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La Grecia sospende le procedure di rimpatrio in seguito alla disposizione di misure ad interim da parte della Corte europea dei diritti umani

Legal Centre Lesvos: obbligati a ricorrere ripetutamente alla CEDU per garantire cure urgenti alle persone vulnerabili

Una tenda condivisa nella "zona blu", per persone vulnerabili, nel Centro "temporaneo" di accoglienza e identificazione di Lesbo a Kara Tepe (altrimenti noto come Moria 2.0 o Mavrovouni). Foto scattata da un residente del campo, agosto 2021.

Il 30 agosto 2021 La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) ha disposto misure ad interim per MH, un uomo siriano con disabilità e affetto da malattie croniche assistito legalmente dal Legal Centre Lesvos, e ha ordinato alla autorità greche di garantire condizioni di vita e cure mediche adeguate al suo stato di salute, per prevenire danni irreparabili.

Il 9 settembre 2021, a seguito di questa decisione, la Polizia Regionale dell’Egeo Settentrionale ha sospeso le procedure per il rimpatrio di MH per 6 mesi. La richiesta di asilo di MH era stata respinta in appello, sulla base legalmente insostenibile che la Turchia sia un Paese Terzo sicuro. Per questo motivo è stato considerato dalle autorità greche non idoneo per le procedure di richiesta asilo (e gli è stata quindi negata assistenza medica ed è a rischio di rimpatrio).

Inoltre, a seguito della decisione della Corte Europea dei Diritti Umani, il dipartimento di polizia ha revocato le restrizioni geografiche di MH, che gli avevano impedito di lasciare l’isola di Lesbo dal giorno del suo arrivo avvenuto oltre un anno fa. Il 20 settembre 2021 è stato trasferito ad Atene insieme al suo caregiver, un altro uomo siriano a cui stato impedito precedentemente di lasciare l’isola, sia a causa delle politiche di contenimento in vigore a seguito dell’accordo tra l’UE e la Turchia del 2016, sia a causa del fatto che la sua richiesta di asilo era stata rifiutata considerando la Turchia un paese sicuro.

Durante lo scorso anno, in una denuncia delle condizioni disumane in cui vivono i migranti a Lesbo, la Corte Europea dei Diritti Umani ha garantito misure ad interim in tredici casi presentati dal Legal Centre Lesvos a favore delle persone vulnerabili che vivono nel centro “temporaneo” di accoglienza e identificazione (TRIC) di Lesbo a Kara Tape (anche conosciuto come Moria 2.0 o Mavrovouni). In ognuno di questi casi la Corte Europea dei Diritti Umani ha ordinato alle autorità greche di garantire condizioni di vita e assistenza medica adeguate per prevenire il rischio di torture o trattamenti o punizioni disumane e degradanti.

Nonostante le disposizioni della Corte Europea dei Diritti Umani, le autorità greche hanno fallito più volte nell’attuazione tempestiva delle stesse. A marzo 2021 le misure ad interim della Corte Europea dei Diritti Umani hanno determinato il trasferimento di AM, entro 48 ore, ad Atene, dove avrebbe dovuto ricevere un’assistenza medica adeguata. All’arrivo, nonostante ciò, ad AM è stato negato l’accesso all’ospedale e alle cure mediche di cui aveva urgentemente bisogno per oltre quattro mesi. I responsabili della sanità pubblica hanno giustificato tutto ciò con il fatto che lei fosse sprovvista di un numero di previdenza sociale, anche se la Corte Europea dei Diritti Umani aveva evidenziato il suo diritto a ricevere assistenza medica.

Il fatto che le procedure di rimpatrio di MH siano state (temporaneamente) sospese, e che lui, il suo caregiver, e AM siano stati trasferiti ad Atene sono piccole vittorie in un regime di confine normalmente ostile e violento. Il successo delle misure ad interim, anche se seguito da azioni reali da parte delle autorità greche, come nel caso dell’accesso ad un’assistenza medica da parte di MH o la sospensione della sua deportazione, rappresenta spesso poco più di un’applicazione adeguata delle obbligazioni giuridiche esistenti dello stato. Il fatto che il Legal Centre Lesvos sia obbligato a ricorrere ripetutamente alla Corte Europea dei Diritti Umani per garantire cure urgenti alle persone vulnerabili è la prova dell’eccezionalità che deve essere dimostrata alle autorità europee prima che venga riconosciuto il diritto dei migranti a un’assistenza di base o alla sicurezza.