuovo patto sulla migrazione e l’asilo presentato dalla Commissione europea lo scorso settembre, che, invece di proporre una modifica del sistema Dublino, come più volte paventato, non fa altro che porre gli accenti sui rimpatri. L’obiettivo è quello di creare una piccola rete a livello europeo, fatta di entità locali che si confrontino e insieme facciano sentire la propria voce.
Della carovana 2021, che si è conclusa quasi un mese fa, restano i quindici garofani che alcuni attivisti di Carovane Migranti hanno lasciato nel cimitero di Agüimes, a Gran Canaria, lì dove sono state sepolte quindici persone, senza nome, morte nel tentativo e nella speranza di una vita migliore.

  1. https://missingmigrants.iom.int/sites/mmp/files/Mediterranean-deaths-Jan-Jun_2021.pdf
  2. https://caminandofronteras.org/
  3. L’attività di monitoraggio di Caminando Fronteras si basa sulle chiamate ricevute sul numero di emergenza, da parte delle barche in difficoltà, oltre ai racconti dei sopravvissuti e alle segnalazioni dei familiari alla ricerca dei parenti scomparsi. I dati relativi alle vittime nel primo semestre del 2021: https://caminandofronteras.org/monitoreo/monitoreo-del-derecho-a-la-vida-del-primer-semestre-de-2021/
  4. I dati relativi alle vittime nel 2020: https://caminandofronteras.org/la-ruta-canaria-se-cobro-1-851-vidas-en-2020-efe/ https://caminandofronteras.org/la-ruta-canaria-supuso-el-85-de-las-muertes-de-migrantes-a-espana-en-2020-segun-la-ong-caminando-fronteras/. Ovviamente il numero delle persone scomparse in mare potrebbe essere molto più alto di quello stimato. Nel corso del 2020 i servizi di salvataggio sono riusciti a recuperare 88 cadaveri, a fronte degli 2082 dispersi, ciò vuol dire che la maggior parte dei corpi senza vita resta nelle profondità del mare.
  5. https://www.meltingpot.org/Fragole-amare.html
  6. Secondo dati del Ministero dell’Interno fino al 1° agosto 2021 sono arrivati 7.531 persone alle Canarie (più del doppio rispetto allo scorso periodo dello stesso anno). I dati: http://www.interior.gob.es/documents/10180/12745481/14_informe_quincenal_acumulado_01-01_al_01-08-2021.pdf/fec13135-df81-4091-84e8-b549b816f1aa
  7. Per un approfondimento sui contesti di provenienza, interessante è il reportage realizzato da Alex Aldekoa per La Vanguardia: https://www.lavanguardia.com/vida/20201129/49785963182/kayar-dakar-migrantes-espana-canarias-origen.html
  8. Secondo dati del Ministero dell’Interno pubblicati dal Difensore del Popolo, il 52% dei migranti proviene dal Marocco, il 20% dal Senegal, il 18% dal Mali, in percentuale minore dalla Costa d’Avorio, dalla Guinea Conakry e dal Gambia (https://www.cear.es/aisladas/wp-content/uploads/2021/04/Informe-CEAR_CANARIAS.pdf)
  9. https://cadenaser.com/emisora/2020/06/30/ser_las_palmas/1593522810_897900.html
  10. In un comunicato dell’11 novembre 2020, la Comisión Española de Ayuda al Refugiado (CEAR) ha espresso la propria preoccupazione per il fatto che gli accordi di rimpatrio venissero attuati per gruppi e in mancanza di un’assistenza legale adeguata. L’organizzazione chiedeva che venisse istituito uno spazio dove le persone appena arrivate potessero ricevere l’assistenza dei propri avvocati durante le prime 72 ore, affinché venissero informati dei propri diritti, anche attraverso l’ausilio di un interprete – secondo la legge spagnola il provvedimento di allontanamento deve essere eseguito entro le 72 ore; trascorso questo termine, il cittadino straniero deve essere messo a disposizione del giudice d’istruzione territorialmente competente che adotta una delle misure cautelari previste, di frequente l’ingresso in un Centro de Internamiento de Extranjeros (CIE). Moltissime persone sono rimaste sul molo di Arguineguín per settimane. Inoltre, CEAR mostrava la propria preoccupazione per la riattivazione dei voli verso la Mauritania, avvisando che una mancanza di garanzie nei procedimenti di rimpatrio avrebbe potuto comportare l’allontanamento di persone verso paesi di guerra e, quindi, la violazione del principio di non respingimento (https://www.cear.es/indefension-juridica-migrantes-canarias/).
  11. Con riguardo alle condizioni insalubri e alla carenza di assistenza legale nel molo di Arguineguín, si rinvia al rapporto realizzato dal Difensore del Popolo: https://www.defensordelpueblo.es/wp-content/uploads/2021/03/INFORME_Canarias.pdf
  12. https://prensa.inclusion.gob.es/WebPrensaInclusion/downloadFile.do?tipo=documento&id=3.935&idContenido=3.993
  13. https://elpais.com/espana/2021-05-06/el-gobierno-duplica-los-traslados-de-migrantes-desde-canarias-a-la-peninsula.html
  14. Secondo i dati del Ministero, il 65% degli arrivi ha riguardato l’isola di Gran Canaria.

Alessandra Pelliccia

Mi sono laureata in Giurisprudenza all'Università di Bologna, dove ho poi frequentato un corso di alta formazione in pratiche sociali e giuridiche nell'accoglienza ed integrazione dei migranti.
Sto svolgendo il tirocinio forense presso uno studio specializzato in diritto dell'immigrazione.
Provo a raccontare con parole semplici (ma senza semplificazioni!), mettendo sempre al centro le storie delle persone.