Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Certificato di idoneità alloggiativa e criteri di applicabilità del DM del 1975 su immobili costruiti prima all’entrata in vigore del decreto

T.A.R. per il Piemonte, sentenza n. 411 del 16 aprile 2021

Photo credit: Giovanna Dimitolo

Tra le cause principali che ostacolano il rilascio del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo o il ricongiungimento familiare vi è certamente l’annosa questione dell’idoneità alloggiativa. Se il cittadino non comunitario non dispone di un alloggio con determinati requisiti certificati dal Comune di residenza (tra cui il numero di stanze e la metratura) non è possibile ottenere il permesso o ricongiungere i propri cari. Ci sono casi in cui i cittadini sono costretti a scegliere se portare in Italia il figlio maggiore e lasciare nel paese di origine quello più piccolo. Storture mai risolte di una normativa che intralcia affetti e stabilità.
L’arch. Francesco Ferro Milone ci segnala una sentenza del T.A.R. Piemonte che interviene sul caso di una cittadina residente, insieme al marito e alla figlia, sul territorio italiano da più di 5 anni con permesso di soggiorno per lavoro che vuole far richiesta del permesso di lungo periodo (l’ex Carta di soggiorno).
Il professionista compila da anni schede tecniche per la richiesta nel comune di Torino e provincia e in questi anni di attività ha riscontrato diverse interpretazioni restrittive sulle metrature minime dei locali abitativi che, di fatto, ostacolano la possibilità di ottenere tale idoneità.
Uno degli equivoci, secondo l’architetto, nasce dalla circolare interpretativa 7170/2009 del Ministero degli Interni, nella quale il dottor Malandrino dice che i comuni possono “fare riferimento” al DM ’75.
«Ma il Decreto Ministeriale 5/7/75 non è, né è mai stato, retroattivo. Interpretazione questa confermata dalla legge del 2020. La sentenza del TAR è chiara e qualunque interpretazione diversa è illegittima, nonostante ciò l’Ufficio sta ricorrendo al Consiglio di Stato. Nella speranza che tutto finisca bene credo che la sentenza definitiva sarà utile a migliaia di persone», sottolinea il professionista.

La sintesi della sentenza1

Nel dichiarare inaccoglibile la domanda della ricorrente (ovvero la richiesta del certificato di idoneità alloggiativa dell’immobile in cui risiede, da allegare, quale documento necessario, alla pratica per il rilascio della Carta di Soggiorno) sul presupposto della non idoneità alloggiativa dell’immobile in questione, il Comune non ha fatto ricorso a nozioni tecniche tout court, ma ha innanzitutto applicato un regime normativo – cioè quello portato dal D.M. 1975 – da cui consegue la riferibilità di determinate regole alla fattispecie considerata. Né può ritenersi che le scelte dell’amministrazione si sottraggano al sindacato giurisdizionale solo perché sono applicative di criteri valutativi applicativi di dati tecnici, sia perché su criteri di tal fatta si fondano numerose decisioni proprie dell’esercizio della funzione amministrativa, sia perché tale modus procedendi finirebbe per creare inammissibili e generalizzate aree di irresponsabilità del soggetto pubblico dietro lo schermo dell’attività discrezionale.
…L’art. 16, comma 4, lett. b) del DPR n. 394/1999 stabilisce che, ai fini del rilascio della Carta di Soggiorno, il richiedente deve tra l’altro dimostrare “la disponibilità di un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a), del testo unico ”, vale a dire “a) di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali”. Sempre il citato art. 16 precisa che il richiedente “deve produrre l’attestazione dell’ufficio comunale circa la sussistenza dei requisiti di cui al medesimo articolo 29 del testo unico ovvero il certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio”.
… Ai sensi dell’art. 10, comma 2 del D.L. 16.07.2020, n. 76, convertito nella Legge 11 settembre 2020, n. 120, “nelle more dell’approvazione del decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 20, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, le disposizioni di cui al decreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975, si interpretano nel senso che i requisiti relativi all’altezza minima e i requisiti igienico-sanitari dei locali di abitazione ivi previsti non si considerano riferiti agli immobili che siano stati realizzati prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto e che siano ubicati nelle zone A o B, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili, in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali. Ai fini della presentazione e del rilascio dei titoli abilitativi per il recupero e la qualificazione edilizia e i medesimi immobili e della segnalazione certificata della loro agibilità, si fa riferimento alle dimensioni legittimamente preesistenti”.
Sebbene collocata all’interno della disciplina relativa alle “Semplificazioni e altre misure in materia edilizia”, la disposizione trova applicazione anche nella vicenda sub iudice, non solo perché fornisce un importante parametro interpretativo dell’ambito temporale di applicazione del DM del 1975, ma anche per la stretta correlazione logico-giuridica (seppur non in termini di sovrapponibilità) tra la normativa in materia di requisiti igienico sanitari degli immobili e quella edilizia relativa all’abitabilità degli stessi.
Ritiene il Collegio che l’applicabilità del DM del 1975 anche agli immobili costruiti in epoca antecedente all’entrata in vigore di detto decreto, così come presupposta nel provvedimento impugnato, non sia conforme all’attuale dettato normativo. L’amministrazione, infatti, avrebbe dovuto confrontarsi con il mutato quadro normativo e verificare, nella fattispecie concreta, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina recata dall’art. 10, comma 2, del d.l. n. 76/2020, con la conseguenza dover escludere, in caso di positivo riscontro, il ricorso alle regole di cui al citato Decreto in favore delle disposizioni precedentemente vigenti.

  1. Tratto dalla rassegna del Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte: https://www.ordineavvocatinovara.it/wp-content/uploads/2021/06/APRILE-RASSEGNA-TRIBUNALE-AMMINISTRATIVO-REGIONALE-PIEMONTE.pdf

Download

Download riservati agli utenti registrati