Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Frontex e ricerca universitaria: qual è il problema?

Le associazioni scrivono al Senato accademico del Politecnico di Torino e al DIST: “Cancellate l’accordo”

Foto tratta da Frontexit

Un ampio fronte di associazioni e i firmatari dell’appello Mai con Frontex hanno inviato una lettera al Rettore e ai componenti del Senato accademico del Politecnico di Torino per spiegare la contrarietà all’accordo tra l’Agenzia Frontex e il consorzio composto da Ithaca srl e il Politecnico.
La lettera intende illustrare le ragioni profonde di un diffuso dissenso, che a Torino sta dando vita ad un percorso anche di appuntamenti pubblici con il coinvolgimento delle reti studentesche, in quanto i firmatari ritengono che un centro Universitario importante come il Politecnico debba avere piena consapevolezza di chi è Frontex e come agisce. Proprio per questi motivi il testo si conclude con la richiesta di cancellare l’accordo.

«Dalla sua creazione a cavallo tra il 2004 e il 2005 – scrivono le associazioni – Frontex non si è mai scostata da un approccio che non contempla alternative al perfezionamento di un rapido ciclo di “arrivo – esclusione dal diritto d’asilo – detenzione – deportazione” e a sigillare le frontiere europee dagli arrivi non autorizzati. La dotazione finanziaria dell’Agenzia è stata progressivamente incrementata, dopo che nei primi anni di attività era stata costretta a sospendere le missioni nel Mediterraneo.

Soprattutto dopo l’approvazione del Regolamento 656/2014, dopo le stragi a sud di Lampedusa e di Malta, il 3 e l’11 ottobre del 2013, e soprattutto dopo la fine dell’operazione italiana Mare Nostrum (2014) le attività di Frontex vengono potenziate con un consistente gruppo di navi destinate a funzioni di contrasto dell’immigrazione “illegale” via mare, ma diventate di fatto navi di soccorso, dentro sistemi di coordinamento nei quali fino al giugno del 2017 rientravano anche le navi delle ONG.

Dopo due decenni in cui le politiche d’immigrazione europee venivano usate come un mezzo per accrescere i poteri coercitivi degli stati con effetti dannosi sui diritti e violando la proibizione della discriminazione sancita da varie costituzioni (come quella italiana) e convenzioni internazionali (CEDU CAT), nel 2015, dopo l’ennesima strage nel Mediterraneo centrale, e sotto il rapido incremento delle persone in fuga dalla crisi siriana, si verificava una svolta significativa. Da un lato, venivano spiegate due Task Force europee (collegate ad Europol, Eurojust e ad EASO, l’Ufficio europeo per il sostegno al diritto di asilo) a Catania e al Pireo, in un presunto sforzo di “solidarietà” verso l’Italia e la Grecia nell’ambito della domanda di accoglienza che proveniva da questi paesi. Per un altro verso, visto che in ambito del Consiglio europeo sia i diritti umani che i salvataggi in mare venivano interpretati come “problemi” o “pull factor”, si è tentato di demolire le cornici normative del diritto del mare e del diritto d’asilo. Tentativo che in Italia è stato finora respinto dai Tribunali e dalla Corte di Cassazione, ma che a livello europeo non ha ancora trovato una significativa reazione sanzionatoria.

Nel 2019 il Regolamento (UE) 2019/1896 modificò il nome di Frontex, ora definita “Guardia di frontiera e costiera europea” ed ampliò i suoi poteri operativi, previsto l’arruolamento di 10,000 agenti di polizia e moltiplicato le risorse ad essa dedicate. La presenza di agenti dallo “Standing Corps” di Frontex negli aeroporti (a sostegno di rimpatri aerei) è iniziata nel 2021 da Fiumicino e Francoforte, ed è prevista ad Amsterdam (Schipol) e Vienna. Nei primi sei mesi del 2021 c’è stato un numero record di rimpatri ma (come sempre) per l’Agenzia dovranno aumentare ulteriormente con lo scemare dell’emergenza Covid. Aumento di finanziamenti, aumento di potere e di azione per nulla trasparenti come mostrano le denunce e le inchieste in corso contro Frontex.

I ruoli pseudo-scientifico e strategico che Frontex alterna alle operazioni di polizia, inclusa la mappatura dei territori e la schedatura di tutti coloro che operano a ridosso delle frontiere, pongono grossi problemi di trasparenza e di rispetto dei diritti fondamentali della persona, pure sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Frontex si rivela allineata con quelle parti politiche, a forte impronta sovranista o nazionalista, secondo cui le popolazioni non vanno considerate come persone, ma come “rischi” per la sicurezza ed il benessere individuale, per proteggersi dai quali in nome della “difesa dei confini” ogni azione o spesa sarebbero lecite.

In questo modo gli Stati membri utilizzano Frontex per celare le loro responsabilità dietro i suoi indirizzi operativi, tanto da fare sempre peggio in nome della difesa dei confini con il ricorso a risorse europee sempre più ingenti per attuare ambiziosi progetti di contrasto dell’immigrazione e di controllo sociale. Frontex, è al riparo da responsabilità legali per il suo operato, perché sul piano formale il suo intervento sembra limitato ad una attività di supporto che però consente di aggirare o violare i diritti fondamentali e di promuovere la militarizzazione delle zone di confine, e la sorveglianza non solo dei migranti ma dell’intero corpo sociale che comunque si trova, o agisce, in rapporto con le frontiere, attraverso il ricorso alle più sofisticate tecniche elettroniche.

Le più recenti decisioni del Consiglio europeo, come il Piano d’azione dell’Ue contro il traffico dei migranti 2021-2025 recentemente approvato, confermano questa impostazione e rafforzano ulteriormente l’agenzia, alla quale si sta attribuendo anche un nuovo ruolo di comunicazione pubblica, e di rapporto con enti privati per l’acquisto di tecnologia, e di istituti di ricerca, come le università, per mappature ed analisi che ne possono rafforzare le finalità repressive, senza tenere conto delle violazioni dei diritti umani che comportano.

Per questo chiediamo una presa di posizione e di cancellare l’accordo dell’Università Politecnico di Torino con Frontex».