Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
//

Grecia, dove salvare vite è illegale. Intervista a Nassos Karakitsos

Emma Musty, Are You Syrious?

Photo credit: ERCI

1_vd2xl1ooujie1l4y45zzzq.jpg

Anche se mi condannassero a 25 anni, tornerei comunque a Lesbo.
(Nassos Karakitsos)

Il 18 novembre si terrà a Lesbo il primo processo contro Nassos Karakitsos, Sara Mardini e Sean Binder, arrestati nel 2018 con l’accusa di traffico di persone, riciclaggio di denaro, spionaggio e appartenenza a un’organizzazione criminale mentre lavoravano e facevano volontariato con l’ERCI, Emergency Response Center International. Sono state inoltre denunciate anche altre 21 persone appartenenti ad altri gruppi.

All’epoca Sara era molto conosciuta per aver raggiunto la riva a nuoto con sua sorella Yusra. Fuggite dalla Siria attraverso il Libano, si erano imbarcate a Izmir. Quando il motore si è fermato e hanno rischiato di capovolgersi, le due sorelle si sono tuffate in acqua e hanno iniziato a nuotare.

Sara è tornata a Lesbo come volontaria mentre Yusra ha cominciato a gareggiare alle Olimpiadi di Rio con la prima squadra di rifugiati della storia. Anche Sean era un volontario e aveva un passato nella ricerca e nel salvataggio.

Nassos Karakitsos era il direttore del campo di ERCI e abitava sull’isola. Ha iniziato come volontario il 5 gennaio 2016 usando le competenze apprese come ufficiale della sicurezza marittima e durante un breve periodo in Marina. Sarebbe dovuto rimanere a Lesbo solo 15 giorni, alla fine è rimasto per 2 anni.

Durante il suo primo giorno arrivò una barca con un uomo molto anziano a bordo e Nassos capì subito che sarebbe rimasto. Le persone anziane che arrivavano lasciano alle proprie spalle intere vite e soffrono spesso di disabilità fisiche.
schermata_da_2021-11-03_08-05-27.png
Quanto bisogna essere forti per fare una scelta di questo tipo?

All’inizio erano solo due le persone sulla costa in attesa delle barche. In quel momento nel 2016 arrivavano ancora in media 40 barche al giorno. Nel corso degli anni in cui ERCI ha operato, sono state portate in sicurezza migliaia di persone. Man mano che crescevano, si procuravano barche proprie in modo da poter salvare le persone in difficoltà. Il tutto è stato coordinato con l’aiuto della Guardia Costiera perché meglio attrezzata al salvataggio di vite in mare.

Noi non siamo professionisti, ma loro si. Quando stai salvando una vita umana, tutto il resto è meno importante. Il mio obiettivo era questo, salvare le persone.
Dal 2014 ad ora, nonostante gli sforzi degli operatori addetti a ricerca e salvataggio, almeno 1.768 persone sono morte 1 nel tentativo di attraversare l’Egeo dalla Turchia. Il numero effettivo è probabilmente molto più alto poiché molti corpi non sono stati mai trovati.
schermata_da_2021-11-03_08-07-20.png
L’ERCI è rimasta sull’isola quando altre ONG se ne sono andate dopo che l’accordo UE-Turchia è entrato in vigore il 18 marzo 2016. Poiché gli arrivi inizialmente erano diminuiti, hanno iniziato a lavorare nel campo di Kara Tepe, che è stato chiuso all’inizio di quest’anno, organizzando laboratori per bambini e corsi di nuoto.

Quando il principale attore del sistema sanitario di Moria, Medecins du Monde (MdM), se ne è andato nel maggio 2017 2, la Croce Rossa Ellenica (HRC) si è occupata dell’attività medica, ma con risorse drasticamente ridotte. Di conseguenza, ERCI ha organizzato squadre mediche. C’erano 47 volontari e 3 membri dello staff per la popolazione di Moria di circa 3.000 persone. Lavoravano 24 ore al giorno.

Nassos se ne è andato, esausto, a dicembre 2017. Prima che venissero formalizzate le accuse, era stato accettato a lavorare con MSF e aveva fatto domanda per l’Università. Ha iniziato i suoi studi mentre era in prigione a Chios e a quel punto MSF non era più una possibilità.

Il primo segnale che ha reso evidente che erano stati presi di mira dalle autorità è arrivato quando Sara e Sean sono stati interrogati durante un turno di avvistamento nella loro Jeep ERCI. Erano parcheggiati esattamente nello stesso posto che avevano usato nei due anni precedenti. La polizia ha dichiarato che la jeep aveva una targa militare falsa nascosta sotto quella normale.
schermata_da_2021-11-03_08-09-56.png
Hanno preso i telefoni di Sara e Sean e hanno guardato le loro chat di WhatsApp. Si pensa che i nomi delle altre 21 persone accusate siano stati presi a caso da un gruppo WhatsApp dell’UNHCR di cui la Guardia Costiera non faceva parte. I loro arresti sono avvenuti senza preavviso. Sara è stata prelevata all’aeroporto mentre tornava a casa in Germania per dedicarsi ad un corso di studio. Sara e Sean erano già in detenzione quando Nassos è tornato a Lesbo per cercare di capire cosa stava succedendo e per sostenerli, ma prima che se ne rendesse conto, è stato arrestato anche lui. “Così” dice e fa schioccare le dita, “in un battito di ciglia“.

Non avevo mai aiutato le persone così attivamente e mi sono ritrovato lì [in prigione], è stato pazzesco, davvero pazzesco.

Dal giorno alla notte le loro vite sono cambiate completamente. Sono stati detenuti per 106 giorni prima di essere rilasciati su cauzione.

Non potevi vedere la luna, il cielo notturno, ma solo le sbarre della prigione.

Per tutto il tempo, Nassos ha avuto sul suo telefono i messaggi tra ERCI e HCG che avrebbero smentito immediatamente almeno una delle accuse, e cioè quella di nascondere informazioni alle autorità. Si è offerto di mostrare il suo telefono alla polizia, sapendo che avrebbe dimostrato la loro innocenza, ma si sono rifiutati di considerarlo.

Va bene, non abbiamo bisogno di vedere il tuo telefono, dovresti stare attento a chi aiuti.

A seguito delle accuse mosse, ERCI non è più operativo e da due anni e mezzo Nassos lavora con i minori non accompagnati nella Grecia continentale.

Nell’Egeo continua la persecuzione delle Ong e della flotta civile. A Mare Liberum viene ancora impedito di svolgere il monitoraggio dei diritti umani, e in tutto il Mediterraneo la flotta civile ha dovuto affrontare sfide legali simili a quelle affrontate da Nassos, Sara e Sean.

Proprio questa settimana i pubblici ministeri in Italia hanno chiesto l’archiviazione delle accuse di favoreggiamento della migrazione irregolare e violazione del codice di navigazione italiano contro il comandante e il capo missione della nave di salvataggio Mare Jonio.

Ci sono numerosi altri esempi da tutta Europa che potrebbero essere usati per illustrare questo punto. Solo in Italia, dal 2017 ad oggi, le Procure hanno aperto 16 inchieste ai danni di Ong che hanno portato a otto licenziamenti, una richiesta di archiviazione, un’assoluzione e zero condanne. Eppure, questi processi legali impediscono alle imbarcazioni di salvataggio di lasciare il porto e mettono a rischio vite umane, e il loro obiettivo è, se non la condanna, il ripetuto ostruzionismo.
schermata_da_2021-11-03_08-11-50.png
Il processo del 18 novembre è solo per reati minori. Le autorità hanno a disposizione 20 anni di tempo per fare il processo per le accuse più gravi ma, avendo già perso tre anni della loro vita, il gruppo vuole che tutto finisca il prima possibile.

Questa situazione ha ovviamente avuto un impatto negativo sulla salute mentale del gruppo, creando delle difficoltà anche a livello pratico, rendendo difficile il trovare un lavoro, rendendo necessaria una lunga e costosa battaglia legale e mettendo in pericolo il futuro delle operazioni di ricerca e soccorso civile.

Nassos, dopo essere stato rilasciato dal carcere su cauzione, per i primi mesi ha avuto difficoltà a dormire, si svegliava alle 4 del mattino in preda al panico. Quando alla fine ha trovato lavoro, ha continuato a lavorare per 16-18 ore al giorno per tenere la mente occupata. Ora nuota, corre, studia e si prepara per il processo.

25 anni sono come la pena di morte, la mia vita sarebbe finita. Ma Lesbo ha cambiato la mia vita, ho visto la vita reale. Le persone sono uguali ovunque e a Lesbo ho incontrato persone così buone. Sono stati due anni meravigliosi e difficili che non vivrò mai più.

  1. Download Missing Migrants Project data
  2. Leggi il rapporto “A dramatic deterioration for asylum seekers on Lesbos“, MSF – luglio 2017