Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Il viaggio delle madri tunisine in Sicilia per verità e giustizia per i familiari scomparsi

Dal 2 al 6 ottobre da Lampedusa a Palermo

Le donne tunisine – madri, sorelle e figlie – di giovani migranti mort@ o scompars@ nel tentativo di attraversare il Mar Mediterraneo, lottano quotidianamente per vedere riconosciuta la verità e la giustizia attorno ai crimini che si ripetono lungo la frontiera europea che uccide e nega vite, storie e diritti. Insieme, sfidano lo sguardo della frontiera e denunciano – con la loro voce e le loro azioni – la rimozione storica di queste responsabilità: le donne sono custodi di una memoria viva che si oppone alla frontiera assassina.

Sono custodi di una memoria rivendicativa che resiste alla riduzione di queste persone a numeri senza volto, scompars@ nell’indifferenza politica e sociale. Proprio per rivendicare il valore di queste vite e per denunciare le politiche assassine, le madri tunisine hanno creato la Couverture de la Mémoire – Coperta della Memoria dalla Tunisia, a partire dalla Coperta di Yusuf, nata a Lampedusa all’indomani dell’annegamento del piccolo Yusuf, ennesima vittima del mare spinato.

Con la coperta si costruisce la memoria intrecciando le singole storie dei figli, delle figlie, dei fratelli e delle sorelle dispers@: filo alla mano, trama e ordito, ogni “mattonella” che compone la coperta rappresenta la storia di una persona perduta lungo la rotta migratoria. Ogni “mattonella” ricorda una persona che ancora si ricerca e per cui si chiede verità e giustizia. In questo modo la coperta delle madri fa del racconto un mezzo di contrasto della violenza della frontiera e fa della memoria uno strumento di lotta collettiva.

All’inizio del prossimo ottobre, in occasione dell’anniversario della tragedia del 3 ottobre 2013, il Forum Lampedusa Solidale organizzerà a Lampedusa un evento di unione delle coperte della memoria che sono nate nel Mediterraneo – da Lampedusa alla Tunisia, dalla Val Susa a Bergamo alla Piana di Gioia Tauro.

Le madri tunisine, invitate a partecipare e a testimoniare la loro lotta, attraverseranno la frontiera e giungeranno in Sicilia e a Lampedusa. A Lampedusa per raccontare e testimoniare – attraverso la Coperta e le storie che raccoglie – la loro memoria su quanto accade alle due sponde del Mediterraneo. In Sicilia per portare avanti la ricerca e l’identificazione dei corpi dei figli scomparsi, incontrare gli avvocati e continuare a denunciare attraverso la memoria questi crimini.

Per sostenere la carovana delle madri e la loro memoria, viva e rivendicativa, che attraverserà il Mare Nostro. Per consolidare ponti di solidarietà nel Mediterraneo che resistano all’indifferenza.

Per unirci in una lotta per i diritti delle persone migranti che non è soltanto delle madri, ma riguarda tutt@ noi.

Per donare con bonifico su conto corrente:
IBAN Accoglienza ControVento: IT24V0501804600000017011529
Banca Etica Causale: donazione viaggio delle madri tunisine in Sicilia

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Programma a Lampedusa delle Coperte della memoria

Il 2 ottobre sera arrivo delle madri tunisine a Lampedusa

Il 3 ottobre ore 15.00 – Cerimonia in Piazza Piave al Memoriale “Nuova Speranza” 6.00 / 8.00 – Incontro delle donne tunisine con LABANOF per la raccolta dati degli scomparsi nel Mediterraneo 10.00 – Incontro con i partecipanti a Casa Fraternità 12.30 – Pranzo a Casa Fraternità 15.00 – Riunione tra coperte

Il 4 ottobre ore 10.00 – Incontro al cimitero 12.00 – pranzo a Casa Fraternità 16.00 – 19.00 – Apertura delle coperte in Piazza Garibaldi (antistante la chiesa), con intervento delle donne tunisine 19.45 – proiezione dei video Cena insieme in Piazza

Il 5 ottobre ore 10.00 Laboratorio: Lampedusa: la Memoria Viva del Mediterraneo per Verità e Giustizia presso Biblioteca Ibby, via Roma 34

Interverranno Prof. Dionigi Albera – antropologo Università di Aix en Provence Marseille, Silvia Di Meo – UniGe e Coperta della Memoria, Interventi dalla Coperta della Memoria Tunisia, Patrizia Peinetti – Carovane Migranti, Giorgia Linardi – Sea Watch, interventi dalle Coperte della Memoria, Yasmine Accardo – LasciateCIEntrare, Daniele Biella – ResQ, Sana Hamdi – AlarmPhone, Victor Santiago Pozas – Ongi Etorri Errefuxiatuak

Il 6 ottobre a Palermo dalle 10 incontro in piazza Casa Professa 1 (c/o Arci porco rosso) con legali, esperti e solidali; durante la giornata visita in un cimitero in provincia di Palermo per la ricerca degli scomparsi

Il 7 ottobre ritorno in Tunisia

Info: [email protected] [email protected]

In questi anni di attivismo nelle frontiere della fortezza Europa abbiamo dovuto affrontare anche l’aspetto dell’emergenza mediatica. Siamo dovuti entrare in uno scenario che non è il nostro scenario, in un palcoscenico della paura dove si sono costruite retoriche e fake news e dove si sono ribaltati i significati. La solidarietà è diventata un crimine, il privilegio un valore e la miseria una colpa. Stretti tra emergenze sociali e un sistema mediatico emergenziale abbiamo trascurato il terreno del racconto, della tessitura di memoria, della narrazione. Così i migranti sono diventati sempre più oggetti, utili solo quando devono essere esposti come un bambino appena salvato oppure nascosti dietro le grate. Le soggettività migranti sono state raccontate quando invece dovevano raccontare. Abbiamo perso tracce e segni quando invece dovevamo depositarle.

A Lampedusa, in Sicilia e nelle frontiere europee in questi anni abbiamo riflettuto molto su questi aspetti, e abbiamo capito che la memoria è il terreno principale per lottare nel presente. Abbiamo capito che prendersi cura di una lapide senza nome di un migrante morto in mare vorrebbe dire prendersi cura del racconto di tutti i migranti dispersi, abbiamo capito che un cimitero può essere un luogo di quiete ma potrebbe essere un luogo irrequieto di memoria viva. Un luogo le cui lapidi non sono solo simboli di ricordo e pacificazione, ma atti di accusa, simboli di giustizia, pietre che parlano. Un luogo che dice che l’emergenza non sono le persone che arrivano vive a Lampedusa ma quelle che non arrivano, quelle che sono in Libia, quelle che potrebbero essere salvate dalle navi umanitarie continuamente boicottate. Depositare segni, nomi, vissuti, strappare le storie dall’oblio è un atto di cura per la memoria del domani che ci siamo assunti giorno dopo giorno. Su questo scoglio abbiamo capito che fare luce sulla memoria dei dispersi voleva dire anche difendere i diritti dei vivi. Il nostro avversario più grande infatti è questo oblio che cela la disumanizzazione della frontiera, la strage del mare, gli accordi con la Libia, l’umiliazione per i sopravvissuti appena approdati e subito segregati nelle navi quarantena, nei centri di mal accoglienza o respinti, il loro sfruttamento per i giorni che verranno in nazioni che li considerano un peso. Un problema di ordine pubblico. All’abitudine all’indifferenza che cancella ogni storia opponiamo la trama e l’ordito della memoria, la messa in comune delle storie e delle pratiche sociali di liberazione.

Vogliamo opporre un intreccio collettivo fatto di sentire comune che abbatte ogni frontiera, che abbraccia il sud di questo mare e chi lo vive, che ci da modo di riconoscerci come comunità coese in tutta Europa. Una comunità che ritiene che il profitto non debba prevalere sull’umanità.

Viviamo tempi feroci in cui il male è tornato ad essere banale, talmente normale che spesso chi lo fa nemmeno comprende le tragiche conseguenze degli atti che compie. All’abitudine alla strage che cancella ogni storia opponiamo la trama e l’ordito della memoria, la messa in comune delle storie e delle pratiche sociali di liberazione.

Noi, abbiamo la necessità di ricostruire uno spazio di memoria viva in cui le voci dei dispersi, delle loro madri, sorelle e fratelli, possano trovare lo spazio e l’opportunità per raccontarsi, per denunciare, per chiedere giustizia per tutti i/le desaparecido/as del Mediterraneo Ma vogliamo che questo spazio possa essere anche un luogo di cura del dolore che viviamo e ci attraversa, uno spazio per la liberazione collettiva da questo senso di impotenza che rischia di toglierci forza per resistere alla necropolitica dei governi europei e di Frontex. Abbiamo bisogno tutti quanti noi di luoghi in cui dai molti racconti, dai molti vissuti, ricostruiamo la dignità dei martiri della frontiera, la legittimità di chi si oppone alla barbarie, le responsabilità di chi ha prodotto tutto questo. Per questo vogliamo invitarvi al laboratorio che faremo a Lampedusa il 5 di ottobre, perchè pensiamo che sia importante raccontarci e capire insieme come strutturare un patto di cura tra noi, che lega attivismo sociale e memoria viva, solidarietà e pretesa di giustizia.