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Camminando nell’occhio del ciclone

Il rapporto di Save the Chidren: la crisi climatica è la prima causa della migrazione dei minori

Photo credit: Save the Children

Sono loro le prime vittime dei cambiamenti climatici: le bambine e i bambini che questa crisi non l’hanno causata ma ereditata dalle generazioni precedenti. Ed a pagarne il prezzo più duro sono e saranno proprio i minori più vulnerabili, i figli di coloro che meno sono responsabili di questa crisi e che hanno meno risorse da investire per farci fronte: i bambini delle famiglie povere, nati in aree rurali ed in Paesi a basso reddito.

Una crisi, quella climatica, che non è un problema di domani ma dei nostri giorni e che, per come vanno le cose, rischia solo di peggiorare negli anni a venire, investendo strati sempre più larghi di popolazioni costretti ad abbandonare le loro case per le inondazioni, la desertificazione ed il fallimento dei metodi tradizionali di agricoltura che avevano sostenuto le generazioni precedenti. Nel 2017 almeno 300 mila bambini sono stati costretti ad emigrare da soli, senza nessun familiare a loro sostegno. Un numero cinque volte maggiore rispetto al 2012.

La copertina del rapporto

L’umanità intera sta per essere investita da un ciclone di proporzioni non ancora immaginabili di cui oggi stiamo avvertendo le prime avvisaglie. E già ora le prime vittime sono i bambini. Guardare nell’occhio del ciclone per prepararsi ad affrontare questa crisi è quanto ha fatto Save The Children nell’ultimo rapporto “Walking into the Eye of the Storm. How the climate crisis is driving child migration and displacement” (“Nell’occhio del ciclone – la crisi climatica e le migrazioni dei minori”) 1.

L’obiettivo della ricerca è quello di offrire una nuova prospettiva agli studi sulle conseguenze della crisi climatica, dando voce proprio a chi voce non ha mai avuto. Steve Morgan, direttore del programma sulle migrazioni di Save The Children e curatore del rapporto, e la sua squadra hanno intervistato 239 bambine e bambini, provenienti da diversi continenti e da 5 Paesi che hanno vissuto sulla loro pelle le conseguenze dei vari tipi di devastazioni climatiche. “Volevamo imparare da loro – ha scritto Morgan nella prefazione – e sentire come la crisi climatica sta influenzando i loro sogni e le loro vite”.
Non esiste un approccio unico per affrontare le svariate conseguenze dei cambiamenti climatici – conclude -, e proprio per questo è fondamentale ascoltare le voci delle persone più colpite da questi cambiamenti: i minori”.

Adolescente di età compresa tra 8 e 12 anni, Iraq

Stiamo assistendo a enormi cambiamenti nella quantità di acqua che riceviamo ogni giorno. Non c’è abbastanza acqua bere o lavarsi. Di giorno in giorno peggiora.

Il rapporto mette subito in chiaro che non è facile stabilire cosa si intenda per “migrate climatico”. Molti conflitti militari che provocano milioni di sfollati non sono legati a siccità o inondazioni ma sono comunque causati da guerre alimentate da fattori legati al clima. Solo per rimanere nell’ambito stretto di un contesto climatico ad alto rischio come, ad esempio, i luoghi soggetti a potenziali inondazioni, si stima che siano a forte rischio circa un miliardo e 200 milioni di minori.

Walking into the Eye of the Stormribalta il concetto secondo cui Il cambiamento climatico sia una sorta di “moltiplicatore” delle migrazioni, leggendolo invece come la causa principale: “La nostra ricerca mostra che il cambiamento climatico sta guidando direttamente la migrazione e lo spostamento, attraverso eventi meteorologici estremi più intensi come inondazioni, cicloni e incendi. (…) Solo nel 2020, ha causato lo sfollamento di 30 milioni di persone, di cui circa 10 milioni sono minori, all’interno del loro Paese: tre volte più del numero di persone sfollate quello stesso anno a causa di conflitti e violenze“.

E stiamo parlando di fenomeni meteorologici estremi. Vanno considerate anche le cosiddette crisi ad “insorgenza lenta” che innescano processi irreversibili coma le siccità sempre più frequenti, le temperature estreme, l’innalzamento del livello del mare e la salinizzazione dei terreni agricoli.

Questo fattore “lento”, si deduce dal rapporto, sta già svolgendo un ruolo significativo in alcuni contesti e minaccia di rivelarsi una causa determinate nelle prossime migrazioni. Purtroppo, non esistono quadri normativi capaci di affrontare il problema nelle sue giuste dimensioni. Capita che intere comunità vangano trasferite all’interno delle stesso Paese a seguito di fenomeni come l’erosione costiera o le frane, solo per essere destinate in aree ugualmente ad alto rischio.

E se gli adulti hanno sempre la possibilità di scegliere se accettare il trasferimento o no, e molti di loro preferiscono rimanere in luoghi ad alto rischio pur di conservare il legame ancestrali e culturale verso la loro terra, ai bambini questo legame viene reciso e, con l’illusione di salvare loro la vita, vengono indirizzati dalle loro stesse famiglie verso luoghi lontani, senza la protezione di un adulto, privati di identità culturale, con pochissimo o nessun aiuto da parte dei Governi ad affrontare da soli gli impatti negativi dello sfollamento sulle comunità ospitanti, come le scuole sovraffollate, la diminuzione dei servizi e l’aumento degli insediamenti informali.

Photo credit: Kristiana Marton / Save the Children

In contesto migratorio, i bambini hanno molte più probabilità di essere fisicamente colpiti, perché anatomicamente, immunologicamente, fisiologicamente e metabolicamente, sono più vulnerabili degli adulti.
I minori sono più sensibili alla malnutrizione derivante dall’insicurezza alimentare indotta dal clima, alle infezioni ed alle malattie trasmesse dall’acqua che possono aumentare a causa degli impatti idrici legati al clima come la scarsità – si legge nel rapporto -; sono meno capaci degli adulti di regolare la temperatura corporea, quindi più vulnerabili al caldo estremo; e più probabilità di soffrire di asma e malattie respiratorie, che stanno aumentando a causa di più tempeste di polvere e aumento delle temperature”.

Danni fisici ma anche psicologici.Essere in movimento può danneggiare in modo significativo la salute mentale di un bambino, in particolare se ha vissuto un evento estremo o si è separato dalla propria famiglia. Sono anche maggiormente a rischio di violenza, nonché di matrimoni precoci, lavoro minorile, tratta, accattonaggio, prostituzione o adesione a milizie armate”.

Sesso, età, disabilità, razza, orientamento sessuale, reddito, età e altri fattori socioeconomici determinano la vulnerabilità di un bambino migrante. Se lo studio mostra come il cambiamento climatico guida la migrazione e lo sfollamento più o meno allo stesso modo per ragazzi e ragazze, i bambini colpiti dalla disuguaglianza sociale e dalla discriminazione di genere hanno maggiori probabilità di subire gli impatti del cambiamento climatico in modo più acuto.

Questo preoccupante contesto purtroppo, non attira né i finanziamenti né l’attenzione che meriterebbe. “Sebbene vi sia un’attenzione emergente sul legame tra cambiamento climatico e sfollamento, la comunità internazionale rimane in gran parte ‘cieca’ sui bambini – conclude Steve Morgan – Attualmente non esistono quadri politici globali che affrontino in modo completo i bisogni e i diritti delle persone sfollate a causa del cambiamento climatico, figuriamoci sui bisogni specifici dei minori”.

Photo credit: Sacha Myers / Save the Children

Di seguito, alcune stralci tratti delle interviste raccolte nel rapporto

Ragazzo 15 anni, Mali
Sono preoccupato come tutti perché spesso la pioggia porta venti molto forti. Le conseguenze sono numerose: le case cadono, i teli di lamiera vengono spazzati via dal vento. Sono anche preoccupato per gli animali perché prima si poteva facilmente trovare erba intorno al villaggio ora andiamo molto lontano a cercare l’erba. Vediamo che gli animali stanno morendo di fame e anche molti di noi stanno morendo di fame.

Adolescente di età compresa tra i 14 ed i 17 anni, Perù
Ci mancano i nostri genitori. Qualche volta ci mandano da persone che dicono che si prenderanno cura di noi ma dobbiamo lavorare per loro e non ci mandano a scuola.

Ragazza 16 anni, Fiji
I cambiamenti climatici mi colpiscono molto. L’accesso al cibo è un problema. La piantagione è rovinata a causa delle inondazioni e della siccità. Usciamo tutti a lavorare poi per ripiantare i nostri raccolti. L’inondazione dell’acqua dal mare ha rovinato le nostre fonti di acqua potabile. Il ciclone fa chiudere la nostra scuola.

Mariam 12 anni, Mali

Una mattina dello scorso agosto, la gente stava per partire per i campi quando abbiamo visto il cielo diventare improvvisamente molto nuvoloso. Non ho mai visto una pioggia così forte. Ha distrutto tutto sul suo cammino. Le case crollarono, gli animali furono spazzati via e l’acqua nei pozzi divenne inadatta per bere. Per grazia di Dio, nessuno è morto o ferito. Dobbiamo molto ai nostri vicini che ci hanno esortato a lasciare la casa in tempo. Senza di loro probabilmente saremmo morti perché non appena siamo usciti, tutto è crollato. Abbiamo perso i pochi mobili che avevamo.

Adolescente di età compresa tra 14 e 17 anni, Perù
Le nostre vite cambiano, le gelate e le piogge eccessive fanno perdere animali e raccolti… i bambini più grandi vanno a cercare lavoro per mantenere la famiglia.

Ragazzo adolescente di età compresa tra i 13 e i 16 anni, Mozambico
Sono i bambini con disabilità a soffrire di più. Quando arriva il disastro, non sono in grado di muoversi velocemente o da soli.

Adolescente di età compresa tra i 14 e i 17 anni, Perù
Andiamo in città per lavorare. Anche se l’alloggio è costoso, ci mettiamo al lavoro, anche se non molto. Ci manca la nostra comunità, ma ora la terra non dà molto. Se c’è il gelo o la siccità, i raccolti vengono persi e, peggio ancora, gli animali muoiono.

Elenoa 13 anni, Fiji
Dopo il ciclone, siamo tornati a casa. Ogni cosa è stata gravemente distrutta. Abbiamo dovuto vivere in una tenda. Abbiamo avuto poco da mangiare per alcuni mesi. È stato difficile per me vedere cosa fosse successo al mio villaggio.

Ragazzo 13 anni, Mozambico

Mi sono trasferito da solo e tornerò quando avrò abbastanza soldi per tornare indietro e aiutare la mia famiglia.

Ragazza adolescente di età compresa tra i 13 ed i 17 anni, Iraq

Alle ragazze viene impedito di completare la scuola [mentre sono sfollate] perché non è sicuro o a causa dei costi elevati. Le ragazze che vanno a scuola lottano perché a scuola non ci sono latrine per loro. Devono andare nelle case vicine e vengono molestati per le strade. Abbiamo sentito i nostri parenti e abbiamo visto che molte ragazze giovani sono costrette a sposarsi.

Ragazza 17 anni, Figi

C’è solo una fontana, non sempre l’acqua esce e non c’è scuola né elettricità.

Ragazza adolescente tra i 12 ed i 15, Mozambico

Fa molto male vedere i miei fratelli in lacrime a causa della mia decisione di trasferirmi. Dopo essermi trasferito, ho continuato a pensare a loro. Nessuno sa quanto significhino davvero per me.

Adolescente tra gli 8 ed i 12 anni, Iraq
I padri che migrano ci comprano tutto il materiale di cui abbiamo bisogno. Non abbiamo bisogno [di fare affidamento] sull’aiuto dello zio, dei parenti o della moschea. Non dobbiamo più lavorare.

  1. Leggi il rapporto in inglese

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.