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Status di rifugiato al richiedente curdo. In Turchia ha subito atti di persecuzione ed è renitente alla leva obbligatoria

Tribunale di Perugia, decreto del 10 maggio 2021

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Il Tribunale di Perugia ha riconosciuto lo status di rifugiato a richiedente asilo curdo nato in Turchia, a seguito del diniego della protezione da parte della Commissione territoriale di Firenze – sezione di Perugia.

In particolare, il ricorso “evidenzia come la CT abbia utilizzato in modo palesemente “parziale” informazioni tratte da fonti COI ufficiali e nello stesso tempo sottovalutato la gravità della situazione socio – ambientale vissuta dal ricorrente nella sua zona di provenienza in quanto appartenente alla minoranza curda e della pluralità di discriminazioni subite che gli hanno impedito di frequentare la scuola, di poter scegliere liberamente il proprio lavoro.
Si osserva, inoltre, che contrariamente alla valutazione della CT, da fonti COI recenti (tra cui si cita rapporto COI belga Focus del Commissariat Général aux réfugiés et aux apatrides del 17.9.2018 ) la zona di provenienza del ricorrente, situata nella zona sud – orientale della Repubblica Turca, è tra quelle a tutt’oggi interessate dal conflitto tra Governo e PKK, con numerose vittime anche tra i civili ( come confermato da ulteriore rapporto COI belga del 2019 citato ed allegato al ricorso). Ha censurato, inoltre, la sottovalutazione della CT, delle informazioni contenute nelle stesse fonti citate nel provvedimento, delle informazioni relative a condotte di diffuso maltrattamento dei coscritti curdi nell’esercito, di pratiche umilianti e vessatorie di cui sarebbero destinatari e, quanto, ai dubbi espressi dalla CT sull’episodio che, nel mese di aprile del 2018, lo avrebbe indotto a fuggire, ha osservato che le dichiarazioni sono coerenti con quanto riportato da fonti informative su numerosi arresti avvenuto nel corso dei festeggiamenti curdi a Diyarbakir ed in altre città del Paese, avvenuti pochi giorni dopo l’occupazione della città curda di Efrin/Afrin, in Siria, da parte dell’esercito turco, nel contesto delle operazioni militari collegate alla guerra civile siriana
“.

Il Tribunale si è anche ampiamente soffermato nel definire se ricorrano o meno gli elementi essenziali necessari al fine del riconoscimento della qualifica di rifugiato. “Dalle fonti COI già citate emergono, in effetti, una pluralità di elementi che consentono di ritenere che ai danni del ricorrente siano state realizzate condotte di persecuzione per ragioni connesse alla sua appartenenza etnica e, altresì, per ragioni di opinioni politiche correlate al sostegno espresso dal ricorrente alla causa curda. Sebbene la Costituzione turca affermi che tutti gli individui sono uguali, indipendentemente dalla lingua, dalla razza o da altri fattori e che tutti i cittadini sono “turchi”, sussistono di fatto condizioni di forte discriminazione per gran parte degli appartenenti alla comunità curda. Non esiste una legge che impedisca ai curdi di ottenere un impiego nel settore pubblico o privato, di partecipare alla vita pubblica o di accedere ai servizi; in generale, i curdi sono in grado di esercitare questi diritti. Tuttavia, la misura in cui una persona curda può farlo dipende dalle circostanze individuali e dalla zona in cui vive.
(…)
Si ritiene, dunque, alla luce delle numerose fonti citate che le reiterate forme di discriminazione che il ricorrente ha subito, nel corso della vita, nel contesto familiare e ambientale nel quale è cresciuto, configurino per la loro continuità e reiterazione, soprattutto a causa del violento conflitto insorto nelle aree del Sud Est del paese a partire dal 2015 tra autorità turche e militanti del PKK, veri e propri atti di persecuzione per ragioni di nazionalità che giustificano la concessione dello “status” di rifugiato.
(…)
Il ricorrente ha indicato ulteriore motivo di persecuzione avendo dichiarato di essere fuggito dalla Turchia anche per sottrarsi alla leva obbligatoria in un paese nel quale non è riconosciuta l’obiezione di coscienza e non volendo essere costretto a prestare servizio militare per timore di dover partecipare ad operazioni verso curdi e/o di dover subire atti discriminatori anche all’interno delle forze armate ed ha, inoltre, espresso il timore che in caso di rientro, permanendo il suo rifiuto di prestare servizio militare, potrebbe essere incarcerato con il rischio di subire violenze. Anche sotto questo profilo si ritiene siano integrati i presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato“.

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Tribunale di Perugia, decreto del 10 maggio 2021

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